LeMura aureliane sono unacinta muraria costruita tra il270 e il275 d.C. dall'imperatoreAureliano per difendereRoma, capitale dell'Impero romano, da eventuali attacchi deibarbari.[1] Dopo aver subito numerose ristrutturazioni in epoche successive, sia nell'antichità, sia in epoca moderna, le mura si presentano oggi in un buono stato di conservazione per la maggior parte del loro tracciato; nell'antichità correvano per circa 19 km, oggi sono lunghe 12,5 km (benché alcuni tratti siano in condizioni critiche). Costruite oltre 1.700 anni fa, con il loro percorso di oltre 18 km che cinge unasuperficie pari a più di 1.200ettari,[2] sono tra le cinte murarie antiche più lunghe e meglio conservate al mondo.
In quel periodo (270-275 d.C.) la città si era sviluppata ben oltre le vecchieMura serviane (che circondavano solamente isette colli), costruite nelVI secolo a.C., durante l'età repubblicana, protetta da parecchi secoli di espansione dello Stato; ma la nuova minaccia, rappresentata dalle tribù barbare che fluivano alla frontiera germanica, non poteva essere controllata dall'impero, che versava allora nella difficilecrisi del III secolo.
Infatti dopo il250 orde diGoti calarono dallaScandinavia, loro terra d'origine, espandendosi a sud fino allaGrecia e sottoponendo l'interaEuropa centro-meridionale a un pesante saccheggio. L'unica barriera che riuscì in qualche modo a frenare l'impeto di questi assalti si rivelò essere la presenza di mura fortificate e così riuscirono a scampare città comeMilano,Verona,Mileto eAtene.
Mura Aureliane e piramide Cestia in una foto del 1932
Inizialmente Roma si considerava immune da ogni pericolo: secoli di tranquillità facevano ritenere impensabile che un nemico potesse violare il sacro suolo dell'Urbe. Una fortunosa conferma di questa convinzione si ebbe quando, intorno al260, gliAlemanni invasero la penisola, arrivando fino a Roma. Ma evidentemente anche loro erano convinti dell'invulnerabilità di una città così importante, e rinunciarono ad aggredirla, come già aveva fatto cinque secoli primaAnnibale nellaseconda guerra punica. Il sacco diAtene del267 da parte degliEruli, che calarono dalDnepr, generando la paura del saccheggio anche a Roma, portò a un'accelerazione del progetto di edificazione delle mura. Nel270 Aureliano riuscì ad arrestare, nei pressi diPiacenza, non senza difficoltà, un'ennesima invasione di Alemanni e Goti; il pericolo era scampato ancora una volta, ma ormai ci si rese conto della necessità di correre urgentemente ai ripari: da molto tempo lelegioni non erano più in grado di controllare il territorio dello Stato per tutta la sua estensione.
La costruzione delle mura ebbe inizio probabilmente nel271 e si concluse entro quattro anni, anche se la definitiva rifinitura avvenne verso il279, sotto l'imperatoreProbo. Il progetto era improntato alla massima velocità di realizzazione e semplicità strutturale, oltre, ovviamente, a una garanzia di protezione e sicurezza. Queste caratteristiche fanno pensare che un ruolo non secondario, almeno nella progettazione, sia stato rivestito da esperti militari. E d'altra parte, poiché all'epoca gli unici nemici che potevano rappresentare qualche pericolo non erano in grado di compiere molto più che qualche razzia, un muro con robuste porte e un camminamento di ronda poteva ritenersi sufficiente. Comunque, nessun nemico assediò le mura prima dell'anno408.
Ai tempi diMassenzio risalgono alcuni interventi di riassesto e rinforzo del muro, oltre alla predisposizione, in funzione anti-costantiniana, di un fossato che però fu forse terminato proprio da Costantino[3].
All'inizio delV secolo (circa 130 anni dopo la costruzione del muro), si affacciò nella penisola una nuova minaccia di barbari, con iGoti diAlarico. La muraglia necessitava di una profonda ristrutturazione, non solo per gli inevitabili danni del tempo, ma anche per le diverse possibilitàpoliorcetiche a disposizione dei nemici e per le mutate condizioni interne dello Stato e della città di Roma in particolare: l'esercito era molto più debole e numericamente scarso e le armi più limitate. Occorreva innalzare le mura per offrire un ostacolo maggiore al nemico, aumentare le feritoie per rimediare alla carenza di baliste, limitare le porte, modificare l'assetto e la struttura difensiva di quelle che rimanevano e chiudere quasi tutte le uscite secondarie. Il fossato, poi, non esisteva più.
Si trattò dell'intervento più incisivo operato sulle Mura Aureliane, e risale all'imperatoreOnorio o, per maggior precisione, al suomagister militum, il generaleStilicone: in un paio di anni intorno al403 l'altezza delle mura fu quasi raddoppiata (dai 6-8 metri circa precedenti ad almeno 10,50-15) creando un doppio camminamento, uno inferiore (quello precedente, che diventa così coperto, conferitoie per gliarcieri) e uno superiore, scoperto e circondato da merlature. Anche le torri furono rinforzate con un secondo piano e molte porte vennero ristrutturate. In questo periodo ilmausoleo di Adriano, sulla riva destra del Tevere, viene incorporato nelle mura, inglobando così, oltre a Trastevere e al Gianicolo, anche l'area delcolle Vaticano, che già Aureliano aveva dovuto escludere.
