Fernand Braudel nasce nel1902 in un piccolo villaggio dellaMosa, Lumeville-en-Ornois, a una quarantina di chilometri a sud di Bar-le-Duc. Suo padre, insegnante nella regione parigina, ha lì i suoi legami familiari. Da questa parte della campagna lorenese che ha tanto amato nella sua gioventù, e che ricorderà nella sua vecchiaia, trarrà la nozione dell'importanza della vita quotidiana. «Sono uno storico dalle radici contadine», dirà orgogliosamente.
Fernand Braudel diviene rapidamente cosciente del peso della storia in questa regione di frontiera: è un ragazzo di 12 anni, molto patriottico, quando vede la guerra passare vicino alla sua regione.
«Anziché avere la Francia davanti a noi, attorno a noi, noi lorenesi, l'abbiamo dietro di noi». Quel «noi lorenesi» indica l'attaccamento alle sue radici. Il suo sogno di gioventù è di fare la carriera di professore a Bar-le-Duc. «Se l'università fosse stata gentile con me, sarei stato nominato nel1923 all'istituto universitario di Bar-le-Duc, dove avrei fatto tutta la carriera». I suoi studi per il diploma di studi superiori sono consacrati a Bar-le-Duc.
Inizia la scuola a Parigi nel 1909, e avrà uncursus scolastico e universitario di rapidità straordinaria. Accettato allaagrégation di storia nel 1923, a 21 anni è nominato professore, e insegna dal 1924 al 1932 inAlgeria, prima aCostantina quindi adAlgeri. Dal 1932 al 1935 insegna negli istituti universitari Pasteur, Condorcet ed Henri IV a Parigi prima di essere incorporato, dal 1935 al 1936, nella missione francese d'insegnamento inBrasile, aSan Paolo. Nel 1937, entra allaÉcole pratique des hautes études come direttore della sezione di filosofia della storia. In questo periodo di formazione è sotto la guida diLucien Febvre, il suo futuro relatore.
L'influenza di Lucien Febvre, che incontrò su una nave in Atlantico rientrando dall'America latina nel 1937, e dei geografi che lo hanno formato negli anni 1920 fanno di Braudel un erede diretto diPaul Vidal de la Blache. Questa genesi spiega la scelta, allora profondamente innovatrice, di prendere per argomento di tesi un'area geografica.Il Mediterraneo e il mondo mediterraneo all'epoca di Filippo II, discussa nel 1947 e pubblicata nel 1949, la grande opera di Braudel, un monumento della storiografia del XX secolo, resterà un'opera unica nel contesto dell'epoca. Nel 1938, per la crescente minaccia nazista, Braudel viene arruolato nell'esercito. Fatto prigioniero a seguito della capitolazione francese, è detenuto in Germania dal 1940 al 1945.
Liberato, dirige dal 1946 al 1968, prima con Lucien Febvre e poi da solo, la rivistaAnnales, prima di lasciare il posto aJacques Le Goff. Fonda nel 1949 il "Centro di ricerca storica" che diventerà nel 1975 laÉcole des hautes études en sciences sociales. È in cattedra alCollège de France nel 1949 (cattedra di Histoire de la civilisation Moderne) dove insegnerà fino al 1972. Dal 1956 al 1972 presiede la VI sezione della École Pratique des Hautes Études (creata nel 1947) succedendo a Lucien Febvre, e redige una serie di articoli metodologici che riunirà nel 1969 nel libroScritti sulla storia. Scrive ancheL'identità della Francia e si lancia alla fine degli anni 1950 in un'opera monumentale,Civiltà materiale, economia e capitalismo dal XV al XVIII secolo in 3 volumi, pubblicata nel 1960.
Nel 1962 fonda laMaison des sciences de l'Homme a Parigi grazie a un finanziamento della fondazione Rockefeller. La sua fama è ormai mondiale: è il corrispondente di molte accademie straniere, in particolare quelle diBudapest,Monaco,Madrid,Belgrado, e riceve la nomina di dottorehonoris causa da molte università, in particolareOxford,Bruxelles, Madrid,Varsavia,Cambridge,Yale,Ginevra,Padova,Leida,Montréal,Colonia,Chicago.
I suoi scritti saranno tradotti nel mondo intero:Il Mediterraneo e il mondo mediterraneo all'epoca di Filippo II, in inglese, spagnolo, tedesco, portoghese, polacco, turco, italiano, serbo-croato, cinese, ungherese, coreano, russo, bulgaro. È eletto all'Académie française il 14 giugno 1984, a occupare il seggio diAndré Chamson. Muore il 27 novembre 1985 dopo avere ristrutturato la ricerca francese e aver partecipato all'elaborazione di un nuovo metodo storico, del qualeMediterraneo è un ottimo esempio.
Braudel articolò la sua ricerca in tre punti: modello, struttura e durata.Il modello consiste nel tentativo di interpretare la realtà. «Se è vero che la storia non si fa con ise le ipotesi[2] avanzate dallo storico francese inducono il lettore a compiere un affascinante sforzo di immaginazione, proiettandolo oltre i rigorosi confini tracciati dalla ricostruzione storica degli eventi»[3].
La struttura è la realtà durevole che permane al di sotto degli avvenimenti politici[4].
Lalongue durée è una struttura sociale che resiste con forza alle sollecitazioni.
Durante la prigionia in Germania dal 1940 al 1945, dispensa corsi di storia ai suoi compagni di prigionia e inizia la redazione della sua tesi principale. Le schede e le note accumulate a migliaia negli anni trenta erano state messe al sicuro dalla moglie Paule Braudel, ed è dunque confidando nella sola memoria che mette per iscritto tutta la sua conoscenza sulMediterraneo all'epoca diFilippo II.
