Lingue gallo-italiche | |
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Parlato in | Europa:![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
Tassonomia | |
Filogenesi | Lingue indoeuropee Lingue italiche Lingua latina Lingue romanze Lingue italo-occidentali Lingue gallo-/italo-romanze Lingue gallo-italiche |
Codici di classificazione | |
ISO 639-2 | roa |
Linguist List | gait (EN) elat-cis (EN) |
Glottolog | gall1279 (EN) |
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Manuale |
Lelingue gallo-italiche[1] (più semplicementegallo-italico[2] o anchedialetti gallo-italici, nell'ambito di studio dellasociolinguistica e delladialettologia italiane),[3] costituiscono unafamiglia linguistica caratterizzata da elementi di transizione tra il sistemagallo-romanzo e quelloitalo-romanzo.[2][4][5][6][7]
La collocazione del gallo-italico nei due sistemi superiori può quindi variare nei diversi campi di studio, in quanto talvolta considerato nell'ambito dellelingue gallo-romanze e talvolta invece in quello dellelingue italo-romanze.[8]
Il terminegallo-italico fu introdotto per la prima volta da Ottavio Mazzoni-Toselli nel 1831, ma la sua diffusione fu dovuta aBernardino Biondelli, che lo riprese nel suoSaggio sui dialetti gallo-italici del 1853; poi daGraziadio Isaia Ascoli, che lo utilizzò in un suo contributo sull’Italia dialettale per l’Enciclopedia Britannica del 1880, in seguito pubblicato anche sull’Archivio glottologico italiano del 1882;[9] infine daGiovan Battista Pellegrini nellaCarta dei Dialetti d'Italia del 1977.[10]
Idialetti di questa famiglia, figli dellatino volgare parlato nell'Italia settentrionale inepoca romana, sarebbero caratterizzati da unsubstratoceltico (gallo-cisalpino) e da unsuperstratogermanico (in massima partelongobardo), anche se possono presentarsi altri influssi (ad esempioligure oretico).[11]
Tra il XIII e il XV secolo diedero vita ad unalingua letteraria comune, all'epoca conosciuta comelombarda, prima dell'affermarsi della modernalingua italiana,[12] indiglossia con la quale continueranno ad essere parlate.[13]
Secondo lateoria ottocentesca del sostrato – che risale aCarlo Cattaneo, ma che fu in seguito ripresa anche daBernardino Biondelli eGraziadio Isaia Ascoli – le caratteristiche contemporanee deidialetti romanzi di tipo gallo-italico si spiegano con le vicende storiche dei territori in cui si sono sviluppati.[11]
Durante i secoli precedenti laromanizzazione, l'Italia settentrionale era abitata da diversi popoli, tra cui iLiguri e iVeneti, ma anche dagliEtruschi, presenti inPianura Padana dalla fase più arcaica dellacultura villanoviana; questi ultimi fondarono la città diBologna e diffusero l'utilizzo della scrittura.
Successivamente, a partire dal V secolo a.C., l'area vide la penetrazione da nord delleAlpi di tribùgalliche, dilingua celtica: tali popoli fondarono diverse città, comeMilano, ed estesero la loro presenza fino all'Adriatico; lalingua gallica parlata a sud delle Alpi in questo periodo prenderà il nome digallico cisalpino.
Il loro sviluppo venne fermato dall'espansione romana a partire dal III secolo a.C.: dopo secoli di lotte, nel 194 a.C. l'intera regione divenne unaprovincia romana con il nome diGallia Cisalpina (ossia "regione dei Galli", nome usato dai romani per indicare iCelti, "da questo lato delle Alpi").
Nel corso degli anni, la cultura e la lingua deiRomani, illatino, si sovrapposero e finirono per sostituire quelle precedenti, così come più tardi nellaGallia transalpina; tanto che nel 42 a.C. la provincia della Gallia Cisalpina fu infine abolita e l'Italia romana venne a inglobare tutti i territori a sud delle Alpi.
La lingua parlata non perse comunque ogni traccia di quelle precedenti, portando alla formazione di unvolgare locale con tracce fonetiche e lessicali di vari substrati (soprattuttogallico, ma anchevenetico,ligure,retico,etrusco),[11] conservando così i legami della regione con la Gallia transalpina, e parlandosi quindi di un'unica ampiapopolazione gallo-romana, che sopravvivrà all'Impero; come scriveGiovan Battista Pellegrini nel saggioIl cisalpino e il retoromanzo (1993):[14]
(Giovan Battista Pellegrini)
Dopo la caduta dell'Impero d'Occidente, il Nord Italia fu conquistato dagliOstrogoti, che diedero vita all'omonimo regno, la cui capitale fu primaRavenna e, dopo il 540,Pavia; nel 568 iLongobardi, un altropopolo germanico, entrarono nel Nord Italia attraverso ilFriuli e fondarono un proprioregno duraturo, con capitale ancoraPavia.
