La polemica di Burke sulla Rivoluzione francese stimolò il dibattito in Inghilterra in modo molto ampio. Ad esempio l'anglo-americanoThomas Paine rispose alleRiflessioni conI diritti dell'uomo, mentreWilliam Godwin scrisse l'Inchiesta sulla giustizia politica, condannando gli esiti sanguinosi della rivolta, ma senza ripudiare i principi che l'avevano ispirata, come fece invece Burke. LeRiflessioni suscitarono anche la reazione della filosofa proto-femministaMary Wollstonecraft, che replicò prima in forma anonima sullaAnalytical Review e poi, visto il successo della polemica, firmando col proprio nome nel pamphletA Vindication of the Rights of Men, in a Letter to the Right Honourable Edmund Burke, (1790), che è considerato uno dei primi interventi politici del femminismo moderno.
Burke ha elaborato una filosofia complessa e articolata[4], pubblicando persino un'opera sull'estetica che ebbe una certa influenza[2], e collaborò attivamente con l'Annual Register.
Nato aDublino, inIrlanda, Edmund Burke era figlio di unavvocatoprotestante e di unacattolica, il cui cognome, prima del matrimonio era Nagle. Burke venne educato alla fede del padre e rimase per tutta la vita unanglicano praticante. Dopo aver frequentato la scuola deiQuaccheri a Ballitore (contea diKildare), nel1744 entrò alTrinity College di Dublino. Nel1747 fondò un proprio circolo di discussione, l'Edmund Burke's Club[5]. Si laureò alTrinity College nel 1748[6] (la famosa istituzione lo ha onorato erigendogli una statua). Burke senior voleva che il figlio si inserisse nel mondo dell'avvocatura e lo mandò quindi aLondra, nel1750. Nella capitale inglese Burke cominciò l'esercizio forense pressoMiddle Temple, una delle quattro associazioni professionali inglesi di cui deve essere membro ogni avvocato, ma ne uscì quasi subito.[2]
La prima opera di Burke ad essere pubblicata fuA Vindication of Natural Society: A View of the Miseries and Evils Arising to Mankind from every species of Artificial Society, apparso anonimo nel1756. Progettato forse per attaccare i principî "anarchici" dei filosofiilluministi che pretendono di fondare lo Stato sui teoremi della ragione, senza tener conto della complessità della natura umana, oltre e contro il suo intento satirico, si trasformò in una denuncia dei mali della società mercantile, che rappresentano il lato oscuro, non eliminabile, del progresso civile.[7]
Nello stesso periodo Burke conobbe William Gerard Hamilton. Quando Hamilton fu nominato Ministro per l'Irlanda, Burke divenne suo segretario - incarico che avrebbe svolto per tre anni - e lo seguì aDublino. Nel1765 Burke divenne segretario privato delmarchese di Rockingham, esponente di spicco dei Whig, che, in quell'anno era diventatoprimo ministro. Lord Rockingham e Burke sarebbero rimasti amici e alleati fino alla prematura morte del primo, avvenuta nel1782.[2]
Nel1765 Burke entrò nelParlamento britannico, eletto allaCamera dei comuni. Il collegio elettorale, in cui si candidò, apparteneva alla categoria dei “Borghi putridi”,[8] cioè ai territori che, a causa di una ridotta popolazione, erano di fatto sotto il controllo di un notabile, solitamente il maggiore proprietario terriero della zona. Il collegio in questione eraWendover, “feudo” di Lord Fermanagh, un alleato di Rockingham. In Parlamento Burke giocò un ruolo fondamentale nel dibattito sui limiti costituzionali dell'autorità regia. Si batté con forza contro un potere regio privo di restrizioni, sostenendo il ruolo deipartiti politici nel mantenere un principio di opposizione, in grado di arginare gli abusi del re o dilobby all'interno delgoverno. La sua più importante pubblicazione sul tema fuPensieri sulle cause del malcontento attuale (tit. or.Thoughts on the Cause of the Present Discontents) del1770. Burke appoggiò le rivendicazioni delle colonie americane contro il governo di reGiorgio III e dei suoi rappresentanti. Fece sentire la sua voce anche contro le persecuzioni deicattolici inIrlanda e denunciò gli abusi e la corruzione operati dallaCompagnia britannica delle Indie orientali.[2]
Nel1769 Burke pubblicò, in risposta aGeorge Grenville, ilpamphletL'attuale stato della Nazione (tit. or.The Present State of the Nation). Nello stesso anno acquistò la piccola tenuta di Gregories, vicino aBeaconsfield. Il prezzo fu saldato per la maggior parte con denaro preso a prestito. Anche se questa tenuta di seicento acri conteneva una collezione d'arte, comprendente opere diTiziano, nondimeno nei decenni seguenti si sarebbe dimostrata un pesante fardello finanziario. Sempre nello stesso anno fu iniziato inmassoneria a Londra, nellaLoggia Jerusalem N. 44.[9] I suoi discorsi e i suoi scritti l'avevano ormai reso famoso e, tra l'altro, avevano fatto sospettare che fosse l'autore delleLettere di Giunio (Letters of Junius), violenti attacchi contro il governo, che si riveleranno in seguito opere autografe delsaggista Philip Francis. Nel1773 Burke visitò laFrancia, dove aVersailles vide per la prima, e unica volta, i futuri sovraniLuigi XVI eMaria Antonietta.