Diverrà poi la sua tesi di dottorato, discussa nel 1947 e pubblicata nel 1949, con la quale conseguirà il titolo di dottore in lettere. Il lavoro ha già notevoli ripercussioni fra gli storici, e anche fra i non specialisti.
Il contributo fondamentale della sua opera consiste in:
un'inversione volontaria di peso dell'oggetto studiato (il Mediterraneo, a scapito di Filippo II) rispetto ai canoni allora dominanti nella storia politica;
un nuovo approccio della periodizzazione storica.
Divide il tempo in tre parti:
una storia quasi immobile, le cui fluttuazioni sono quasi impercettibili, che riguarda le relazioni tra l'uomo e l'ambiente (influenza diPaul Vidal de la Blache);
una storia lievemente più mossa, la storia sociale, riguardante i gruppi umani;
la storia effettiva, quella dell'agitazione di superficie.
Dei due tomi di cui si compone l'opera, la storia effettiva, cioè quella politico-diplomatica, occupa soltanto poco meno dell'ultima metà del secondo tomo: nella descrizione dei motivi per i quali le campagne del Sultano sulCaucaso ristagnano, di quelli per cui ilConestabile di Montmorency fallisce nelle sue tecniche di governo della Francia o di quelli per cuidon Giovanni d'Austria vince aLepanto, ad esempio, vi è sempre il richiamo alle acquisizioni conoscitive della prima parte, in ordine agli elementi naturali (stasi degli eserciti durante la cattiva stagione), sociali (espressi nei ceti in lotta nella guerra di religione in atto in Europa) e tecnologici (competenza migliore dell'arsenale marittimo veneziano).
Civiltà materiale, economia e capitalismo, XV-XVIII secolo
L'anno 1979 segna il secondo picco nella carriera editoriale di Fernand Braudel. In questo lavoro, Braudel difende in particolare l'idea che il capitalismo non è un'ideologia ma un sistema economico elaborato gradualmente da un gioco di strategia di poteri. Braudel nei tre volumi diCiviltà materiale, economia e capitalismo, XV-XVIII secolo (1979), un ampio studio del capitalismo preindustriale a livello mondiale, si sofferma sui temi economici che avevano interessato gli storici degliAnnales negli anni 30 ma che erano stati trascurati da questa scuola. Non si tratta di una ricerca originale ma piuttosto di una sintesi del grande lavoro svolto da molti studiosi, lavoro in parte da aggiornare. Braudel preferisce il dettaglio descrittivo piuttosto che la costruzione teoretica, evita tutte le teorie economiche, e usa i dati statistici come illustrazione piuttosto che come strumento di analisi.Braudel sostiene che i capitalisti sono stati tipicamente dei monopolisti, ma non, come si ritiene normalmente, degli imprenditori che operano in mercati dove vale la libera concorrenza. Egli sostiene che i capitalisti non crearono specializzazioni né usarono liberi mercati. Egli quindi si differenzia profondamente dalle interpretazioni sia dei liberali allaAdam Smith sia diMarx. Nella visione di Braudel, sotto il capitalismo, lo Stato ha servito e serve come garante dei monopolisti piuttosto che come protettore della libera concorrenza come viene comunemente dipinto. Egli disse che i capitalisti hanno avuto dalla loro parte il potere e l'astuzia, e con queste armi si sono schierati contro la maggioranza della popolazione. Pochi storici hanno seguito questa indicazione a eccezione diImmanuel Wallerstein.[5]
In quest'opera apparsa nel 1987, Braudel descrive in modo preciso le mentalità, le identità e le particolarità specifiche di ogni civiltà nel mondo (civiltà arabo-islamica, cinese, mongola, indiana, africana, europea...).
Civiltà e imperi del Mediterraneo nell'età di Filippo II (2 voll.), traduzione di Carlo Pischedda, CollanaBiblioteca di cultura storica n.48, Torino, Einaudi, I ed. 1953-1985; Collana Piccola Biblioteca n.85, Einaudi, 1977; Collana Piccola Biblioteca n.471, Einaudi, Torino, 1994.
Il mondo attuale (2 voll.), Le civiltà extraeuropee, Le civiltà europee, Collana Piccola Biblioteca n.55, Torino, Einaudi, 1966. trad. Gemma Miani
Problemi di metodo storico, a cura di, Bari-Roma, Laterza, 1973.
Scritti sulla storia, Milano, A. Mondadori, 1973.
La storia e le altre scienze sociali, a cura di, Bari-Roma, Laterza, 1974.
Capitalismo e civiltà materiale (secoli XV-XVIII), Torino, Einaudi, 1977.
La dinamica del capitalismo, Bologna, il Mulino, 1977.
^NelMediterraneo all'epoca di Filippo II individua nella mancata decisione di spostare la capitale iberica aLisbona l'opportunità mancata dell'Impero diFilippo II, che si rinchiuse nella sua natura continentale abbandonando ogni proiezione oceanica; nelleMemorie del Mediterraneo enuncia la mancata trasformazione del Mediterraneo in un "lago greco", imputandola alla decisione diAlessandro Magno di marciare verso l'Asia anche dopo labattaglia di Isso.
^Barbot, Michela,E se Fernand Braudel avesse dialogato anche col diritto? : immaginando un destino più istituzionale per il pensiero braudeliano, Cheiron: materiali e strumenti di aggiornamento storiografico: 60, 2, 2013 (Roma : Bulzoni, 2013).
^Immanuel Wallerstein, "Braudel on Capitalism, or Everything Upside Down."Journal of Modern History 1991 63(2): 354-361. ISSN 0022-2801 Fulltext:in Jstor