Dopo le prime difficoltà, le relazioni tra i dominatori Longobardi e la popolazione gallo-romana migliorarono, e la lingua e la cultura longobarda si assimilarono con quella preesistente, come è evidente dai numerosi nomi, parole e leggi affermatisi in quel periodo; il regno longobardo terminò nel 774, quando il re deiFranchiCarlo Magnoconquistò Pavia ed annesse il Regno Longobardo all'Impero carolingio, cambiandone il nome inRegno d'Italia.
Ciononostante, la porzione superiore del Regno longobardo, dettaLangobardia Maior, in contrapposizione allaLangobardia Minor incentrata nel Sud Italia, lascerà in eredità il proprio nome (Lombardia) a tutta l'area, che sarà ancora utilizzato per indicare l'Italia settentrionale[15], poi ridotta a quella nord-occidentale[16], fino alla fine dell'età moderna[17]: l'identità linguistica di questa regione resterà quindi visibile anche nei secoli delBasso Medioevo, quando - a partire dal XII-XIII secolo, con la diffusione delle pubblicazioni involgare - si sviluppò una lingua letteraria comune a tutta l'Italia settentrionale, all'epoca conosciuta comelingua lombarda (oggi indicata invece comekoinè padana, o anchelombardo-veneta oalto-italiana)[12].
(Adolfo Mussafia,Monumenti antichi di dialetti italiani, 1864, pag.229)
Lakoinè lombarda sopravvisse fino al XV secolo, quando iniziò ad affermarsi lanorma toscana, che porterà progressivamente all'adozione dellalingua italiana moderna comelingua tetto (ossia come lingua scritta comune, a livello letterario e formale) anche di tutta la regione alto-italiana; solo successivamente all'Unità d'Italia, però, l'italiano standard diverrà una lingua diffusamente parlata, affiancando - e spesso sostituendo - le lingue gallo-italiche nell'uso comune.
L'origine del galloitalico inBasilicata eCilento è associato a varie popolazioni medievali: alla presenzalongobarda tra i secoli VII e XI, i quali fondarono il floridoPrincipato di Salerno; ai signorinormanni, che dominarono dal secolo XI al XII; infine al regnoangioino, a cominciare dal XIII secolo. Assieme a tali popoli giunsero inoltre nel meridione signori feudali originari dell'Italia settentrionale. In particolare laContea di Policastro, al confine tra Cilento e Basilicata, in epoca normanna fu dominio deiMarchesi di Monferrato.[18][19]
Il gallo-italico è stato quindi parlato negli ultimi secoli sempre più indiglossia con l'italiano (situazione che indica l'alternanza di due o più lingue/dialetti diregistro diverso nello stesso gruppo di parlanti)[13]; durante quest'ultimo periodo le varietà gallo-italiche hanno assorbito, in misura diversa, elementifonologici,morfologici elessicali ditipo toscano (processo definito appunto ditoscanizzazione[20]), allontanandole parzialmente dalle altre lingue gallo-romanze e dando luogo alla situazione odierna[21].
Nel 1853 il linguistaBernardino Biondelli ha realizzato il primo studiodialettologico sistematico su questafamiglia linguistica, il notoSaggio sui dialetti gallo-italici, nel quale ha ripartito il gallo-italico in tre varietà principali, a loro volta suddivise in diversi gruppi edialetti, indagandone la storia e le caratteristiche salienti:lombardo,emiliano (comprendente anche ilromagnolo) epedemontano (oggi dettopiemontese), non includendo però nella sua definizione di gallo-italico non solo ilveneto, ma nemmeno illigure[3]; le definizioni e le analisi del Saggio sono state alla base di numerose opere successive.
Le lingue gallo-italiche sono principalmente diffuse nell'Italia settentrionale (Emilia-Romagna,Liguria,Lombardia ePiemonte), ma raggiungono anche il nord delleMarche (quasi tutta laprovincia di Pesaro e Urbino e in parte laprovincia di Ancona)[11] e dellaToscana (laprovincia di Massa-Carrara eccetto l'area massese, alcune frazioni dellaMontagna Pistoiese, la cosiddettaRomagna toscana e l'estremità nord-orientale dellaprovincia di Arezzo).[22][23][24]Isole linguistichealloglotte sono presenti inItalia meridionale e nelleIsole, con idialetti gallo-italici di Basilicata,Cilento[25] edi Sicilia, e unavarietà ligure parlata inSardegna; al di fuori dei confini italiani si estendono inSvizzera (Canton Ticino eGrigioni italiano), aSan Marino e aMonaco.
