Col nome diPadri del deserto si indicano queimonaci,eremiti eanacoreti che nelIV secolo, dopo la pace costantiniana, abbandonarono le città per vivere in solitudine nei deserti d'Egitto, diPalestina, diSiria, sull'esempio di Gesù che trascorse quaranta giorni nel deserto per vincere letentazioni delDiavolo con il digiuno, la preghiera e laParola di Dio, come raccontato neiVangeli sinottici (Matteo 4,1-11,Marco 1,12-13 eLuca 4,1-13).
Tra i primi anacoreti egiziani si può ricordareAntonio il Grande.
Nell'ascesi solitaria, i Padri (abba) e leMadri (amma) del deserto cercavano la via dell'hésychia, la pace interiore. Testimoni di una fede cristiana vissuta con radicalità, ebbero numerosidiscepoli e i loro detti oapoftegmi, in cui traspaiono sapienza evangelica e arguzia umana, furono raccolti e tradotti in varie lingue, dando vita al genere letterario deiPateriká.
Accanto allaVita di Antonio, scritta dal vescovoAtanasio di Alessandria, e allaStoria lausiaca diPalladio di Galazia, le varie raccolte diApoftegmi restano le fonti più importanti per accostarsi alla spiritualità di questi asceti. Gli stessi Padri del deserto hanno lasciato un buon numero di scritti, tra cui si possono ricordare le lettere di Antonio e le lettere di Ammona, gli scritti ascetici e teologici diEvagrio Pontico e le regole diPacomio e i suoi successori.
I monaci andavano a popolare antiche tombe egizie o templi romani abbandonati oppure costruivano le celle vicino a un pozzo d'acqua con un orto coltivato. La cella era divisa in due parti: un'abside per pregare e una zona abitabile con tavolo e letto per scrivere e cenare.
I monaci d'Egitto vivevano un semi-anacoretismo[1]. I monaci erano gli unici ad avere delle proprietà private.[2]
Antonio fece costruire Kellia a 12 chilometri a piedi daNitria per consentire questo minimo di vita comunitaria.Gli incontri avevano luogo il sabato sera e la domenica mattina quando i monaci si radunavano per pregare insieme l'Ufficio Divino, celebrare l'Eucaristia, cenare, scambiare alcuni dialoghi e insegnamenti e vendere collettivamente alle comunità locali i prodotti del lavoro settimanale (ceste di vimini e palme o, più raramente, papiri scritti), redistribuendo il ricavato secondo le necessità dei monaci, che portavano seco anche una provvista di pane per la settimana.
La pittura (conSassetta,[3]Paolo Uccello inTebaide,Hieronymus Bosch nelTrittico delle Tentazioni di sant'Antonio eMathis Grünewald nell'altare di Issenheim, per citare soltanto i più famosi), la letteratura (conGustave Flaubert,[4]Anatole France in Le Jongleur de Notre Dame eLuca Desiato), la musica (conPaul Hindemith eOttorino Respighi) si sono ispirate alla loro vita, cogliendone, talvolta, soltanto gli aspetti pittoreschi o folcloristici: le tentazioni, i demonietti, i mostriciattoli che popolano i deliziosi quadretti degliapoftegmi.