Omicidio di Massimo D'Antona omicidio | |
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Tipo | sparatoria |
Data | 20 maggio 1999 08:13 |
Luogo | Roma |
Stato | ![]() |
Obiettivo | Massimo D'Antona |
Responsabili | Nuove Brigate Rosse |
Conseguenze | |
Morti | 1 |
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L’omicidio di Massimo D'Antona fu un attoterroristico avvenuto aRoma il 20 maggio1999 che vide come vittimaMassimo D'Antona, docente universitario e consulente delMinistero del lavoro, assassinato dalleNuove Brigate Rosse.
Erano da poco passate le 8:00 di mattina, del 20 maggio1999 quando il professorMassimo D'Antona, consulente delMinistero del lavoro, si apprestava a uscire dalla sua abitazione divia Salaria, angolo via Po, aRoma, per recarsi al lavoro nel suo studio situato a poca distanza dal suo appartamento. Superato l'incrocio con via Adda, in corrispondenza di un cartellone pubblicitario che lo nasconde dalla vista dalla strada, intorno alle ore 8:13, ilprofessore viene bloccato dalcommando di brigatisti formato daMario Galesi eNadia Desdemona Lioce che sono già dalle 5:30 nascosti all'interno del furgone parcheggiato al lato della strada.
Per loro l'azione è già cominciata quattro giorni prima, con l'operazione di parcheggio dei mezzi: due furgoniNissan in sosta in via Salaria, due scooter per la fuga della squadra operativa e le biciclette per lestaffette. I due, nel mezzo, controllano la strada attraverso un piccolo foro ricavato attraverso la vernice bianca che oscura i vetri. Baffi finti, un contenitore per le urine e le borse con all'interno le armi. Ma non sono soli. Altri tre elementi del gruppo operativo (le cosiddettestaffette) hanno già raggiunto la loro posizione prevista e sono tutti equipaggiati con finti telefonini, ricetrasmittenti, cerotti sulle dita per non lasciare impronte, cappellini con visiera e occhiali da vista.
Nel mentre il professor D'Antona si è già avviato lungo il marciapiede che costeggiaVilla Albani e ha già quasi percorso gran parte degli ultimi centotrenta passi che lo separano dall'ultimo istante della sua vita. Un testimone oculare del delitto, durante il dibattimento, ricostruisce così quella manciata di secondi: "Ero sullo stesso marciapiede su cui camminava D'Antona. Ho visto un uomo e una donna che stavano aspettando qualcuno e poi parlavano con questa persona. Io ho proseguito. Ho superato via Adda ma, dopo qualche metro, ho sentito dei colpi sordi. Mi sono girato a guardare e ho visto una "pistola lunga" e poi l'uomo che continuava a sparare mentre l'altro uomo era già a terra".
Secondo la deposizione processuale della pentitaCinzia Banelli,l'uomo che continuava a sparare eraMario Galesi che, armato di una pistola semiautomatica calibro 9x19 senza silenziatore, faceva fuoco su D'Antona, svuotando tutti i 9 colpi del caricatore e infliggendogli il colpo di grazia alcuore.
Conclusa l'azione i due si allontanano dal luogo del delitto: l'uomo verso via Basento dove sale in sella a un motorino "50", mentre la donna cammina ancora lungo via Salaria, incrociando un secondo testimone oculare che la descrive con: "i capelli corti e lisci, castano scuri, attaccati al volto e pettinati con la riga in mezzo, occhi grandi, piuttosto scuri e faccia grassottella".[1] I soccorsi che arrivano poco dopo sul posto trasportano D'Antona alPoliclinico Umberto I dove, alle 9:30, il medico ne dichiara la morte.
Poche ore dopo l'agguato, in un documento di 14 pagine stampate fronte retro, con tanto di stella a cinque punte e firmatoNuove Brigate Rosse, arriva la rivendicazione.[2]
Rispetto ai modelli di rivendicazione utilizzati dai brigatisti neglianni di piombo, oltre alla scomparsa della classica dicituraSIM (Stato Imperialista delle Multinazionali), l'espressione ideologica coniata dalle stesse BR, sostituita da "Borghesia Internazionale", si rileva un netto peggioramento dello stile e della qualità letteraria e una maggior tortuosità nell'espressione.[2] Anche qui, come in quella deldelitto Biagi, vi si individua una certa logica criminale dell'organizzazione che progettava di colpire uomini dello Stato e personalità cardine, legate a un contesto di ristrutturazione del mercato del lavoro:
"Il giorno 20 maggio 1999, a Roma, le Brigate Rosse per la costruzione del Partito Combattente hanno colpito Massimo D'Antona, consigliere legislativo del Ministro del lavoro Bassolino e rappresentante dell'esecutivo al tavolo permanente del "Patto per l'occupazione e lo sviluppo". Con questa offensiva le Brigate Rosse per la costruzione del Partito Comunista Combattente, riprendono l'iniziativa combattente, intervenendo nei nodi centrali dello scontro per lo sviluppo della guerra di classe di lunga durata, per la conquista del potere politico e l'instaurazione della dittatura del proletariato, portando l'attacco al progetto politico neo-corporativo del "Patto per l'occupazione e lo sviluppo", quale aspetto centrale nella contraddizione classe/Stato, perno su cui l'equilibrio politico dominante intende procedere nell'attuazione di un processo di complessiva ristrutturazione e riforma economico-sociale, di riadeguamento delle forme del dominio statuale, base politica interna del rinnovato ruolo dell'Italia nelle politiche centrali dell'imperialismo."[3]
Per l'omicidio del giuslavorista vengono rinviate a giudizio 17 persone: dieci di loro per banda armata e gli altri sette per banda armata e omicidio. Il primo processo si conclude il 1º marzo2005 quando il gup Luisanna Figliolia condanna all'ergastoloLaura Proietti e a vent'anni di reclusioneCinzia Banelli, entrambe giudicate con il rito abbreviato.
