IGiganti, rappresentanti solitamente una donna bianca di nomeMata ed un guerriero nero di nomeGrifone, sono due alti fantocci dicartapesta che vengono portati a spalla o trainati, danzando al ritmo ditamburi, per le vie diMessina,Seminara,Palmi,Rosarno,Siderno,Polistena,San Giorgio Morgeto,Anoia e altre località dellaSicilia e dellaCalabria, in occasione di festività cattoliche patronali o di altri eventi. I giganti sono identificati nei leggendari fondatori della città di Messina e da questo deriva la loro importanza nella tradizione folcloristica.[1][2][3]
In relazione ai giganti alcuni racconti popolari calabresi[4] narrano la storia di una regina rapita da un re venuto da molto lontano, dal mare, dallaTurchia. Ritroviamo questi alti giganti radicati nella cultura popolare dellaSpagna[5] e vengono in mente ambientazioni che vedono laCalabria durante la dominazione spagnola, poi ancora al periodo delle incursioni turche e ai saraceni. La radice storica del ballo dei giganti è di probabile origine aragonese. Il contatto con la dominazione catalana fece pervenire inSicilia[6] e in Calabria questa tradizione tuttora fortissima inCatalogna. A testimonianza di un'antica matrice culturale presente nell'area delMediterraneo ancora oggi ritroviamo manifestazioni popolari con l'uso dei giganti processionali in Spagna, in Sicilia, aMalta ma anche inBelgio e inGermania.
Le statue derivano dai giganti processionali dell'antica tradizione spagnola, ancora oggi presenti in molte zone della Spagna e usati in occasione di varie festività, come aTarragona[7] per la festa di Santa Tecla, o durante la fiesta Mayor de Reus che si svolge il giorno di San Pietro Reus. Il contatto con la dominazione catalana fece pervenire la tradizione dei giganti processionali che si è diffusa anche in Sicilia ed in Calabria, ed oggi è legata al culto della Vergine Maria, come nel caso dei giganti Mata e Grifone della festa dellaAssunta aMessina o dei giganti Kronos e Mytia della festa dellaMadonna della Luce diMistretta. Inoltre i due colossi di cartapesta rappresentano e ricordano allegoricamente la conquista della libertà del popolo calabrese dai predonisaraceni eturchi, che per secoli devastarono la Calabria apportando ovunque lutti e rovine. Il Gigante nero, chiamato Grifone, raffigura il truce saraceno e, nelle sembianze di una bella e prosperosa popolana, Mata, ne era la sua preda.
Nel corso della storia i due giganti Mata e Grifone sono stati identificati con varie figure mitologiche, ad esempio Kronos e Rhea, Cam e Rea, Zanclo e Rea, Saturno e Cibele; la leggenda più famosa narra che ai tempi delle invasioni saracene in Sicilia, attorno al 970 d.C., un invasore moro di nome Hassas Ibn-Hammar, grandissimo, sbarcato a Messina si innamorò della cammarota Marta figlia di re Cosimo II da Casteluccio. Il nome Marta, dialettizzato, diventa Mata. Il pirata chiese la mano della donna, ma le loro nozze furono celebrate solo dopo la conversione del moro al cristianesimo: il suo nome da Hassan diventò quindi Grifo, o meglio, Grifone per la sua mole. Mata e Grifone prosperarono ed ebbero moltissimi figli: molti tra i messinesi. Questa versione è infatti confermata dalle scritture di alcuni autorevoli storici antichi, Mata e Grifone non sarebbero i mitici fondatori diMessina:Saturno Egizio e la moglieRea o Cibale.
