La secchia rapita | |
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Autore | Alessandro Tassoni |
1ª ed. originale | 1622 |
Genere | poema |
Sottogenere | eroicomico |
Lingua originale | italiano |
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(Alessandro Tassoni, La secchia rapita, 1.1, 1.63)
La secchia rapita è unpoema eroicomico inottave in dodici canti scritto daAlessandro Tassoni.
Una prima stesura è del1614, pubblicata aParigi solo nel1622 sotto lo pseudonimo di Aldrovinci Melisone. Superati i controlli dellaCongregazione dell'Indice dei libri proibiti dellaChiesa cattolica, con un testo emendato in pochissimi punti dallo stessoPapa Urbano VIII, Tassoni fece stampare nel1624 la prima edizione a proprio nome. La terza versione, definitiva, fu stampata aVenezia nel1630.
Il poema narra la storia del conflitto tra iliberi comuni diBologna eModena al tempo diFederico II di Svevia. Durante labattaglia di Zappolino,[1] i bolognesi, dopo un'incursione nel territorio di Modena, furono respinti e inseguiti fino alla loro città; i modenesi si fermarono a un pozzo a dissetarsi e portarono via come trofeo di guerra unasecchia di legno.
Al rifiuto dei modenesi di riconsegnare la secchia, i bolognesi dichiarano loro guerra. Ad essa partecipano, distribuiti tra le due parti, gli dei dell'Olimpo: Apollo e Minerva si schierano a fianco di Bologna, mentre Marte, Venere e Bacco con Modena. Anchere Enzo, figlio dell'imperatore Federico II, parteggia per loro. Un elemento nuovo introdotto dal Tassoni è l'entrata in campo di un esercito di donne, guidato da Renoppia.
La guerra per la secchia rapita si protrae per qualche tempo fra battaglie, duelli, tregue e tornei, intercalati da episodi comici e burleschi che hanno spesso come protagonista il conte di Culagna. Innamoratosi di Renoppia, sfida a duello il prode Melindo e lo vince, secondo quanto predetto dalla profezia che aggiudica la vittoria al più debole e vile; e tenta di avvelenare la moglie, ma beve la pozione per errore ed è costretto a confessare la malefatta. Alla fine il conflitto si conclude grazie a trattative condotte da unlegato pontificio, che stabiliscono le seguenti condizioni: i bolognesi possono tenersi re Enzo, fatto prigioniero durante labattaglia di Fossalta; i modenesi, la secchia.
L'immaginario conte di Culagna è forse il personaggio più noto dell'opera e ne rappresenta bene lo spirito volto, per esplicita ammissione del Tassoni, al puro intrattenimento del lettore. Ecco come viene presentato:
L'uomo si innamora di Renoppia e per farla sua pensa di uccidere la moglie. Rivela il piano al compagno romano Titta, che di rimando lo adula:
Il conte fanfarone ignora che Titta è l'amante di sua moglie: il cavaliere di nascosto mette la donna al corrente del piano mentre il conte va a procurarsi il veleno. A pranzo, il conte di nascosto aggiunge il veleno al piatto della moglie spacciandolo per pepe, quando però egli si volta, la contessa scambia i piatti: sarà così il marito a subire l'effetto del composto, peraltro non è veleno ma un purgante ed emetico, la cui azione causerà all'uomo una pessima figura nella pubblica piazza, quando gli sarà necessario uscire dal castello per l'impellente bisogno...
A causa delle difficoltà ad ottenere l'imprimatur dalle autorità ecclesiastiche, condizione obbligatoria per vedere il testo stampato e diffuso, Tassoni consentì la riproduzione manoscritta dell'opera nel 1616. Essa ebbe grande successo, circolando in centinaia di esemplari nelle corti di tutta Italia, fino a quando non apparve l'edizione a stampa a Parigi nel 1622.[2]
Fondandosi sul poema del Tassoni, il librettistaGastone Boccherini scrisse unomonimodramma eroicomico per musica, il quale fu musicato daAntonio Salieri e rappresentato per la prima volta alBurgtheater diVienna nel1772. Altre composizioni musicali si devono aNicola Antonio Zingarelli nel1793, aFrancesco Bianchi nel1794 (ambedue con libretto riveduto daAngelo Anelli), al sig. Sellerié[4] nel 1836 e aGiulio Ricordi nel1910 (revisione del libretto da parte diRenato Simoni).
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