Tra i più grandi astronomi dell'antichità, nessuna delle sue opere, almeno quattordici, si è conservata, eccetto un commentario su un poema di argomento astronomico diArato di Soli e, di recente scoperta, un frammento del suo catalogo astrale.[2]
Poche notizie sulla vita e le opere di Ipparco sono note e la maggior parte di esse provengono dall'Almagesto diTolomeo (II secolo), da riferimenti minori inPappo eTeone (IV secolo) nei loro rispettivi commentari all'Almagesto, nellaNaturalis historia diPlinio il Vecchio e nellaGeografia diStrabone. I riferimenti degli autori antichi non astronomi, tuttavia, spesso hanno travisato o mal compreso i suoi apporti.[3] Ipparco nacque aNicea (l'odiernaİznik inBitinia,Turchia), un centro culturale dove probabilmente ricevette l'istruzione di base; probabilmente in giovane età si spostò aRodi, dove successivamente compì la maggior parte delle osservazioni astronomiche.[4]
Tolomeo gli attribuisce osservazioni dal147 a.C. al127 a.C.; anche osservazioni più antiche, a partire dal162 a.C., possono essere attribuite a lui.[4] La data della sua nascita (190 a.C. circa) è stata calcolata daJean-Baptiste Delambre proprio in base al lavoro di Ipparco. Allo stesso modo, dall'esistenza di pubblicazioni sulle analisi delle sue ultime osservazioni si suppone che Ipparco deve essere vissuto oltre il127 a.C. Per il suo lavoro sappiamo anche che ottenne informazioni da Alessandria e dallaBabilonia, ma non è noto se e quando ne abbia visitato i luoghi.
Non se ne conosce l'aspetto in quanto non esistono suoi ritratti. Sebbene venga raffigurato su monete coniate in suo onore, queste appartengono a un'epoca ben successiva, tra ilII eIII secolo.
Si presume che sia morto nell'isola diRodi, dove trascorse gran parte della sua vita matura: Tolomeo gli attribuisce infatti osservazioni da Rodi nel periodo che corre tra il141 e il127 a.C.
Sviluppò accurati modelli per spiegare il moto delSole e dellaLuna, servendosi delle osservazioni e delle conoscenze accumulate nei secoli daiCaldei babilonesi, e fu il primo a stimare con precisione la distanza tra la Terra e la Luna.[5] Grazie alle sue teorie sui moti del Sole e della Luna e alle sue nozioni ditrigonometria, della quale è ritenuto il fondatore,[5] è stato probabilmente il primo a sviluppare un affidabile metodo per la previsione delleeclissi solari elunari.[5][6] Il suo operato include la scoperta dellaprecessione degli equinozi,[7] la compilazione di un celebre catalogo stellare e, probabilmente, l'invenzione dell'astrolabio.Fu proprio l'osservazione delle discordanze tra il proprio catalogo e quello compilato daTimocari eAristillo nel290 a.C. a fornirgli l'indizio che lo condusse alla scoperta del fenomeno precessivo dell'asse terrestre.[8]
Grazie all'osservazione di una stella che vide apparire, probabilmente unanova nellacostellazione dello Scorpione,[9] avanzò l'ipotesi, ardita per l'epoca, che le stelle non fosserofisse, ma in movimento.[10]
Alcune testimonianze antiche riferiscono un suo interesse per l'astrologia, in particolare per l'astrologia geografica, secondo la quale certe zone del globo risentirebbero dell'influsso di determinate costellazioni zodiacali.[11]
Ipparco lasciò diverse osservazioni sugli astri e redasse una lista dei suoi lavori principali, in cui menzionava 14 libri, quasi completamente perduti.[12] Forse scrisse anche altre opere sulla meteorologia, sulla matematica e sull'ottica, di cui però non si sono conservati neanche i titoli e che probabilmente ebbero circolazione piuttosto limitata.[13]
L'unico suo lavoro pervenuto ai giorni nostri è un commentario in tre libri suiPhaenomena diArato di Soli, una descrizione poetica della sfera celeste composta sulla base di un trattato diEudosso di Cnido dallo stesso titolo, nel quale Ipparco criticava le posizioni e le descrizioni delle stelle e delle costellazioni fornite da Arato e da Eudosso.[5] Il commentario è stato tradotto per la prima volta in una lingua moderna (tedesco) nel 1894.[14] Nel 2013 è apparsa la seconda traduzione in una lingua moderna (italiano).[15]
Ipparco è riconosciuto come il padre della scienza astronomica. È spesso citato come il più grande astronomo osservativo greco, e molti lo reputano il principale astronomo dei tempi antichi, sebbeneCicerone desse la sua preferenza adAristarco di Samo. Altri destinano questo posto a Tolomeo di Alessandria.