Con il passare del tempo, al nome di Saturno Egizio venne aggiunto il nome di Zancle (falce), o per aver fondato la città siciliana in un'insenatura di mare a forma difalce, o perché a lui sarebbe attribuita l'invenzione dell'attrezzo agricolo per mietere il grano. Per tale motivo la città peloritana, prima ancora che le venisse imposto l'odierno nome dal conquistatore greco Messena, venne per molti secoli chiamata Zancle in onore del suo mitico fondatore.[8]
La più attendibile storia sulla nascita dei Giganti è però legata ad un fatto storico realmente accaduto nel1190; In tale anno,Riccardo IRe d'Inghilterra, più comunemente noto col nome di Riccardo Cuor di Leone, giunse a Messina da dove doveva muovere laTerza crociata che era stata indetta dapapa Gregorio VIII per liberare dai musulmani ilSanto Sepolcro diGerusalemme. Durante la permanenza in città il monarca si accorse che i messinesi erano privi della libertà perché ancora oppressi daigrecibizantini: essi infatti si erano impossessati di tutte le cariche politiche, civili ed amministrative gestendo la giustizia a loro piacimento con provvedimenti impopolari ed inappellabili emanati dalla sicura fortezza di San Salvatore, strategicamente posta all'imbocco del porto.[8] Il Re d'Inghilterra, non volendo usare la forza per soggiogarli, pensò di dimostrare la sua potenza facendo costruire sul colle di Roccaguelfonia, situato proprio di fronte alla fortezza, un imponente ed inespugnabile castello. Prima ancora che venisse ultimato, il popolo lo adottò battezzandolo col nome di Matagriffon coniando Mata, da Macta (ammazza) e, Griffon da Grifone (ladro). I greci bizantini dimostrarono di aver inteso il messaggio, abbandonando per sempre la città, così che il popolo Messinese riacquistò la tanto sospirata libertà.[8]
Per festeggiare l'evento e tramandarlo alle generazioni future, i messinesi portarono nelle piazze il castello di Matagriffon in cartapesta per poi sdoppiarlo nel nome e con le sembianze dei fondatori della città: li chiamarono "'a Gigantissa" e "lu Giganti", ma anche Mata e Grifone.[8] In tal modo la colossale coppia divenne l'emblema della loro libertà e l'omaggio agli antichi fondatori e ai Colossi, rappresentati su due cavalli finemente addobbati, venne nel tempo accostato un fintocammello che veniva bruciato nelle piazze al termine delle feste di mezz'agosto, per simboleggiare la sconfitta degli empi dominatori saraceni scacciati nel1060 dalla città dal ConteRuggero I il Normanno.[8] I Giganti, quali simbolo di libertà, vennero ben presto adottati in molte città siciliane e da alcune della fascia costiera tirrenica ed aspromontana dellaCalabria che, comeMessina, avevano profondamente subito le devastazioni saracene e turche.[8]
Mentre nel tempo scomparvero aReggio Calabria[4] ed in altri centri, sopravvivono ancora oggi aSan Giorgio Morgeto,[9] San Ferdinando,Scido,Maropati, Zaccanopoli,Siderno,Rosarno,[10] Gioia Tauro,Polistena,Taurianova,[11][12]Tropea,[13] Mileto,[14]Ricadi,[15]Spilinga,Drapia,Dasà,Zambrone,San Costantino Calabro, San Leo diBriatico, Papaglionti diZungri, Mesiano diFilandari,Maierato,Sorianello,Melicucco,San Martino,[16]Brognaturo,Serra San Bruno,Fabrizia,Spadola,Delianuova,Cittanova,Seminara,Vibo Valentia,[17]Vazzano,Bovalino,Platì,Scilla,Palmi eArdore.