C'è però da rilevare che l'intervento non sortì effetti completamente positivi: nell'ultimo secolo distruzioni, inondazioni, frane e scarichi avevano accumulato sulla facciata esterna del muro una quantità immensa di immondizie, macerie e detriti. La rimozione e lo sterro di tutto questo materiale, sparpagliato lontano dalla città, scoprì le mura in tutta la loro altezza, in alcuni tratti mettendo a nudo anche le fondazioni; il terreno fu abbassato, provocando un dislivello dei piani stradali e la conseguente sopraelevazione di alcune porte. La retorica contemporanea si produsse in un coro di lodi e celebrazioni per la magnificenza dell'intervento ma le garanzie di sicurezza e di resistenza della muraglia calarono sensibilmente, e lo squilibrio architettonico che ne derivò fu la causa di una pericolosa instabilità dell'intera struttura.
Un tratto delle mura aureliane su viale delMuro Torto: sono visibili le tracce della sopraelevazione onoriana.
Ma ancora una volta, nessun nemico assediò la città; il 24 agosto del410 Alaricoentrò in Roma per laporta Salaria, incredibilmente lasciata aperta: a distanza di otto secoli, era il primo nemico che violava il suolo dell'Urbe dopo iGalli, nel390 a.C. In questo periodo le mura subiscono pesanti danni (secondoProcopio di Cesarea, che descrive nelle sueGuerre il lungo assedio del 536-538, all'inizio del VI secolo circa un terzo del perimetro era danneggiato più o meno gravemente) e per la ricostruzione si utilizzò il materiale di riporto ricavato dalle distruzioni che i Goti operarono per l'intera città, conferendo a tante parti del muro quell'aspetto di un insieme eterogeneo costituito da un miscuglio ditufo, marmo e mattoni.
Non furono tanto gliUnni diAttila a destare preoccupazione per la città, visto che vennero fermati, più o meno “miracolosamente”, abbastanza lontano, quanto piuttosto iVandali diGenserico, che nel455, come già aveva fatto Alarico,entrarono in Roma per le porte Ostiense e Portuense ancora una volta spalancate. Era però un momento in cui il potere civile era praticamente inesistente, e di conseguenza anche quello militare era latitante. A parziale ulteriore attenuante della mancata difesa non va però sottovalutato che all'epoca la città attraversava un periodo difficile: ne sarebbe prova un editto diTeodosio II eValentiniano III che nel440 imponeva il restauro urgente di mura, torri e porte; editto che, secondo le fonti, parrebbe essere stato ignorato, anche perché due anni più tardi la città ebbe da fare i conti con una pestilenza, ricordata daL. A. Muratori nei suoiAnnali d'Italia. Ilterremoto del443 aggravò sensibilmente lo stato delle cose, arrecando danni anche ingenti.
Solo alla fine del secolo le mura furono finalmente restaurate daTeodorico, reostrogoto d'Italia, dopo essersi liberato diOdoacre, reerulo d'Italia, in una guerra che provocò altri danni alle mura di Roma. Ancora un grosso spavento si ebbe quando nel537Vitige, re degliOstrogoti attaccò ripetutamente (ma invano) le mura di Roma difese daBelisario, generale dell'imperatoreGiustiniano, durante il lungo assedio della città, e poi, quarant'anni dopo, il ventennale assediolongobardo. Ma la città era ormai in piena decadenza; l'impero era finito e il potere politico lasciava il posto al potere ecclesiastico.
Papa Pio IV, nella seconda metà del Cinquecento, provvide alla ristrutturazione e rafforzamento delle mura in seguito al timore che Roma potesse essere invasa daipirati barbareschi che in quegli anni si erano resi particolarmente minacciosi verso la capitale, devastando le città costiere laziali. L'intervento comprese anche l'edificazione di una più vasta cinta difensiva in sostituzione delleMura leonine, erette dapapa Leone IV a difesa dellaBasilica di San Pietro, già saccheggiata durante l'incursione dell'846 da parte dei pirati saraceni.
Le mura continuarono ad avere un ruolo difensivo per la città per secoli (insieme con gli ampliamenti sulla riva destra, leMura Leonine eGianicolensi, rispettivamente nelIX e nelXVII secolo) fino al 20 settembre1870, quando con lapresa di Roma iBersaglieri aprirono una breccia vicino aPorta Pia e posero fine al dominio temporale del papato.
Diversi furono gli interventi da parte deipapi lungo i secoli: i più rilevanti furono l'edificazione, nella parte sud, non lontano daPorta San Sebastiano, deibastioni delSangallo nelXVI secolo, più adatti all'uso dei cannoni rispetto alle mura antiche e la totale distruzione delle mura che circondavano il Gianicolo, per opera dipapa Urbano VIII verso la metà delXVII secolo. Nel1821, proprio a ridosso delle mura all'altezza della Piramide Cestia, venne aperto ilCimitero acattolico.
