Giancarlo Vigorelli (Milano,21 giugno1913 –Marina di Pietrasanta,16 settembre2005) è stato uncritico letterario,giornalista escrittoreitaliano.
Saggista, docente all'Università Cattolica di Milano, valutato tra i maggiori critici letterari italiani,[1] sviluppò negli anni ampi studi sulle operemanzoniane, divenendo uno dei principali conoscitori delle opere dello scrittorelombardo. Fondò e diresse larivistaL'Europa letteraria; diventò vicepresidente dell'Istituto Luce.[2]Negli ultimi anni del regime fascista venne destituito dall'insegnamento, avendo condiviso, in senso democratico, le posizioni dei poeti dell'Ermetismo.
Tra i fondatori delCorriere Lombardo, diresse successivamente il quotidianoMomento e il settimanaleOggi, per poi passare a una rivista in proprio,L'Europa letteraria, che si rifaceva ai migliori modelli francesi e che ha accompagnato, dal '58 al '68, la sua intensa attività di segretario generale della Comunità europea degli Scrittori. In qualità di segretario generale della Comunità europea degli scrittori, in giugno 1967 intervenne nel dibattito intorno ad una lettera scritta da Alexander Solzenicyn ai membri del IV Congresso degli scrittori dell'URSS, con l'espressione del proprio sostegno all'autore sovietico. Collaborò negli anni a vari quotidiani nazionali, nelle vesti di giornalista culturale:La Stampa,Il Frontespizio,il Giornale; fu per decenni critico letterario sul mondadorianoTempo e nel1960 vinse ilPremio Saint Vincent per il giornalismo. Ricevette ilPremio Nazionale Letterario Pisa allacarriera.
Nel 1975 Vigorelli scrisse sul quotidianoIl Giorno: «Anche Fo sa di avere in pancia l'incubo dei suoi trascorsi fascisti», riferendosi all'adesione allaRepubblica Sociale Italiana diDario Fo: il celebre drammaturgo querelò il giornalista e il quotidiano per diffamazione e la vicenda si concluse con la pubblicazione di una rettifica.
Venne tumulato in uncolombaro alCimitero Maggiore di Milano nell'attesa di essere trasferito, per pressione dellamoglieCarla Tolomeo e di alcune personalità dellacultura, nellacripta delFamedio delCimitero Monumentale[3].
"Nella sua illuminata riscoperta delManzoni — frequentato fin dal '54 con opere come «Il Manzoni e il silenzio dell'amore» - è confluito il meglio del suo cattolicesimo non inerte, illuminato dalle fonti francesi, Péguy e Claudel, Green e Bernanos, Teilhard De Chardin e Mounier e De Rougemont: Manzoni come la sintesi di un'esperienza cristiana che l'aveva condotto a condividere nel secondo Novecento le inquietudini della sinistra cattolica, a sostenere le speranze di rinnovamento del Vaticano II, ad anticipare le ragioni dell'incontro fra cattolici e socialisti e a coltivare con appassionata costanza il dialogo coi laici, daGobetti aGramsci, daSalvemini aSpadolini"[4].
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