Il 3 maggio, a Tropea si svolge una delle feste più antiche e seguite dai tropeani e dai paesi vicini,i Tri da cruci, nel borgo in via Umberto I: si commemora tra rulli di tamburi con i Giganti, mercatino, bandiere e balconi addobbati, la cacciata ai piratiturchi esaraceni ad opera di valorosi tropeani, che dopo secoli di "assedio", nel1571 nellabattaglia di Lepanto in aiuto decisivo alla Chiesa diRoma contro iTurchi, finalmente riuscirono ad avere la meglio sui nemici, cacciandoli definitivamente. Si commemora la Santa Croce, giustificata dal fatto che, un tempo, all'inizio di via Umberto I, sorgeva un tempietto con tre Croci. Ma la ricorrenza si è caricata di significati e simboli, di riti pagani e cristiani, che la tradizione ha portato sino ai nostri giorni.[18][19][20]
Nei secoli passati, in varie epoche e per lunghi periodi, i pirati turchi e saraceni tennero sotto il loro dominio questo territorio, girando per le vie a dorso di cammello e seminando il terrore tra le popolazioni. I tropeani, riuscirono a scacciare i turchi da Tropea, incendiando le loro navi. Nel1571, 1200 tropeani partirono al comando del capitanoGaspare Toraldo, e si distinsero per il loro valore nello stretto diLepanto il 7 ottobre.[21]
I Tropeani, dunque, per celebrare questi avvenimenti, il tre maggio, giorno in cui si festeggia il Trionfo della Santa Croce, preparano sagome di barche, cariche di fuochi d'artificio, le appendono da un lato all'altro della Via Borgo e durante la festa danno loro fuoco, creando un fantasmagorico spettacolo di luci, colori e scoppi. Poi, a fine serata, per schernire l'antico nemico, costruiscono la sagoma di un cammello, imbottito anche questo di fuochi d'artificio e al ritmo frenetico della caricatumbula, i tamburi accompagnano la danza del "camiuzzu i focu" che balla, spara, agonizza.[22]
Palmi vanta una storia secolare sull'usanza dei Giganti. Pertanto la città assume un'importante rilevanza, inCalabria, nell'ambito di questa tradizione.[23] L'adozione dei Giganti aPalmi avvenne soprattutto per ricordare l'evento storico legato alla presenza in città delconte Ruggero I. Fu infatti da Palmi che l'armata normanna si radunò per muovere alla conquista dellaSicilia: «Raunato adunque il Conte l'esercito di mille, e settecento tra Fanti, e Cavalieri, a Palme inviossi, e per Mare, poscia in Reggio; dove riposato quindeci giorni, con ventisei Galee, e Brigantini, tragittossi di Messina».[24] Per questo, durante la "sfilata dei Giganti" di Palmi, partecipa anche un finto cavallo di cartapesta.
Nel dettaglio, la sfilata dei Giganti per le vie cittadine è solitamente composta da:[25]
La sfilata è accompagnata da un ritmo tipico e martellante dei tamburi, e a volte dal battito delle mani delle persone; il suono richiama l'attenzione in modo che anche in lontananza si possa seguire la sfilata. La musica quindi guida i giganti danzanti. I tambunari solitamente procedono per ultimi, a chiudere la sfilata.
I Giganti di proprietà dellacongrega dell'Immacolata e San Rocco, nel1987, furono esposti, su richiesta dellaRegione Calabria, al Museo di antropologia ed etnografia diTorino in rappresentanza della cultura e delle tradizioni dellaCalabria.[27] Nel corso degli anni i Giganti di Palmi hanno avuto modo di "danzare" anche in altre città, come ad esempioMilano (1990),Foligno eVenezia.[27]
In origine i fantocci di Mata e Grifone erano di legno leggero cavo e superavano gli otto metri di altezza; principalmente oggi sono di cartapesta e meno alti. Inoltre alcuni venivano trainati, altri sollevati, mentre oggi generalmente ciascuno dei giganti è sorretto ed inalzato da un portatore che si posiziona nella parte inferiore al busto cavo, reggendo delle maniglie. In occasione di particolari festività i giganti vengono portati fuori dal luogo in cui sono custoditi, per poi sfilare anche più volte al giorno. Ve ne sono varie copie, abbigliati e decorati diversamente a seconda della festività e della chiesa e/o congrega a cui fanno riferimento, a seconda del periodo storico in cui sono stati realizzati.
Delle varie copie di Giganti, quella più antica risale al1885 realizzata dai fratelli Francesco e Virgilio Cicala,[28] ed è di proprietà dellaVenerabile congrega di Maria Santissima Immacolata e del glorioso San Rocco. Una copia, di pochi anni più recente, è conservata presso ilMuseo di etnografia e folclore Raffaele Corso dellaCasa della cultura e fu realizzata dall'artista Fortunato Messina.[28] Le altre copie, realizzate negli ultimi decenni, sono di proprietà dellaparrocchia di San Fantino, dellaCongrega del Santissimo Sacramento e di Maria Santissima del Soccorso (2005) e della Pro Loco cittadina (2011).
