Inpsicologia,psichiatria e nelsenso comune con il terminefollia opazzia si indica genericamente una condizionepsichica che identifica una mancanza diadattamento, che il soggetto esibisce nei confronti dellasocietà, spesso in maniera anche non pienamenteconsapevole, tipicamente attraverso il suocomportamento, lerelazioni interpersonali e stati psichici alterati ovvero considerati anormali fino a causare stati di sofferenza psicologica per il soggetto. La definizione di follia è influenzata dal momentostorico, dallacultura, dalleconvenzioni, quindi è possibile considerarefolle qualcosa o qualcuno che prima era normale e viceversa.[1] Spesso in ambitofilosofico esociologico si preferiscono i terminialienazione edevianza.
La follia può manifestarsi come violazione dellenorme sociali, compresa la possibilità di diventare un pericolo per se stessi e gli altri, anche se non tutti gli atti sono considerati follia. Nell'uso modernofollia è più comunemente usato come termine informale che denota instabilità mentale, o nel contesto più ristretto giuridico dell'instabilità mentale. Nella professione medica il termine è ora evitato, in favore di diagnosi più specifiche dimalattie mentali. La branca della medicina che si occupa delle malattie mentali è lapsichiatria, mentre lo studio di queste in termini generali è argomento dellapsicopatologia.[2] Ad oggi in senso medico si considerano tali tutte le psicopatologie affini allepsicosi.
«La sanità mentale necessita della follia per la propria stessa sopravvivenza e in condizioni normali chi è sano di mente cerca di conseguenza di procurarsi forme temporanee delle sue più piacevoli manifestazioni: dalla leggere euforia che si procurano feste e balli agli stati non altrettanto salutari indotti dall'alcol, dalla cocaina e da altre sostanze che alterano la coscienza»
Annoveriamo una causabiologica legata al codicegenetico; unapsicologica dovuta alle relazioni riguardanti il primo anno di vita, che incidono nella formazione dellapersonalità dell'individuo; una ambientale-sociale, in funzione alle relazioni interpersonali con il mondo circostante, possibili cause di un problematico adattamento ambientale.[1]
Quando l'adattamento non avviene sorgono nell'individuo i sistemi di disadattamento, ovverosiameccanismi che tendono ad escludere il soggetto dalla società. Tra i più diffusi vi è lascissione, ovvero l'interpretazione alterata della realtà per uscire fuori dal mondo (schizofrenia); la fuga come distacco graduale dal mondo, dagli affetti, dalle relazioni e dagli interessi sociali (depressione); leossessioni, i ritualismi e lamaniacalità del potere.
SecondoSigmund Freud ilcomportamento ordinario non è altro che il risultato di un continuo processodialettico tra la parte più selvaggia e disorganizzata del cervello, l'Es, e quella più pesata e razionale, ilSuper-io. Nel momento in cui una delle due parti prevale in maniera eccessiva sull'altra il comportamento può apparireirrazionale e privo dilogica.
«Non ci vuole niente, sa, signora mia, non s'allarmi! Niente ci vuole a far la pazza, creda a me! Gliel'insegno io come si fa. Basta che Lei si metta a gridare in faccia a tutti la verità. Nessuno ci crede, e tutti la prendono per pazza!»
Il termine follia deriva dal latinofollis, di origine onomatopeica, significavavuoto omantice.Nel corso deimillenni è profondamente variato sia il concetto di follia sia la sua interpretazione.