Tra lelingue regionali italiane sono quelle più in pericolo, poiché nelle principali città del loro areale (Milano,Torino,Genova,Bologna) sono adoperate prevalentemente dagli anziani.
La classificazione delveneto come lingua gallo-italica non è accettata da tutti i linguisti; se siti comeEthnologue eGlottolog lo classificano tuttora come lingua gallo-italica,[26][27] laTreccani in articoli recenti esclude il veneto dalla lingue gallo-italiche, perché «i dialetti veneti si distinguono nettamente dai dialetti gallo-italici.»[28][29]
Nonostante la ricca articolazione linguistica, sono presenti nelle lingue gallo-italiche caratteri di unitarietà[30]
Caratteristiche comuni nei dialetti gallo-italici, molte delle quali li accomunano algallo-romanzo, sono:[11][31]
Caratteristiche che furono invece proprie dei dialetti gallo-romanzi dell'Italia settentrionale in epoca medievale, ma retrocessi rapidamente nel gallo-italico e sopravvissuti fino ad oggi solo in alcune varietà alpine isolate, sono:[35][36]
All'interno del gallo-italico possiamo riconoscere dei sistemi più ristretti e omogenei (tra parentesi i relativi codiciISO 639-3):
Il gallo-italico costituisce un'area di transizione tra caratteristiche proprie dellelingue gallo-romanze e di quelleitalo-romanze, dovuta alla storia specifica del territorio[44][45], come trattato nellasezione storica; per tale ragione, nei diversi ambiti di studio (linguistica storica,linguistica descrittiva,sociolinguistica, ecc) lo si può trovare alternativamente considerato in entrambe le famiglie.[46]
Per via delle sue caratteristichemorfologiche efilogenetiche, dovute in massima parte al comune substrato, è associato tanto alla famiglia delle lingue gallo-romanze, quanto al più ampiogruppo romanzo occidentale, laddove il confine di quest'ultimo viene stabilito sullalinea Massa-Senigallia[44][45][47][48][49][50].
In altri casi, per ragioni di natura prevalentementesociolinguistica, viene collegato alla famiglia delle lingue italo-romanze, in considerazione soprattutto della convivenza con l'italiano qualelingua tetto e della situazione di conseguentediglossia con esso protrattasi negli ultimi secoli[36][51][52][53].
Nell'Atlante delle lingue del mondo in pericolo, nell'edizione del 2010 redatta dall'UNESCO, le varietà gallo-italiche (piemontese,ligure,lombardo edemiliano-romagnolo) sono indicate come parte delle lingue gallo-romanze al di fuori dellelingue d'oïl, insieme afrancoprovenzale eveneto[54]; allo stesso modo, la classificazione proposta nelRed book on endangered languages, pubblicato sempre dall'UNESCO nel 1993, inseriva le lingue gallo-italiche all'interno del gruppo gallo-romanzo, assieme a francese, francoprovenzale e veneto (tuttelingue romanze occidentali)[55]:
La classificazione diEthnologue (compendio di lingue pubblicato dalSIL International) inserisce attualmente le lingue gallo-italiche, tra le quali è incluso il veneto, nel gruppo gallo-romanzo, assieme al gallo-retico, che a sua volta riunisce le lingue d'oïl (francese e francoprovenzale) e quelle reto-romanze[56]:
Allo stesso modo, l'Istituto dell'Enciclopedia Italiana Treccani include il gallo-italico nelle definizioni digalloromanzo (all'interno del suo dizionario)[44] e didialetti galloromanzi (nella voce dell'enciclopedica)[45].
Altri linguisti, del passato e del presente, hanno proposto dei sistemi di classificazione che prevedono l'apparentamento delle lingue gallo-italiche al galloromanzo:Pierre Bec, linguista francese eoccitanista, parla direttamente digalloromanzo d'Italia o cisalpino[57];Max Pfister dell'Università della Saarland è sulla stessa lunghezza d'onda[58]; anche un recente studiodialettometrico ha dato ulteriore sostegno a questa posizione[59]
Molte di queste considerazioni sono state espresse nel Convegno internazionale di studi, svoltosi a Trento il 21-23 ottobre 1993 e intitolatoItalia Settentrionale: crocevia di idiomi romanzi[60]; queste tengono anche conto dell'esistenza, nei secoli precedenti alCinquecento, dellakoinè lombardo-veneta (all'epoca citata comelombardo[12]), una lingua letteraria comune che arrivò a un certo grado di assestamento, prima di retrocedere di fronte al toscano[61].