Nel1774 venne eletto a rappresentareBristol, al tempo la seconda città dell'Inghilterra e, quindi, un collegio in cui la contesa elettorale era abbastanza libera. Il suo discorso agli elettori, tenuto dopo la vittoria, si fece notare per la difesa dei principi della democrazia rappresentativa contro l'idea secondo cui gli eletti dovessero agire esclusivamente a difesa degli interessi dei propri elettori. Il supporto che Burke fornì al libero commercio con l'Irlanda e il suo sostegno all'emancipazione dei cattolici, argomenti impopolari tra i suoi elettori, gli fecero perdere il seggio nel1780. Per il resto della sua carriera parlamentare, Burke rappresentòMalton, un altro collegio elettorale controllato da Rockingham.[2]
Sotto il governotory diLord North, la guerra inAmerica andò sempre peggio. Fu anche grazie ai discorsi di Burke che la guerra finì. A questo periodo appartengono due delle sue opere più brillanti: il discorsoConciliazione con l'America (Conciliation with America) del1775 e laLettera agli Sceriffi di Bristol (Letter to the Sheriffs of Bristol,1777). La caduta deltory North riportò ilwhig Rockingham al potere. Burke divenne Paymaster of the Forces (un lucroso incarico, relativo al finanziamento delle truppe) econsigliere privato del re, ma la morte inaspettata di Rockingham, avvenuta nel luglio1782, pose fine al suo mandato dopo pochi mesi.[2]
Burke sostenne allora il nuovo governo formato dalDuca di Portland, in cui coabitavano i Whig e i Tory, una decisione che in seguito molti considereranno il suo peggior errore politico. Durante questo breve governo di coalizione continuò a rivestire l'incarico di Paymaster. La coalizione cadde nel1783 e fu seguita dal lungo governoTory diWilliam Pitt il Giovane, che durò fino al1801. Burke rimase all'opposizione sino al1793, anno in cui ruppe definitivamente con il leader WhigCharles James Fox e passò, assieme ad altri esponenti del partito, comeWilliam Windham e il nipote di Rockingham, con i Tory diPitt. Nel1785 pronunciò il famosoDiscorso sui debiti del nababbo di Arcott. L'attacco contro il Governatore delBengala,Warren Hastings, ebbe come conseguenza l'incriminazione di Hastings. Il processo, di cui Burke fu il maggior promotore, durò dal1787 fino alla definitiva assoluzione di Hastings nel1794.[2]Gli anni seguenti furono caratterizzati invece dalla strenua lotta contro i principi dellarivoluzione francese, in particolare con l'operaRiflessioni sulla rivoluzione in Francia, opera di ispirazioneconservatrice,controrivoluzionaria estoricista.