Nel mondo classico la follia era imprescindibilmente legata alla sferasacra: il folle rappresentava la voce deldivino, quindi da ascoltare per interpretarla.[1]
NelMedioevo, invece, il folle diventò il rappresentante deldemonio, perciò bisognava liberarlo dal male, in qualche modoesorcizzarlo. Si diffuse la dicotomiaspirito-corpo che, nel caso di malattia mentale, impose come primo atto l'intervento riparatorio sul corpo guasto, e proprio per questo motivo incapace di far esprimere lo spirito, e nel caso di insuccesso l'eliminazione fisica del folle.[senza fonte]
Un'interpretazione diametralmente opposta si ebbe nelRinascimento, basti pensare all'Elogio della follia diErasmo da Rotterdam; in questa epoca il folle venne considerato una persona diversa, sia per i valori sia per la sua filosofia di vita, e quindi andava rispettato, lasciato libero. Questa corrente di pensiero getterà le basi per la modernafenomenologia, sviluppata dalfilosofoHusserl, ma anche dallo psichiatraJaspers che influenzerà la psichiatria trasformandola in una disciplina di incontro con l'altro (il folle), per vivere insieme con il malato e comprenderlo.[1]
Se nel Medioevo i folli rischiavano ilrogo[senza fonte],ancora alla metà delSettecento eranodetenuti nellecarceri[senza fonte], poiché mancavano le strutture sanitarie specifiche; proprio in questo periodo, inFrancia, inGermania e inInghilterra si mise in moto un processo lento che consentirà entro una cinquantina di anni, grazie alla promulgazione delle primeleggi apposite, di consegnare i folli ai familiari, o in caso di mancanza, anche inserirli negliospedali oppure nei primi istituti specializzati nascenti in quell'epoca.[3]
Per quanto riguarda l'approccio terapeutico ai malati, solamente verso la fine delXVIII secolo, ilmedicochirurgoJacques René Tenon rivoluzionò la mentalità medica dell'epoca cercando di imporre il concetto di inviolabilità della persona umana e di libertà, seppur all'interno della struttura, per il malato, distinguendo la terapia medica, da quella solamente repressiva di tipo carcerario in vigore fino a quel momento.[3]
Un altro medico francese di fineXVIII secolo,Pierre Jean Georges Cabanis, portò avanti il lavoro di Tenon, progettando il primo regolamento degli istituti per malati di mente: tra le altre innovazioni, Cabanis, abolì le catene per sostituirle con corpetti di tela (camicia di forza), introdusse un diario medico informativo sul malato e sugli effetti delle terapie e soprattutto regolamentò l'ingresso e l'eventuale fuoriuscita del malato per guarigione avvenuta. Le cronache giudiziarie di quegli anni, per la prima volta, descrissero l'arresto, per omicidio, di "infermi di mente" da indirizzare nei manicomi.[3]
InInghilterra, invece, la gestione dei malati di mente era stata abitualmente appannaggio deiQuaccheri, e verso la fine delSettecento, l'ospedale diYork venne ristrutturato ed adibito a questo compito. Oltre all'introduzione della semilibertà vigilata, emersero due aspetti caratteristici: l'uso dei principireligiosi come metodo di cura e il lavoro come valore terapeutico.[3]
Nello stesso periodo, invece, in Francia si impose una visione laica nella gestione dei malati di mente, e grazie all'opera fondamentale del dottorPhilippe Pinel le ideologiedemocratiche dell'epoca si riversarono sulla mentalità e sul tipo di controllo da applicare ai folli. Questo fu il periodo in cui la conoscenza delle malattie mentali acquistò una credibilità scientifica, e le innovazioni apportate da Pinel esalteranno l'importanza del rapporto paziente/terapeuta e l'importanza deltransfert nella psicoterapia.
NelNovecentoFreud con l'intuizione della guarigione perseguibile tramite una ricerca interiore ed un rapporto più umano con il terapeuta, con tutta la architettura della psicoanalisi nel suo complesso, eJung, con la sua indagine dei contenuti simbolici degli elementi della follia e l'introduzione degliarchetipi per definirla con più chiarezza, mutarono nuovamente la storia del folle e del significato della follia.