Proprio alla loro lunga funzionalità è legato il buono stato di conservazione che, tuttavia, nella parte sud della città, in via di Porta Ardeatina, ha conosciuto aPasqua del2001 un parziale collasso per una lunghezza di 20 metri circa, dovuto a fenomeni infiltrativi, provocati dall'acqua piovana e dalla mancata manutenzione del complesso murario da parte del Comune che, pure, nel1999 aveva stanziato e speso poco meno di 30 miliardi di lire per i restauri necessari.
Per ripristinare lostatus quo ante ed evitare nuovi collassi in futuro, l'Istituto di acustica (Idac) delConsiglio Nazionale delle Ricerche e l'Università degli Studi di Roma "Tor Vergata" hanno condotto analisi fortemente innovative per progettare e costruire un'apparecchiatura di indagine diagnostica, basata sul sistema dellaTAC, al fine di studiare l'evoluzione e l'eventuale degrado dei materiali che costituiscono le mura. Il danno alle Mura è stato poi opportunamente riparato nel2006.
Dentro Porta San Sebastiano ilMuseo delle Mura è dedicato proprio a questa grande opera architettonica.
Un nuovo crollo si è verificato il 1º novembre2007: un tratto di mura alto 10 metri e largo quindici, per una profondità di un metro, è rovinato lungo viale Pretoriano, nel quartiere di San Lorenzo, fortunatamente senza conseguenze sulle vite umane (in quella zona parecchi senzatetto si riparano sotto le mura). Una concausa del crollo è stata individuata nelle forti e incessanti piogge che imperversavano sulla città in quei giorni.
Sebbene il Comune di Roma prevedesse, con una delibera del1980, interventi di recupero, restauro e lotta all'abusivismo,[4] non è ancora riuscito a ottenere una dignitosa sistemazione per la totalità della fascia adiacente al muro, quello che anticamente era ilpomerium. Proprietà private addossate al muro, inglobamento di tratti di muro in proprietà private, concessione di torri o bastioni adeguatamente sistemati per uso abitativo hanno completamente snaturato alcune parti del complesso, deturpandone l'aspetto originario, sebbene eleganti portoncini, balconi e finestrelle, realizzati a volte in un improbabile stile rinascimentale e magari parzialmente nascosti tra una vegetazione rampicante, cerchino di rendere l'abuso meno sgradevole. Si tratta di una presenza sparsa un po' dovunque, lungo il tragitto delle mura, ma con una particolare concentrazione nell'area traporta Pinciana e piazza Fiume e in quella intorno aporta Tiburtina e aporta Ardeatina.
All'uso residenziale privato di un bene storico e archeologico (così tollerato) si aggiunge spesso non solo quello commerciale-artigianale, con piccole aziende ed esercizi commerciali addossati al muro (bar, officine meccaniche, ecc.), ma anche quello operato da grandi aziende anche pubbliche (nei pressi diporta San Giovanni o di Castro Pretorio, ad esempio), istituti bancari nazionali o sedi e acquartieramenti militari. In tutti questi ultimi casi lo sfruttamento del monumento risulta tanto più pesante in quanto vengono occupate aree di notevole ampiezza, che rendono quindi di lunghezza elevata i tratti di muro occultati e resi inaccessibili.
Palla di cannone incastonata nelle mura.
La latrina nel tratto di mura presso la Porta Salaria.
Il tracciato originario seguiva per buona parte il confine daziario di Roma, che non era una struttura fisica preesistente, ma semplicemente una linea ideale, identificata da pietre (dette appunto “daziarie”) sistemate, verso il175, una per ogni via principale di accesso alla città, nel punto in cui, convenzionalmente, erano posti gli “uffici di dogana”. Le mura Aureliane ribadivano pertanto un confine commerciale già esistente e tre di queste pietre sono state rinvenute murate o interrate nei pressi di altrettante porte (la Salaria, la Flaminia e l'Asinaria).
Per dare maggior rapidità all'edificazione diverse squadre lavorarono contemporaneamente su tratti separati, e per motivi economici e militari molte costruzioni precedenti furono incluse nei quasi 19 km di perimetro delle mura. Fra queste, l'Anfiteatro Castrense, laPiramide Cestia, due o forse tre lati delCastro Pretorio, di cui furono murate altrettante porte, e diversi tratti di variacquedotti vennero inglobati nella struttura muraria. Questa era alta dai 6 agli 8 metri (più 2 di fondazioni) e dello spessore di 3,30 metri (60 cm di muro e 2,70 m di ronda). Inoltre, per limitare le spese di esproprio dei terreni su cui realizzare la cinta, poco meno del 40% dell'intero perimetro fu fatto passare su terrenodemaniale.
L'intera struttura si componeva di 378 tratti di muro merlato intervallati ogni 30 metri da 381 torri a pianta rettangolare e da 14 porte principali, oltre a diverse altre porte e passaggi secondari[5], 116 servizi igienici e numerosissime feritoie[6]. Solo ai lati delle porte si trovavano torri cilindriche, ma è dubbio se fossero inizialmente così o se la forma a pianta circolare sia frutto del restauro realizzato daOnorio. Nei puntiorograficamente più scoscesi la parte interna del muro era rinforzata da un terrapieno.