Nel suo primo catalogo stellare, perduto e recentemente riscoperto in parte, Ipparco inserì circa 850 stelle, registrando per ognuna la posizione attraverso unsistema di coordinate sullasfera celeste[16]. Ipparco probabilmente fu autore della classificazione della luminosità degli astri in sei gruppi, utilizzata da Tolomeo nell'Almagesto:[10] la cosiddettamagnitudine stellare. Al primo gruppo appartenevano le stelle di prima grandezza, al secondo gruppo quelle un po' più deboli, e via via fino al sesto gruppo, al quale appartenevano le stelle più deboli visibili in una notte serena senzaLuna da un uomo dalla vista perfetta.
Questo più che bi-millenario sistema di misurazione della luminosità (magnitudine) degli astri, leggermente modificato nel corso dell'Ottocento, è utilizzato ancora oggi.
Oltre che astronomo, Ipparco è stato anche un grande geografo.Strabone, nella suaGeografia, ci testimonia la sua proposta di calcolare le differenze dilongitudine con metodi astronomici, misurando le differenze tra i tempi locali di osservazione di una stessaeclissi lunare.[17] Plinio il Vecchio ricorda che Ipparco corresse la misura dell'ecumene proposta da Eratostene, portandola da 5000 a circa 31000stadi a occidente dellecolonne d'Ercole:[18] questa longitudine corrisponde a quella delleIsole Sopravento Meridionali e delleIsole Sottovento, nellePiccole Antille, identificabili con leIsole Fortunate.[19]
Ipparco aveva anche scritto un trattato sulla gravità,Sui corpi spinti in basso dal proprio peso, sul quale abbiamo qualche informazione daSimplicio. Qualche studioso ha ipotizzato che all'interesse di Ipparco per la gravità non fossero estranei i suoi interessi astronomici.
Seguendo un'ipotesi già proposta nel 1898 daGeorg Thiele, ha rilevato le configurazioni delle costellazioni presenti in rilievo sul globo dell'AtlanteFarnese (copia romana del II secolo, da unoriginale greco) conservato alMuseo Archeologico Nazionale di Napoli. Ha poi ricostruito la posizione occupata dalle costellazioni nel cielo osservato da Ipparco, all'incirca nel 129 a.C.
Il risultato ha evidenziato un'ottima coincidenza tra le previsioni astronomiche moderne e le posizioni rilevate dall'Atlante Farnese, che lo hanno indotto a individuare nel famoso e perduto catalogo di Ipparco la fonte a cui aveva attinto lo scultore dell'epoca.[23]
Le teorie di Schaefer sono state aspramente criticate da altri esperti[24].
Si tratterebbe di un'altra prova indiretta dell'esistenza del catalogo. La prima era stata fornita dallo stesso Schaefer, che aveva dimostrato l'incorporazione, nell'Almagesto, di una parte del catalogo di Ipparco. In questo modo le discrepanze in esso riscontrabili, circa la posizione di alcune stelle, diventavano facilmente spiegabili spostando il punto di osservazione a Rodi.
Nel 2017, è stato scoperto che alcuni dei 146 fogli delCodex Climaci Rescriptus, una raccolta di testi siriaci scritti tra il X e il XI secolo d.C di proprietà del Museo della Bibbia di Washington, contengono le coordinate stellari di Ipparco. Sebbene i fogli fossero stati raschiati via e sovrascritti dai monaci medievali, le tecniche moderne hanno permesso di ricostruire il contenuto originale delle mappe.[25]
^ Karl Manitius,Hipparchi in Arati et Eudoxi phaenomena commentariorum libri tres, Lipsia, Teubner, 1894 (anche edizione critica, con testo greco a fronte).
^ Gabriele Vanin e Bruna Cusinato,Commentari di Ipparco ai Fenomeni di Arato ed Eudosso, arXiv:2206.08243..