La figura del folle è un tema ricorrente nell’arte di diverse epoche, rappresentando unprisma attraverso cui osservare lacondizione umana, lacritica sociale e leemozioni estreme. Questa figura è stata interpretata in modi diversi, da simbolo disaggezza nascosta a emblema ditrasgressione, follia o fragilità mentale.
Le raffigurazioni del folle spaziano da scene drammatiche a interpretazioni grottesche e surreali: nel Medioevo opere come l'acquamanile raffiguranteAristotele cavalcato daFillide (1380) mostrano la fragilità della ragione umana[4]. Durante il Rinascimento, Pieter Bruegel il Vecchio, conMargherita la Pazza, personifica la follia attraverso leggende popolari, dipingendo paesaggi infernali che simboleggiano il caos e l’ira[6]. In età moderna,Gustave Courbet eEdvard Munch esplorano la follia interiore. Courbet, con il suo Autoritratto di uomo disperato), cattura il tumulto emotivo del momento[6], mentre Munch, conL'urlo, trasforma l’angoscia personale in un dramma collettivo[6]. A partire dall’Ottocento, la follia diventa simbolo dilibertà ecreatività. Gli artisti moderni esplorano gli stati estremi dell’animo umano come reazione alleconvenzioni sociali e alla razionalità illuminista[5]. Questa tendenza culmina con ilRomanticismo e l'Espressionismo, dove la follia rappresenta l’irrazionale e l’ignoto, spesso associata adisturbi mentali, ma anche alla ricerca diautenticità e intensità esistenziale[6].Simbolismo esignificato
Nell’arte, il folle non è solo un emblema di pazzia, ma anche una figura che sfida la normalità, aprendo spazi di riflessione sullecontraddizioni dell’uomo[5]. Come ha dettoRobert Burton inAnatomia della malinconia: "Il mondo intero è matto"[4]. Questa visione, ancora attuale, evidenzia la perenne rilevanza della follia come metafora dell’esistenza umana[4].
NelMedioevo il frate e poetaJacopone da Todi nelle suelaudi cantò il disprezzo del mondo (contemptus mundi) e l'esaltazione mistica che conduce ad una "santa pazzia" ("Senno me par e cortesia / empazzir per lo bel Messia"; laude LXXXVII).Nel XVI secolo il filosofoErasmo da Rotterdam scrisse il già citato saggioElogio della follia in cui la Pazzia, personificata, mostra quanto sia presente nei comportamenti umani.
In ambito musicale si può citare la controversa figura diSyd Barrett, cofondatore e leader del gruppoRock psichedelicoPink Floyd, che è noto per aver sviluppato una malattia mentale in seguito ad assunzioni frequenti diLSD, fino a quando non è stato allontanato dalla band.[9]
Simon Bennett,Mind and Madness in Ancient Greeceː The Classical Roots of Modern Psychiatry, Ithaca, Cornell University Press, 1978.
Michel Foucault,Storia della follia nell'età classica, collana BUR, Rizzoli, 1963; n. ed. 1980 con in appendice i saggiLa follia, l'assenza di opera eIl mio corpo, questo foglio, questo fuoco.
Leigh Craig,The History of Madness and Mental Illness in the Middle Agesː Directions and Questions, inHistory Compass, vol. 12, 2014, pp. 729-744.
Greg Eghigian,From Madness to Mental Health. Psychiatric Disorder and Its Treatment in Western Civilization, New Brunswick, Rutgers University Press, 2010.
Greg Eghigian (a cura di),The Routledge History of Madness and Mental Health, New York, Routledge, 2017.
Thomas Graham,Medieval Minds. Mental Health in the Middle Ages, New Brunswick, George Allen & Unwin, 1967.
Roy Porter,Madnessː A Brief History, New York, Oxford University Press, 2002.
Madalina Vartejanu-Joubert,Folie et société dans l’Israël antique, Parigi, L'Harmattan, 1967.
Ettore De Monte e Davide Clemente,La follia. Storia ed epistemologia in Occidente, Roma, Editore CIsu, 2021.