Gli architetti di Aureliano compresero che più di una cinta muraria piatta, le torri e lebaliste (circa 800) piazzate su ciascuna torre avrebbero garantito una maggior copertura di tiro e avrebbero quasi completamente eliminato gli inevitabili “punti morti”. Ogni torre fu quindi provvista di finestre laterali che potessero assicurare un raggio d'azione lungo tutto il tratto di muro fino alla torre successiva, sia su un lato sia sull'altro. In tempi successivi alcune finestre ballistarie furono murate (ogni torre aveva, generalmente, una finestra per lato e due frontali), sostituite da semplici feritoie, e le baliste furono sistemate solo nei punti strategicamente più importanti.
Una delle preoccupazioni maggiori per una città assediata era la disponibilità di rifornimento idrico. Questo, oltre certamente alla difesa di un'area alquanto abitata, fu uno dei principali motivi per cui la cerchia delle mura inglobò anche la zona diTrastevere e delGianicolo, sul lato destro del fiume, consentendo in tal modo il controllo, per un tratto abbastanza lungo, di entrambe le sponde del Tevere.
Tratto di mura visto dall'interno della città; è visibile il corridoio di camminamento inferiore, coperto. In fondo Porta San Sebastiano
Porta Maggiore. È ben visibile la sezione dello speco degli acquedottiClaudia eAnio novus.
Le porte, in numero di 18, erano generalmente di tre tipi, a seconda dell'importanza che all'epoca rivestivano le strade che da esse si dipartivano: le più importanti si componevano di due arcate gemelle, avevano una pavimentazione intravertino ed erano affiancate da due torri cilindriche; una sola arcata avevano quelle porte a cui si riconosceva un'importanza secondaria, con pavimentazione inopus latericium, attico in travertino e due torri cilindriche; al terzo tipo appartenevano porte costituite da una semplice arcata e affiancate dalle comuni torri quadrangolari. Fa eccezione a questa classificazione la Porta Prenestina-Labicana (oggiPorta Maggiore) che, sebbene appartenesse, come importanza, al III tipo, fu però aperta inglobando l'arco a due fornici costruito dall'imperatoreClaudio nel52 e facente parte dei due acquedotti sovrappostiClaudia eAnio novus. Ancora al III tipo dovrebbe appartenere laPorta Settimiana, ma i numerosi restauri e rifacimenti non consentono alcuna certezza sulla sua struttura originale. Altre porte erano considerate solo secondarie.
C'era poi tutta una serie di passaggi (difficilmente quantificabili a causa dei numerosi interventi di ristrutturazione e modifica), leposterule (o postierle), come laPorta Ardeatina: delle semplici aperture nel muro con un paio di metri di luce, la cui difesa consisteva in una rientranza del muro stesso, a formare un piccolo bastione. Alcune di queste posterule si aprivano verso il fiume, nel lungo tratto di mura erette sulla sponda sinistra del Tevere all'incirca dall'attualePonte Regina Margherita fino aPonte Sisto, in corrispondenza di piccoli scali per le merci; la più importante, la Porta Domitia, si trovava nei pressi della "Torre dell'Annona", diventata poi "Tor di Nona".
GiàCostantino, con generose donazioni di terreni ed edifici, oltre alla liberalizzazione religiosa, aveva affidato alle gerarchie della giovanechiesa cristiana una solida piattaforma per l'acquisizione di una posizione primaria nella gestione delle cose romane. Ai tempi di Onorio e Alarico l'influenza della chiesa era già diventata predominante, tant'è che da allora si assistette, un po' alla volta, a una sorta di “cristianizzazione” delle porte, nel senso che i nomi (che prima derivavano dalla via che da ciascuna porta usciva) cambiarono riferendosi achiese e tombe di Santi che attraverso di esse erano raggiungibili. Era, tra l'altro, il segno di un decadimento di importanza di moltestrade consolari.
Il fenomeno non coinvolse però tutte le porte; alcune conservarono il loro nome originario, sia perché le rispettive strade erano cadute in abbandono (porta Latina, Metronia e Clausa) o per un calo demografico dell'area circostante (porta Settimiana) o per la permanenza dell'importanza della loro caratteristica (Porta Portuense e Salaria, sotto cui ancora passava l'antichissima “via del sale”). In qualche caso il nome “cristianizzato” venne col tempo ulteriormente cambiato, come per laporta Nomentana, divenuta di Sant'Agnese e poi, dopo la metà del Cinquecento, porta Pia, ricostruita poco distante dalla sua posizione originaria[7].
Segue l'elenco delle 18 porte nelle Mura Aureliane, da nord e in senso orario:
Ammone geometra misurò le mura di Roma prima dell'invasione dei Goti di Alarico e le trovò avere una lunghezza di 21 miglia[8]: esse sono in gran parte ancora in piedi. La prima traccia visibile, partendo da nord e proseguendo in senso orario, è la Porta Flaminia (oggiPorta del Popolo, tra l'omonimapiazza e il piazzale Flaminio), alla quale segue il tratto, abbastanza ben conservato (ma la porzione iniziale è frutto di rifacimenti recenti) che, includendo con un tracciato sinuoso ilPincio, è noto con il nome diMuro Torto e che in origine costituiva la struttura di sostegno per gliHorti Aciliorum, una delle ville imperiali. Il muro costeggia il lato destro della strada che a sua volta, sulla sinistra, costeggiaVilla Borghese.
