L'etimologia del nome è oscura; certamente erano già note inetà classica (segnalate daicartografi diAlessandro Magno), e chiamate in grecoAgathou daimonos nesos, probabilmente derivante dal nome localeAngdaman, dal quale sarebbe derivato il loro nome araboAndaman.
Marco Polo non le visitò,[1] ma ne parla chiamandoleAngamanain, che dovrebbe essere una storpiatura dell'arabo col significato di “i due angamani”, dovuto alla leggenda che gli abitanti dell'isola fossero deicannibalibifronti e dal viso canino.
Secondo un'altra teoria il nome dell'isola dovrebbe derivare dal malese anticoHanduman, che deriverebbe dal nome diHanuman, il dio-Scimmia dell'induismo.
Radhanagar Beach nell'isola di Havelock, nelle Andamane meridionali.
Le Andamane contano 576 tra isole ed isolotti disposti secondo una forma allungata che si estende in direzione nord-sud per circa 500 km. La superficie complessiva delle Andamane è di 6.408 km². Le isole abitate sono 26 e le 5 maggiori sono raccolte nel raggio di 250 km e da nord a sud sonoAndaman Settentrionale,Andaman Centrale,Andaman Meridionale,Baratang eRutland. Più a sud si trova l'isola diPiccola Andaman, quarta per dimensioni nell'arcipelago (739 km²) e suo limite meridionale.
Oltre a queste vanno segnalate laNorth Sentinel (74 km²), 30 km ad ovest diAndaman Meridionale. 135 km a nord-est di Port Blair, c'è l'isola vulcanica diBarren, l'unicovulcano attivo di tutta l'India, che raggiunge i 354ms.l.m.. Ancora più a nord-est c'è la piccola isola del vulcano estinto diNarcondam che raggiunge i 704 m s.l.m. Infine ci sono la piccolaLandfall nell'estremo nord e l'arcipelago di Ritchie, al largo di Andaman Meridionale e Baratang, la cui isola maggiore èHavelock.
L'arcipelago si trova sull'antica rotta commerciale deimonsoni dell'Oceano Indiano da e verso laCina, come documentato dal manoscritto arabo Akhbar Al-Sin wa'l-Hind (trad. "Relazione sulla Cina e sull'India") scritto a metà del nono secolo da mercanti islamici. L'arcipelago costituiva una tappa per i rifornimenti dei convogli, senza che vi fosse sviluppo di colonie commerciali sulle isole[3].
L'arcipelago fu visitato nel1788 da ufficiali britannici, nel tentativo, fallito, di costituirvi un penitenziario. Nel1857 furono occupate dai militari inglesi che vi fondarono stavolta una colonia penale e insieme alle isoleNicobare furono aggregate all'India britannica nel1858, seguendone le sorti.
La religione prevalente è l'induismo, seguita daCristianesimo (protestanti ecattolici) eislamismo. Le antichissime popolazioni delle isole (andamanesi) praticano ancora religioni ancestrali, assimilabili all'animismo. La lingua ufficiale è l'hindi, assieme all'inglese e all'antica lingua dei nativi. La popolazione prima delmaremoto era stimata a circa 360.000 abitanti, con una distribuzione poco omogenea.
GliJarawa sono un popolo nomade di cacciatori e raccoglitori. Hanno contatti pacifici con l'esterno solo dal 1998 e, per questo, rischiano di essere decimati dalle malattie portate dai forestieri, verso cui hanno basse difese immunitarie.
ISentinelesi vivono sulla piccola isolaNorth Sentinel e resistono strenuamente a ogni contatto con il mondo esterno.
GliOnge vivono in una riserva sull'isola Piccola Andamane. Sono stati decimati a seguito del contatto con l'esterno: ora contano all'incirca 100 individui.[5]
IGrandi Andamanesi sono la tribù su cui la colonizzazione ha avuto l'impatto più devastante: prima dell'arrivo dei britannici il popolo contava oltre 5.000 membri e 10 tribù, oggi rimangono solo 56 persone[6].
Ogni giorno migliaia di turisti viaggiano lungo la Andaman Trunk Road, la strada che attraversa illegalmente la riserva del popoloJarawa, per avvistare i membri della tribù: di fatto, gli Jarawa vengono trattati come animali in unozoo safari. Sono stati persino documentati casi di indigeni costretti a danzare in cambio di dolciumi.[7][8] Oltre a ledere la loro dignità, il passaggio dei turisti lungo la strada illegale rappresenta anche una minaccia reale per le vite degli indigeni: gli Jarawa rischiano di essere decimati dalle malattie portate dai turisti, verso cui hanno basse difese immunitarie.
A seguito della campagna diSurvival International, che per prima ha denunciato questo fenomeno nel 2010[9], sia le Nazioni Unite che il Ministro indiano agli Affari Indigeni hanno condannato i “safari umani” e chiesto la chiusura della Andaman Trunk Road, ma le autorità locali si sono mostrate sorde a questi appelli e la strada rimane aperta[10].
La campagna di Survival continua tuttora: nell'aprile 2013[11] l'organizzazione che difende i diritti dei popoli indigeni ha chiesto ai turisti di non viaggiare nelle isole fino a quando non sarà posta fine alla pratica degradante dei “safari umani” nella terra degli indigeni Jarawa[12][13].
L'economia delle isole, già molto fragile, è stata pesantemente danneggiata dalmaremoto dell'Oceano Indiano, che si stima abbia ucciso più di 3.000 persone tra abitanti delle isole e l'esiguo numero di turisti. Prima dell'immane disastro, l'attività economica più redditizia era lapesca, praticata ancora con metodi tradizionali.
A differenza di quanto comunicato dai media di tutto il mondo, i popoli tribali che abitano nelle isole sono usciti pressoché indenni dallo tsunami. Alcuni membri di una tribù hanno infatti raccontato di essersi rifugiati sulle alture dell'isola non appena hanno visto il mare ritirarsi, come da conoscenze tradizionali tramandate oralmente[14].