La classificazione più comunemente oggetto di insegnamento nei maggiori atenei italiani divide gli idiomi parlati in Italia nei gruppi retoromanzo, italoromanzo e sardo.[46]
La prima suddivisione del sistema italoromanzo proposta fu daGiovan Battista Pellegrini nei gruppi alto-italiano, toscano e centromeridionale (esclusi i gruppi retoromanzo e sardo, solo in seguito considerati autonomi)[62]; una classificazione più recente distingue però i gruppi gallo-italico, veneto (ancora a volte chiamati nel loro insieme come alto-italiani), toscano, mediano, meridionale e meridionale estremo[63]:
Tra i linguisti che hanno incluso i dialetti gallo-italici tra i dialetti italoromanzi, si ricorda il linguistaGerhard Rohlfs[64] che, nella suaGrammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti, include nella sua analisi tutti i dialetti settentrionali italiani (piemontesi, liguri, lombardi, emiliano-romagnoli e veneti, incluso il dialetto lombardo parlato in Svizzera) da lui considerati dialetti italo-romanzi, nel mentre esclude dalla trattazione illadino e ilfriulano (lingue retoromanze).[65]
Secondo il dialettologoFiorenzo Toso, i caratteri che il gallo-italico condivideva con le lingue gallo-romanze sono ancora presenti nel primo solo residualmente (come il plurale in-s e la conservazione dei nessi consonantici); sarebbe quindi proprio la scomparsa di questi fenomeni a fissare in maniera ormai consolidata il confine tra gallo-romanzo e italo-romanzo sulleAlpi occidentali.[36]
Italiano | (Ella) chiude sempre la finestra prima di cenare. |
Latino | (Illa) Claudit semper fenestram antequam cenet. |
Aquilano | Essa dde sera chiue sempre la fenestra prima de cenà. |
Bresciano (lombardo orientale) | (Lé) La sèra semper sö la finèstra enacc de senà. |
Milanese (lombardo occidentale) | (Lee) La sara semper su la fenestra innanz de disnà. |
Ticinese (lombardo alpino) | (Lee) La sara ades la fenestra inanz de disnà. |
Piacentino (emiliano) | Le la sära sëimpar sö/sü la finestra prima da snä |
Bolognese (emiliano) | (Lî) la sèra sänper la fnèstra prémma ed dṡnèr. |
Cesenate (romagnolo) | (Lî) la ciöd sèmpar la fnèstra prèmma d' z'nèr. |
Riminese (romagnolo) | (Léa) la ciùd sémpre la fnèstra prèima ad z'né. |
Pesarese (gallo-piceno) | Lìa la chiód sénpre la fnèstra préma d' ć'nè. |
Fanese (gallo-piceno) | Lìa chìud sèmper la fnestra prima d' c'né. |
Senigalliese (gallo-piceno) | Lia chiud sèmpr la fnestra prima d' c'nà. |
Anconetano (gallo-piceno/mediano) | Lia chiude sèmpre la finestra prima da cenà. |
Piemontese | (Chila) a sara tavòta la fnestra dnans ëd fé sin-a. |
Canavesano (piemontese) | (Chilà) a sera tavòta la fnestra dvant ëd far sèina. |
Alto monferrino (piemontese) | (Chila) a sèra dë long ra fnestra anans ëd fé sèin-na |
Carrarino | Lê al sèr(e) sènpr la fnestra(paravento) prima d' zena. |
Massese | Le' al sère/chiode sènpre la fnesc'tra(paravento) prima de c'nare. |
Ligure | Lê a særa de lóngo o barcón primma de çenn-a. |
Tabarchino (dialetto ligure dellaSardegna) | Lé a sère fissu u barcun primma de çenò. |
Romancio | Ella clauda/serra adina la fanestra avant ch'ella tschainia. |
Noneso (ladino) | (Ela) la sera semper la fenestra inant zenar. |
Solandro (ladino) | La sèra sempro (sèmper) la fenèstra prima (danànt) da cenàr. |
Friulano | Jê e siere simpri il barcon prin di cenâ. |
Veneto | (Eła) ła sèra/ła sara senpre el balcón vanti çenar. |
Trentino | (Éla) la sèra sèmper/sémpre giò/zo la fenèstra prima de cenar/zenar. |
Istrioto rovignese | Gila insiera senpro el balcon preîma da senà. |
Siciliano | Iḍḍa chiùi sempri la finestra anti ca mancia â sira. |
Napoletano | Essa abbarrechée sempe 'a fenesta primma ca cene. |
Salentino | Iddhra chiute sèmpre la fenéscia prìma cu mangia te sira. |
Montalbano Elicona | Illa 'nchiùri sempri a finesthra anzi che mangia a sera |
Fiorentino (toscano) | Lei la chiude sempre la finestra prima di cenà. |
Corso | Ella chjudi sempri a finestra primma di cenà. |
Tifernate | Lî chjåd sènpre la fneštra prèma d'cenè (zenè). |
Perugino | Lia chiud sempre la fnestra prima d' cenè. |
Sardo | Issa serrat semper sa bentana in antis de chenare. |
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