Alla sommità della collina, dove via delMuro Torto diventaCorso d'Italia incrociandovia Veneto, si trovaPorta Pinciana, da cui usciva l'anticaVia Salaria (la Via Salaria Vetus). Il tratto successivo, che continua a costeggiare Corso d'Italia, è particolarmente ben conservato (e in parte abitato), con 18 torri ancora in buono stato. In una delle ultime torri, quella di fronte a via Po, sono ancora visibili i segni della battaglia del 20 settembre1870 che segnò la fine del potere temporale dei papi: una palla di cannone dell'esercito italiano è ancora conficcata nel muro; quel muro che, costruito per tener testa a catapulte e arieti, resistette a cinque ore di cannoneggiamenti.
All'altezza di piazza Fiume si apriva laPorta Salaria, costituita da un unico fornice tra due torri semicircolari. Danneggiata durante la presa di Roma nel 1870, fu ricostruita prima di essere definitivamente smantellata nel 1921: la sua pianta è ancora indicata, appena visibile, sul selciato odierno. Di qui usciva la via Salaria Nova, il cui percorso coincide in gran parte con quello della moderna via Salaria. Subito dopo la porta, nella parte alta del muro, in corrispondenza quindi del camminamento interno, è visibile la meglio conservata delle latrine ancora esistenti, costituita da una sporgenza nel muro, di forma semicilindrica, posta su due mensole di travertino.
Il muro, sempre piuttosto ben conservato sebbene in questo tratto sia stata aperta la nota “breccia di Porta Pia”, continua a costeggiare corso d'Italia per un breve tratto fin dove quest'ultimo diventa viale del Policlinico, incrociando lavia Nomentana: qui si apre laPorta Pia, risalente alla seconda metà delXVI secolo e aperta in sostituzione dellaPorta Nomentana, che si trova circa 75 metri più a est, oggi chiusa, dalla quale usciva l'antica via omonima. Di quest'ultima porta sono visibili gli stipiti e la torre semicircolare di destra, mentre quella di sinistra fu abbattuta nel1827.
Nel successivo breve tratto di muro si aprivano due posterule, murate nella ristrutturazione operata da Onorio: la prima a una quarantina di metri dallaPorta Nomentana e l'altra subito dopo l'incrocio con via Montebello. Subito dopo l'incrocio con viale Castro Pretorio si trova laPorta Praetoriana, una delle quattro porte deicastra prætoria, la grande caserma dei pretoriani che l'imperatoreTiberio costruì tra il20 e il23 per riunire in un'unica sede le 9coorti istituite daAugusto come guardia imperiale. L'accampamento aveva pianta rettangolare ed era delimitato da un muro alto circa 4,70 metri per uno spessore di 2,10, nel quale si aprivano quattro porte al centro di ciascun lato e dal quale sporgevano torri quadrate. Quando Aureliano incluse icastra nel perimetro difensivo, il muro esterno fu rialzato di circa 5 metri (circa 2,5-3 metri in alto e 2 in basso, come fondazioni), fu munito di una nuova e più fitta merlatura e vennero chiuse le porte settentrionale (laPorta Praetoriana, le cui tracce sono ancora visibili) e orientale. La porta meridionale è scomparsa, con buona parte del muro su tutto il lato. La porta occidentale è scomparsa con il muro su tutto il lato. In seguito Massenzio rialzò ulteriormente il muro e rinforzò le torri, oggi quasi completamente scomparse. Il muro sul lato rivolto verso la città (lungo l'attuale viale Castro Pretorio) e la relativa porta Praetoriana furono probabilmente smantellati quando Costantino sciolse il corpo dei pretoriani. Al tempo di Onorio, fu abbassato il livello del terreno lungo il lato esterno a nord e in parte a est, mettendo a nudo le fondazioni per ben 3,5 metri.
Il muro segue il perimetro deicastra lungo viale del Policlinico su tutto il lato nord, est e parte di quello meridionale. Abbandonata poi l'area dell'accampamento si apriva un'altra porta, all'altezza del civico 4-6 di via Monzambano, rivestita di travertino, il cui nome originario non è noto ma che viene denominataPorta Clausa (oChiusa), perché già in epoca antica ma non ben precisata fu murata e messa fuori uso. Attraverso questa porta passava la via che, congiungendosi con quella proveniente dallaporta Viminalis dellemura serviane, si congiungeva più a sud con lavia Tiburtina.
Il tratto successivo, costeggiato nel suo lato interno da viale Pretoriano, è conservato solo parzialmente nella sua parte inferiore, mutilato a causa di vari tagli effettuati per aprire passaggi stradali e in parte nascosto e inglobato in proprietà pubbliche e private, in particolare ilPalazzo Aeronautica costruito a ridosso della fortificazione (1929-31). Riappare nel tratto costeggiato, nel lato esterno, da viale di Porta Tiburtina - con l'inserzione di fornici per la viabilità odierna aperti tra via dei Ramni e piazzale Sisto V, ove si trova l'arco di Sisto V - fino all'incrocio con via Tiburtina Antica, dove si trova la monumentalePorta Tiburtina, poi chiamata Porta San Lorenzo.