Il palio è una lunga e pesante pertica dilegno con un drappo diseta colorcremisi, nei cui lati sono impressi lostemma civico di Palmi ed il monogramma (M) dellaMadonna della Sacra Lettera, patrona e protettrice della città.[29] L'asta termina in cima con un piccologlobo terrestre in cartapesta, sormontato da un'altrettanto piccolacroce. Il palio è sostenuto alla base da una sacca di pelle, sorretta ai fianchi di un portatore.[29]
Il palio viene fatto girare dal possente portatore nei crocevia principali, nelle piazze e davanti alle chiese, per «supplicare la protezione della Sacra Vergine sulla città e sul popolo».[29] Il movimento rotatorio del palio, creato dall'abile portatore, è effettuato a pochi centimetri dal suolo e fa assumere al drappo di seta un movimento leggero ed ondulato, che vuol simulare simbolicamente la carezza della mano della Madonna tanto che, anticamente, il drappo sfiorava le teste dei bambini posti genuflessi ed in cerchio. Anche questo momento della sfilata è accompagnato dai tamburi, che in questo caso hanno un ritmo cruciale.[29]
Va segnalato che il Palio viene portato in giro per la città anche in altre occasioni più importanti e solenni della "sfilata dei Giganti". Difatti il Palio, seguito dal complesso dei tamburinari che esegue però in questo caso un ritmo più sobrio, ha il compito di procedere in testa ad alcune processioni cittadine tra le quali: laprocessione di San Rocco, laprocessione di Maria Santissima Immacolata e tutte le processioni inerenti allaVaria di Palmi, dal2013 inserita nelPatrimonio orale e immateriale dell'umanità dell'UNESCO.
Segue i Giganti un finto cavallo montato anch'esso da un portatore che, emergendo con metà busto dall'animale, crea una mitica figura di novello centauro a due zampe. Durante il ballo il destriero volteggia tra la coppia gigantesca cercando di allontanare il gigante Grifone da Mata.[29] A volte, scalpitando ed imbizzarrendosi, riesce a dividerli frapponendosi tra di loro. Infine, visti inutili i suoi tentativi di dissuadere il gigante nero dal conquistare Mata, si rassegna marciando contento davanti alla coppia danzante e festosa.[29]
Le festività nelle quali avviene la "Sfilata dei Giganti", per le vie cittadine, sono le seguenti:
Inoltre, e soprattutto negli ultimi anni, la "Sfilata dei Giganti" per levie cittadine è avvenuta anche in date differenti da quelle suddette, per altre manifestazioni di carattere religioso e civile, come ad esempio lanotte bianca. Nel caso di manifestazioni di tipo civile sfilano i Giganti di proprietà del Soccorso.
La processione dei Giganti diMessina, come detto, consiste nel trainare due statue di giganti a cavallo, realizzate in cartapesta.[30]
Le statue attuali risalgono al1723 anche se vennero completate solamente negli anni cinquanta dello scorso secolo, venendo installati su dei carrelli con ruote in modo da poter ottenere un trainamento più facile.[30] In passato, invece, i due venivano sollevati dai portatori attraverso pali e staffe basculanti, che consentivano di mantenerli in equilibrio, conferendo peraltro un andamento caracollante alle due statue equestri.
I due Giganti sono portati in processione dal 10 al 14 agosto, seguiti da un corteo in costume e da tamburi, trombe e dal suono cupo della "brogna" e della "ciaramedda".
Dall'anno1993 è tornata nuovamente la tradizione di farli seguire da un'altra macchina che rappresenta un cammello.[30]
La statua di Grifone, fu scolpita prima daMartino Montanini e successivamente daAndrea Calamech. La testa di Mata fu più volte rimaneggiata da artisti qualiSanti Siracusa (XVIII secolo),Michele Amoroso eMariano Grasso.[31]
I Giganti diMistretta, chiamati anche i "gesanti", sono realizzati inlegno ecartapesta e furono costruiti alla fine delXVIII secolo. Dal1960 al1990 furono utilizzate delle copie in modo da preservare la copia più antica. Ogni anno i "gesanti" vengono portati in processione durante laFesta della Madonna della Luce, il 7 e l'8 di settembre[32]. I loro nomi si differenziano da quelli diPalmi eMessina in quanto vengono chiamati "Cronos" e "Mitia". Tra l'altro le loro origini differiscono in parte dalle altre. La tradizione narra che ossa gigantesche furono rinvenute in una grotta accanto ad un quadro luminoso della Madonna, per cui i due giganti furono identificati come i "custodi" della reliquia.
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