L'8 luglio2005, dopo 32 ore di camera di consiglio lacorte d'assise diRoma, presieduta da Marco D'Andria, emette il verdetto per gli altri brigatisti alla sbarra e condanna alla pena dell'ergastoloNadia Desdemona Lioce,Roberto Morandi eMarco Mezzasalma.
Pene minori, invece, per gli altri componenti, tutti assolti dall'accusa di concorso nell'omicidio e ritenuti responsabili solo di associazione sovversiva: nove anni aPaolo Broccatelli, nove anni e sei mesi aDiana Blefari Melazzi, quattro anni e otto mesi aFederica Saraceni, cinque anni aSimone Boccaccini, cinque anni e sei mesi a Bruno Di Giovannangelo e a tutti i cosiddetti detenutiirriducibili che dal carcere di Trani avevano rivendicato l'omicidio: Michele Mazzei, Antonino Fosso, Francesco Donati e Franco Galloni.
Per Alessandro Costa, Roberto Badel e i fratelli Fabio e Maurizio Viscido c'è invece l'assoluzione.[4]
La secondacorte d'assise d'appello diRoma, nelle due sentenze del 1º giugno e del 28 giugno2006, conferma gli ergastoli perNadia Desdemona Lioce,Roberto Morandi,Marco Mezzasalma e riduce le condanne aLaura Proietti (a vent'anni), e allapentitaCinzia Banelli (a dodici anni).
Ribaltata invece la sentenza di primo grado perFederica Saraceni che, assolta in primo grado dall'accusa di concorso nell'omicidio, viene invece giudicata a parte e condannata a ventuno anni e sei mesi dalla secondacorte d'assise d'appello, il 4 aprile2008, ritenendola responsabile di questo particolare reato.[5]
Assolti in via definitiva Alessandro Costa e Roberto Badel a cui si aggiungono tutti gliirriducibili del carcere di Trani: Michele Mazzei, Antonino Fosso, Francesco Donati e Franco Galloni.[6]
Nell'ultimo grado di giudizio, il 28 giugno2007, la cassazione conferma sostanzialmente le sentenze dellacorte d'appello: ergastolo perMorandi,Mezzasalma eLioce e assoluzione per i 4irriducibili Fosso, Donati, Galloni e Mazzei, per cui viene respinta la richiesta di un nuovo processo.
Confermate le condanne definitive anche aFederica Saraceni (ventuno anni e sei mesi),Laura Proietti (vent'anni),Cinzia Banelli (dodici anni),Simone Boccaccini (cinque anni e otto mesi), Bruno Di Giovannangelo (cinque anni e sei mesi) ePaolo Broccatelli (nove anni), i giudici hanno ridotto la pena aDiana Blefari Melazzi (da nove anni a sette anni e sei mesi).[7][8]
L'omicidio D'Antona riapre la stagione degli omicidi delleBrigate Rosse che, a 11 anni dall'ultimo assassinio, quello diRoberto Ruffilli, si ripropongono all'attenzione pubblica con una nuova sigla, leNuove Brigate Rosse, con cui riprendono la lotta armata cercando di arrestare il cosiddetto progetto politico neo-corporativo deiPatti per l'occupazione, colpendo figure chiave legate al contesto politico della ristrutturazione del mondo del lavoro.
L'obbiettivo perseguito è sempre, come per le storicheBR, quello della conquista del potere politico e dell'instaurazione delladittatura del proletariato, attraverso l'annientamento del dominio dellaborghesiaimperialista.
All'omicidio D'Antona seguiranno poi l'assassinio del giuslavoristaMarco Biagi e il conflitto a fuoco con le forze dell'ordine sul trenoRoma-Firenze, del 2 marzo2003, che costerà la vita al sovrintendente dellaPolferEmanuele Petri, al brigatistaMario Galesi e la conseguente cattura dell'altra brigatistaNadia Desdemona Lioce.
In seguito a quell'arresto e, soprattutto, dall'analisi del suo computerpalmare gli inquirenti rintracciarono diversi documenti con possibili obbiettivi da colpire, risoluzioni strategiche e diverse altre prove che collegavano i due terroristi con la siglaNuove BR e, di conseguenza, con gli omicidiD'Antona eBiagi.[9]