Il muro prosegue oltre Piazzale Tiburtino, costeggiato da via di Porta Labicana. Tra la quinta e la sesta torre dopo la porta, quindi circa all'incrocio con via dei Sabelli, venne inglobata nel muro la facciata di un edificio in laterizio, probabilmente una casa di abitazione a tre piani, dove sono ancora individuabili le finestre murate e le mensole in travertino che sostenevano un balcone al secondo piano. La presenza dell'edificio impedì la costruzione di una torre che avrebbe dovuto trovarsi in quel punto. Poco oltre è visibile una posterula con architrave, chiusa, che era forse utilizzata per l'accesso agliHorti Liciniani, di cui rimane, sull'altro lato della sede ferroviaria, l'edificio circolare noto come "Tempio di Minerva Medica". All'inizio di via dei Marsi si trova una torre merlata ristrutturata daClemente XI a seguito dei danni subiti a causa di un terremoto nel1704.
Proseguendo lungo via di Porta Labicana il muro piega leggermente a sinistra; poco prima dell'incrocio con via dei Bruzi scompare, tagliato per far posto alla sede ferroviaria, e ricompare sull'altro lato, in piazza di Porta Maggiore, dominata dalla monumentale Porta Prenestina-Labicana, oggi conosciuta comePorta Maggiore, composta da due arcate degli acquedottiClaudia eAnio novus
Il tratto seguente delle mura, che piega bruscamente verso est seguendo all'incirca il tracciato iniziale divia Casilina, continua a sfruttare le arcate dell'acquedotto che, con la chiusura dei fornici, venne trasformato in muro difensivo. All'altezza dell'incrocio con la Circonvallazione Tiburtina il muro abbandona l'acquedotto e piega di nuovo bruscamente con un angolo acuto verso sud-ovest a seguire il tracciato stradale, inglobando ilPalazzo Sessoriano (il palazzo imperiale i cui resti sono ora compresi nell'area dellabasilica di Santa Croce in Gerusalemme) e l'anfiteatro castrense, di cui è stato sfruttato il muro perimetrale chiudendo le arcate e lasciando sporgere una parte dell'ellisse. Il muro segue poi il tracciato di viale Castrense, ben conservato e con restauri recenti; i problemi dovuti al dislivello del terreno furono affrontati con la realizzazione, in alcuni punti, di una doppia galleria sovrapposta all'interno del muro, per non interrompere il camminamento. I restauri moderni sono ben visibili soprattutto sul lato esterno, mentre la facciata interna del muro è meglio conservata nel suo aspetto originario. Alla fine di viale Castrense si arriva allaPorta San Giovanni, aperta nel1574 per facilitare la viabilità in sostituzione della vicinaPorta Asinaria.
Resti delle Mura Aureliane a via della Ferratella
La successiva sezione di muro è in parte scomparsa; i resti indicano che il tragitto costeggiava il perimetro dellaBasilica di San Giovanni in Laterano e le antiche strutture di sostegno delPalazzo del Laterano, visibili nell'area del campo sportivo tra via Sannio, via Farsalo e piazzale Ipponio; qui si apriva una posterula, ancora esistente a metà delXIX secolo, che serviva come accesso diretto al palazzo. All'inizio di via della Ferratella in Laterano è visibile uno spezzone di mura al di sotto del piano stradale, che poi, seguendo la strada in un tratto con consistenti ristrutturazioni medievali e moderne, tornano a rialzarsi fino allaPorta Metronia. Originariamente era una posterula priva di importanza, ma per agevolare il traffico moderno sono state aperti diversi passaggi, come è stato fatto anche ai lati di porta S. Giovanni. Su una torre è ancora presente un'iscrizione che ricorda un restauro del1157. Altri restauri importanti sono stati effettuati per opera diPio IX.
Il tratto successivo è tra i meglio conservati della cinta muraria. Alcune coppie di mensole indicano la presenza di latrine di epoca aureliana. Il muro piega verso sud-est lungo tutto il tracciato di viale Metronio e poi gira a sud dove si apre, all'incrocio con la via omonima, laPorta Latina, anch'essa tra le meglio conservate di tutta la cinta, da cui partiva lavia Latina, poi confluita nellavia Anagnina.
Il successivo tratto costeggia per intero il tracciato di viale delle Mura Latine, girando prima verso sud-est e poi decisamente a ovest. L'ottimo stato di conservazione e i restauri e rifacimenti che si sono succeduti dalMedioevo fino al secolo scorso (sono visibili stemmi diPio II,Giulio III,Pio IV,Urbano VIII eAlessandro VII), hanno reso possibile l'apertura al pubblico e uno studio approfondito dell'intera sezione, almeno fino alla successiva monumentalePorta San Sebastiano, già Porta Appia dal nome della via che da essa usciva, nella quale è ospitato il Museo delle Mura.
Interessante e ben conservato anche il tratto successivo, che segue il viale di Porta Ardeatina. Poco prima dei quattro passaggi moderni aperti sullavia Cristoforo Colombo per motivi di viabilità, immediatamente addossata a una torre ad angolo si apre laPorta Ardeatina, dalla quale usciva la via omonima. Nei pressi si trova, inglobata nel muro, una tomba risalente alla prima età imperiale.
