Imenhir (dalbretonemen ehir "pietra lunga"; in italiano anche "pietrafitta") sono deimegaliti (dalgreco "grande pietra") monolitici (da non confondere con idolmen, polilitici e solitamente assemblati a portale), eretti solitamente durante ilNeolitico, e potevano raggiungere anche più di venti metri di altezza, come ad esempio ilGrand Menhir rotto diLocmariaquer (nelMorbihan inBretagna).
Potevano essere eretti singolarmente o in gruppi, e con dimensioni che possono considerevolmente variare, anche se la loro forma è generalmente squadrata, alcune volte assottigliandosi verso la cima. I menhir sono ampiamente distribuiti inEuropa,Africa eAsia, ma sono più numerosi nell'Europa Occidentale, in particolare inBretagna e nelleisole britanniche. Sono stati eretti in molti periodi differenti, nel corso dellapreistoria, ed erano creati nel contesto della cosiddettaculturamegalitica che fiorì in Europa e dintorni.
InBretagna si trovano ampi campi (diversi chilometri), probabilmente una volta tra di loro collegati,conallineamenti (diverse file di sassi, tra di loro parallele, con dimensioni dei sassi in ordine di grandezza).I menhir bretoni sono dei massi di granito. Attualmente ne contano più di 6 000 in tutta la regione.
Si ritiene che l'erezione dei menhir sia avvenuta in Bretagna tra il 4500 e 2000 a.C.(non vennero dunque eretti né dai bretoni, né daicelti).Vennero utilizzati in vario modo dalle popolazioni successive,specialmente per riti religiosi. In era cristiana, per soppiantare i riti pagani,diversi menhir vennero "cristianizzati" scolpendovi motivi cristiani o semplici croci (è il caso, ad esempio, delmenhir di Saint-Uzec).
Gli antichi Romani riutilizzarono i menhir come punti di riferimento sulle proprie strade, come veri e propri segnali stradali: infatti molti menhir si trovano a ridosso delle antiche strade romane o in prossimità degli incroci.
AMalekula egli analizzò il rituale maki consistente in un rito per mezzo del quale, secondo la teoria indigena del posto, un uomo, sacrificando maiali maschi, si appropriava della "forza" della vittima e si metteva al riparo, dopo la morte, dalla distruzione ad opera di uno spirito preposto alla sua persona. I sacrifici erano ripetuti parecchie volte nel corso della vita di un individuo, fino al momento in cui quest'ultimo riusciva a conquistarsi i defunti.
Il ciclo rituale si componeva di due parti, ciascuna caratterizzata dall'erezione di unmonumento in pietra:
Nel corso della prima parte del rito veniva elevato un monumento simile ai menhir dell'Europa preistorica: una pietra oblunga piantata verticalmente nel terreno (e che Layard associò al sesso maschile);
Nella seconda parte del rito il monumento eretto era una piattaforma, anch'essa di pietra, simile aldolmen (che Layard associò, in contrapposizione al menhir, al sesso femminile).[1]
Goni -CagliariPranu MutteduPerdas Longas - i menhir di GuspiniMenhir Guspini presso Casa Cadeddu
InSardegna prendono il nome diperdas fittas opedras fittas, ossia "pietre conficcate". Presenti in varie zone dell'isola, se ne contano 740[2] e possono essere completamente lisci, rappresentando una simbologia fallica, oppure avere scolpito il simbolo femminile della fecondità, le mammelle, segni inequivocabili dellaDea Madre; alcuni hanno invece dellecoppelle, come ilmenhir di Genna Prunas diGuspini, mentre l'originalestele di Boeli, meglio conosciuta come Sa Perda Pinta diMamoiada, presenta una serie di spirali concentriche in quasi tutte le facce del monolito.
ALaconi, inprovincia di Oristano, sono stati rinvenuti nelle campagne circostanti, oltre 100 menhir sia di tipo protoantropomorfo, cioè a faccia prospettica piana, sia antropomorfo, ossia con brevi stacchi somatici. Sono inoltre state ritrovate statue-menhir, o statue-stele, anch'esse caratterizzate dalla presenza di rilievi anatomici e tratteggi del viso più o meno stilizzati. Sempre a Laconi, nelMuseo della statuaria preistorica in Sardegna, ospitato negli spazi di palazzo Aymerich, sono presenti decine di menhir ritrovati, oltre che nel suo territorio, in tutto ilSarcidano e in altri centri vicini.
AVilla Sant'Antonio, provincia di Oristano, si trova un'alta concentrazione di rari menhir protoantropomorfi e antropomorfi, tanto che l'area è stata soprannominatavalle dei Menhir. I megaliti furono realizzati tra il 3300 e il 2500 a.C., durante l'epoca caratterizzata dallacultura di Ozieri. In questa località si trova un menhir alto 5 metri e 75 cm, uno dei più alti sull'Isola[3].
ASant'Antioco, nella provincia del Sud Sardegna, oltre ai più conosciuti qualiSu Para e sa Mongia (il frate e la suora), è possibile osservare, negli agglomerati urbanistici preistorici, parecchi menhir di genere maschile, di forma fallica, con sezione a pilastro, e altri, femminili, con sezione piano-convessa o concavo convessa.
Quattro menhir si trovano tra i comuni diTortolì eBarisardo, tra i quali uno è stato distrutto da dei vandali sul finire degli anni novanta. Sempre a Guspini possiamo trovare isPerdas Longas, anch'essi un esempio di due menhir in coppia situati in un campo vicinissimo alla zona industriale del paese. Il comune diMamoiada risulta essere circondato principalmente da menhir mentre poche sono le testimonianze di megaliti più evoluti.