Il Bastione del Sangallo a Viale di Porta Ardeatina.
Superata via Colombo le mura proseguono sempre verso ovest lungo viale di Porta Ardeatina e, dopo un centinaio di metri, ha inizio il maestoso bastione, lungo circa 300 metri, eretto nella prima metà delXVI secolo daAntonio da Sangallo il Giovane, per la cui costruzione fu demolito un tratto di mura comprendente, tra l'altro, una posterula, che fu chiusa ai tempi di Onorio. Il bastione venne costruito per volere dipapa Paolo III al fine di migliorare l'efficienza difensiva della zona, che sembrava troppo debole ed esposta alla minaccia turca. In realtà l'appalto parlava genericamente di rifacimento delle mura cittadine, ma considerato il tempo e la spesa necessari per la costruzione di quell'unico tratto, sembra che il papa ne ordinò la sospensione[9]. La struttura architettonica del bastione è ovviamente ben diversa da quella del resto delle mura, costruite per ospitare baliste anziché cannoni, come è dimostrato dalle feritoie a imbuto anziché a finestra. Anche le merlature, inadeguate contro le cannonate, vennero sostituite da casematte dalle quali si poteva far fuoco con armi leggere. Otto ambienti sotterranei consentivano, grazie a cunicoli, sortite esterne. Un grande stemma di Paolo III, affiancato da quelli del Senato Romano e della Camera Apostolica, è visibile a un angolo del bastione.
Subito dopo il bastione, riprende il muro più antico, abbondantemente restaurato e ricostruito soprattutto in epocarinascimentale e poi daAlessandro VII e daPio IX, che comunque tentarono di mantenere la struttura originaria, nonostante i vistosi "rattoppi" e, per ultimo, dal Comune di Roma. Segue sempre, per un tratto abbastanza lungo, il viale di Porta Ardeatina, che piega verso nord-ovest, poi una curva a sud-ovest e infine direttamente a ovest, inglobando così il rioneS. Saba, chiamato anche "Piccolo Aventino". Dopo un breve tratto demolito per le esigenze di traffico del piazzale Ostiense, si giunge alla Porta Ostiense, oggiPorta San Paolo (la meglio conservata insieme alla Porta San Sebastiano), da cui partiva la via Ostiense, che conduceva adOstia.
Subito dopo la porta il muro piega verso sud-ovest e, dopo un altro tratto demolito per esigenze di viabilità si incontra lapiramide di Caio Cestio, un monumentale sepolcro della prima età imperiale inglobato nella cinta muraria. Subito dopo il sito di una posterula che, già chiusa da Massenzio, venne demolita nel1888. Di qui le mura, che presentano segni di molte ristrutturazioni e qualche apertura per esigenze di viabilità, procedono in linea retta verso il Tevere, che incontrano all'altezza della sede ferroviaria presso ilPonte dell'Industria, includendo l'area del rione diTestaccio.
Il muro seguiva poi verso nord, per circa 800 metri, il corso del fiume, ma nulla rimane di questo tratto. Sul Lungotevere Testaccio è ancora visibile, di fronte alMattatoio, una delle due torri medievali (l'altra era sulla riva opposta) dalle quali si tendeva la catena che poteva sbarrare il traffico fluviale. All'incirca nella zona di incrocio tra il lungotevere e via B. Franklin il muro si interrompeva per proseguire sull'altra sponda del fiume. Ancora quasi nessuna traccia del muro fino a tutta la zona delGianicolo (dove del resto le Mura Aureliane sono state sostituite dallemura leonine e dalle gianicolensi): gli unici indizi sono forniti dalla presenza di due delle tre porte. La prima, Porta Portuensis, distrutta nel1643 e sostituita, più a nord, dallaPorta Portese, si apriva nel primissimo tratto di mura sulla riva destra del fiume, circa all'incrocio con l'attuale via E. Bezzi, nel punto dove aveva inizio lavia Portuense, che conduceva aPortus. Il muro seguiva poi presumibilmente il tracciato di via degli Orti di Trastevere, piazza B. da Feltre e quindi compiva una larga curva salendo dalle parti di viale Glorioso e poi verso via A. Masina fino ad arrivare al piazzale dove si trova la Porta Aurelia, oggiPorta San Pancrazio, da cui aveva inizio l'omonimavia consolare.
Dopo la porta, che costituiva il vertice di un angolo acuto, le mura scendevano di nuovo all'incirca lungo il tracciato di via Garibaldi, poi via di Porta S. Pancrazio e di nuovo via Garibaldi per arrivare su via della Lungara dove, nei pressi dell'incrocio con via S. Dorotea si apre laporta Settimiana, l'ultima sul lato destro del Tevere. Poco più a est, infatti, qualche metro a monte diPonte Sisto, il muro si interrompeva di nuovo per riprendere sul lato opposto e costeggiare per intero la riva del fiume fino al Ponte Elio, oggiPonte Sant'Angelo, dove si apriva la porta Cornelia, chiamata più tardi porta S. Pietro. Da qui proseguiva sempre lungo la riva del fiume fino all'altezza dell'odierno Ponte Regina Margherita dove svoltava vero est per raggiungere la Porta Flaminia. Come per il tratto del Gianicolo, di tutto il lungo percorso da ponte Sisto a ponte Regina Margherita non rimane più alcuna traccia.
^J. A. Richmond,City Wall of Imperial Rome, 1930 – mai tradotto in italiano
^La legge 443 del 23 dicembre1900 ha stabilito il passaggio della gestione delle Mura Aureliane daldemanio dello Stato al Comune di Roma.
^Le fonti storiche citano più volte il numero di 37 porte, ma senza mai elencarle tutte. È assai probabile che questo valore vada inteso come somma delle 18 porte aureliane e delle 19 serviane.
^La porta di Santa Agnese fu mutata dal suo luogo daPio III l'anno1562. Et fatta di nuovo nel capo della via Pia detta, dal suo nome fu chiamata dallo histesso nome come hora si vede, havendone fatto il disegnoMichel'Angelo Buonarroti eccellentiss. professore che allhora viveva della detta porta [abitava da quelle parti] – Andrea Fulvio, “L'antichità di Roma”, Venezia, 1588
^William Smith. Dictionary of Greek and Roman Biography and Mythology 1. Boston: Little, Brown and Company. p. 145.
^IlVasari attribuisce invece la sospensione dei lavori ad un diverbio scoppiato, in presenza del papa, tra il Sangallo e Michelangelo.
H. Dey,The Aurelian Wall and the Refashioning of Imperial Rome, AD 271-855, Cambridge, Cambridge University Press, 2011.
Rossana Mancini,Le mura Aureliane di Roma. Atlante di un palinsesto murario, Roma, Quasar, 2001
Lucos Cozza, Fontes ad topographiam veteris urbis Romae pertinentes, vol. 1, Liber IV: Muri portaeque aureliani (a cura di), Roma, Università di Roma, Istituto di topografia antica, 1952
Lucos Cozza, EAA VI, s.v. Mura Aureliane, pp. 797–799, 1965
Laura G. Cozzi,”Le porte di Roma”, Roma, F. Spinosi, 1968
Lucos Cozza, Passeggiata sulle mura. Tratto da Porta San Sebastiano ai fornici della Cristoforo Colombo. 21 aprile 1970, Roma, Tipografia Operaia Romana, 1970
Lucos Cozza, Passeggiata sulle mura. Da Porta Latina a Porta San Sebastiano e Museo delle Mura, fino ai fornici della Cristoforo Colombo. 21 aprile 1971, Roma, Tipografia Operaia Romana, 1971
Lucos Cozza, Il restauro delle mura, Roma Comune 1, supplemento al n. 6/7, pp. 1–4, 1977
Lucos Cozza, Notizie storiche. Le mura di Roma. Porta Metronia. Da Porta Metronia a Porta Latina', in Avanguardia Transavanguardia 68, 77, Mura Aureliane, maggio-luglio 1982 [brochure della mostra], Roma, Tipografia Operaia Romana, 1982
Mauro Quercioli,Le mura e le porte di Roma, Roma, Newton & Compton, 1982
Lucos Cozza, Le mura di Aureliano dai crolli nella Roma capitale ai restauri di un secolo dopo, in L'archeologia in Roma capitale tra sterro e scavo, Venezia, Marsilio, pp. 130–139, 1983
Filippo Coarelli,”Guida archeologica di Roma”, Verona, Arnoldo Mondadori Editore, 1984
Lucos Cozza, I resti archeologici visibili nel sottosuolo: necessità di conoscerli e registrarli', in Roma archeologia nel centro 2, La “città murata”, Roma, De Luca, pp. 308–312, 1985
Lucos Cozza, Mura Aureliane, 1. Trastevere, il braccio settentrionale: dal Tevere a Porta Aurelia-S. Pancrazio', BCom 91, pp. 103–130, 1986
Lucos Cozza, Mura Aureliane, 2. Trastevere, il braccio meridionale: dal Tevere a Porta Aurelia-S. Pancrazio', BCom 92, pp. 137–174, 1987
Lucos Cozza, Osservazioni sulle mura aureliane a Roma, AnalRom 16, pp. 25–52, 1987
Lucos Cozza, Roma. Le mura Aureliane dalla Porta Flaminia al Tevere, BSR 57, pp. 1–5, 1989
Lucos Cozza, Passeggiata sulle mura, Roma, Graf 3, 1990
Lucos Cozza, Sulla Porta Appia, JRA 3, pp. 169–171, 1990
Lucos Cozza, Mura di Roma dalla Porta Flaminia alla Pinciana, AnalRom 20, pp. 93–138, 1992
Lucos Cozza, Mura di Roma dalla Porta Pinciana alla Salaria', AnalRom 21, pp. 81–139, 1993
Lucos Cozza, Mura di Roma dalla Porta Salaria alla Nomentana', AnalRom 22, pp. 61–95, 1994
Lucos Cozza, Mura di Roma dalla Porta Nomentana alla Tiburtina, AnalRom 25, pp. 7–113, 1997
Lucos Cozza, Mura di Roma dalla Porta Latina all'Appia, BSR 76, pp. 99–154, 2008
Lucos Cozza, La Porta Asinaria in un disegno del XVI secolo, RendPontAc 81, pp. 607–611, 2009
N. Fiori,Le mura abusate, inROMA ieri, oggi, domani, n. 42.