I menhir, insieme con idolmen e lespecchie (nati come fari neolitici utilizzati durante le battute di caccia e che si sono evoluti in veri e propri sistemi di comunicazione), si trovano anche inPuglia, e in particolare nelSalento. Inprovincia di Lecce, sono disseminati dappertutto. Ogni centro possiede almeno un menhir. Nel comune diGiurdignano, nei pressi diOtranto, se ne contano addirittura più di 15 esemplari. AMartano, in provincia di Lecce, si ha la presenza di uno dei più alti menhir d'Italia, il "menhir de Santu Totaru", che raggiunge i 4,70 metri d'altezza.
I menhir del Salento furono, nelMedioevo, cristianizzati incidendo sulla pietra delle croci. Ancora oggi in alcuni paesi vi è l'usanza, laDomenica delle Palme, di fare delle processioni che terminano nelle vicinanze dei menhir dove vengono benedetti i ramoscelli di olivo.
AModugno, inprovincia di Bari ne sono presenti almeno due esemplari riconosciuti, tra cui vi è uno detto "Il Monaco" (presente sulla strada tra Modugno eBitonto) per la sua presunta somiglianza a un uomo imponente e isolato.
ATerlizzi, in provincia di Bari, sono presenti almeno tre menhir allineati, il più conosciuto è ilmenhir della Via Appia. Nella città diMuro Leccese sono presenti diversi menhir. Ne sono ancora visibili 6.
ASammichele, sempre in provincia di Bari, è presente un menhir ben conservato.
Menhir di Tramonti pressoTramonti, tra La Spezia e le Cinque Terre, conosciuto come ilMenhir del Diavolo, è considerato da alcuni studiosi come opera di antiche popolazioni liguri che lo eressero con funzione sacrale[5].
Cavaglià: a Cavaglià, in provincia di Biella sono presenti undici menhir disposti in maniera circolare a formare il cosiddetto "Cromlech". La Sovrintendenza di Torino li ha datati al 4.000/5.000 a.C. grazie al ritrovamento di calcare nelle coppelle dei megaliti stessi. Pertanto il Cromlech di Cavaglià risulta essere il parco archeologico più ampio della regione.
Lugnacco: a Lugnacco in provincia di Torino si trova un monolite di gneiss (lungo 3,85 metri, per una circonferenza di base pari a 1,20 metri e un peso di circa 1,8 tonnellate) che è stato recentemente infitto verticalmente nel terreno di fronte al cimitero, in quella che fu verosimilmente la sua collocazione originaria. Questo menhir ha due gemelli, quello di Mazzè e quello di Chivasso.
Chivasso: a Chivasso nella centrale Piazza d'Armi è conservato un menhir chiuso all'interno di una teca di cristallo. Molto simile a quello di Lugnacco è alto 4 metri e ha una coppella laterale. Purtroppo la collocazione originale è sconosciuta.
Il menhir di Mazzè
Mazzè: a Mazzè si trova un menhir molto simile ai precedenti. Una copia esatta è anche visibile al museo delle antichità di Torino, mentre l'originale, alto 4,20 metri, è situato in piazza Mattea, vicino al Municipio.
Paroldo: a Paroldo, in provincia di Cuneo è conservato un menhir, anche in questo caso conservato in modo un po' grossolano, in quanto è stato infisso in un basamento di cemento. Si trova sulla strada che conduce alla chiesa del paese.
Briaglia: tra i più grandi ritrovamenti megalitici in terra piemontese è certamente da ricordare l'area di Briaglia, in provincia di Cuneo. Nel 1970, l'archeologo Janigro d'Aquino incominciava una serie di scavi presso il paesino trovando una grande quantità di menhir, pietre scritte e anche un tumulo sotterraneo. Purtroppo a partire dagli anni ottanta il sito è stato soggetto a incuria e gran parte dei materiali sono stati utilizzati come materiale edile o scomparsi. Un menhir è ancora visibile incorporato nel giardino di un'abitazione privata.
Monte Musinè: tra i menhir piemontesi più famosi ci sono sicuramente quelli del Monte Musinè, nei dintorni di Torino. Questo luogo venne alla ribalta negli anni settanta in pieno periodo di "archeologia misteriosa". Su una delle pietre erette venne rinvenuto un graffito che alcuni interpretarono come un disco volante. Questa incisione è probabilmente un falso risalente agli stessi anni.
Monte Pietraborga: tra i siti più grandi del Piemonte e meno conosciuti quello posto presso il monte Pietraborga diTrana in Val Sangone è molto grande e risale all'età del Rame. L'area megalitica si trova nel bosco posto sul crinale tra la Pietraborga (926 ms.l.m.) e la frazione montana di Presa Sangano.
Il menhir di Bulciago (Lecco)I menhir di Barzago (Lecco)
Bulciago: antica pietra in granito modellata dall'uomo, alta circa un metro e sessanta centimetri e piantata nel terreno per circa un metro. È stata trafugata nel 2007. Sembra che poi sia stata ritrovata dal personale del comune, ma non è mai ritornata nella sua sede naturale.
Barzago: due menhir di circa 2 metri di altezza da preservare, situati a fianco della SS 342, di fronte all'incrocio di via Giuseppe Parini. Qualcuno ha avanzato l'ipotesi che con il menhir scomparso di Bulciago (che si trovava a poche centinaia di metri), e altri persi nei boschi lì intorno, facessero parte di una sorta di recinto all'avello di Bulciaghetto, un grosso masso erratico in granito serpentino scavato a tomba in località Morti dell'Avello.