Nel1794 Burke subì un duro colpo, causato dalla morte del figlio Richard, a cui era molto legato. In quello stesso anno finì il processo contro Hastings con sentenza di assoluzione[10]. Burke sentì di aver fatto il suo tempo e, stanco, decise di lasciare ilParlamento. Il Re, che aveva apprezzato le sue posizioni sullaRivoluzione francese, voleva nominarloConte di Beaconsfield, ma dopo la morte del figlio, a Burke non interessavano più i titoli nobiliari. Accettò solo una pensione di 2.500sterline. Seppur modesto, il vitalizio fu contestato dal Duca di Bedford e dal Conte di Lauderdale. A loro Burke diede una bruciante risposta inLettera a un nobile Lord (Letter to a Noble Lord,1796). In quello stesso anno uscirono i suoi ultimi scritti: leLettere su una pace regicida (Letters on a Regicide Peace), nelle quali Burke si schierava contro i negoziati di pace con laFrancia.[2]
IlBello, secondo Burke, è ciò che è ben formato ed esteticamente gradevole, quindi possiedebellezza, mentre ilSublime è ciò che ha il potere di costringerci a fare qualcosa e di distruggerci.[11][12][13] Nell'idea di Burke è sublime "tutto ciò che può destare idee di dolore e di pericolo, ossia tutto ciò che è in un certo senso terribile o che riguarda oggetti terribili, o che agisce in modo analogo al terrore"; il sublime può anche essere definito come "l'orrendo che affascina" ("delightful horror").[12][13] La natura, nei suoi aspetti più impressionanti, come mari burrascosi, cime innevate, paesaggi crepuscolari o eruzioni vulcaniche, diventa dunque la fonte del Sublime perché "produce la più forte emozione che l'animo sia capace di sentire", un'emozione però negativa, non prodotta dalla contemplazione del fatto in sé, ma dalla consapevolezza della distanza insuperabile che separa il soggetto dall'oggetto. Descrivendo gli atteggiamenti fisici legati all'esperienza di tale effetto (quali una semi-chiusura degli occhi, un rilassamento dei muscoli, l'apertura della bocca in fare contemplativo) ci fa intendere come il Sublime trovi nascita in cose che incutono timore, distanziate, mentre il Bello derivi invece da cose piacevoli, arrivando a stimolare il soggetto anche in connessione allasessualità.[12][13]
Le origini delle nostre idee del bello e del sublime, secondo Burke, possono essere definite comprendendo le loro strutture e le loro cause. In accordo alla fisica emetafisica aristotelica, il nesso causale può essere suddiviso in cause formali, materiali, efficaci e finali. Lacausa formale della bellezza è lapassione d'amore; lacausa materiale riguarda le caratteristiche degli oggetti, quali la grandezza, la morbidezza o la delicatezza dell'oggetto; lacausa efficace è, ad esempio, la calma che l'oggetto provoca in noi; lacausa finale è laprovvidenza divina. Secondo l'anglistaMario Praz, Burke introduce un concetto di sublime "irrazionale" basato su sensazioni ed emozioni individuali. Questo sarà alla base anche delromanzo gotico a partire daHorace Walpole.[15]
«Non escluderei del tutto le alterazioni ma - anche se dovessi mutare - muterei per preservare: grave dovrebbe esser l'oppressione per spingermi al mutamento. E nell'innovare, seguirei l'esempio dei nostri avi, farei la riparazione attenendomi il più possibile allo stile dell'edificio. La prudenza politica, un'attenta circospezione, una timidezza di fondo morale più che dovuta a necessità, furono tra i primi principi normativi dei nostri antenati nella loro condotta più risoluta.»
(Riflessioni sulla Rivoluzione in Francia)
Prima edizione delleRiflessioni sulla Rivoluzione in Francia
L'ultima battaglia culturale di Burke fu quella contro la Rivoluzione francese. Dato il suo sostegno all'indipendenza americana e la campagna contro la prerogativa regia, la sorpresa fu grande nell'ambiente politico e culturale britannico quando Burke diede alle stampe leRiflessioni sulla Rivoluzione in Francia nel1790, in risposta alle lettere di un gentiluomo.
«Voi avrete veduto, Signore, leggendo la lunga lettera da me inviatavi, che (sebbene io abbia il più vivo desiderio di veder regnare in Francia uno spirito di ragionevole libertà e sebbene io pensi che secondo tutte le regole di una buona politica voi dovreste affidare ciò a un corpo permanente nel quale tale spirito risieda o ad un organo esecutivo per mezzo del quale esso trovi attuazione) tuttavia con sommo rammarico devo dire che nutro molti dubbi intorno a varie circostanze di fatto inerenti alle ultime vicende politiche del vostro paese.»
(Introduzione alleRiflessioni)
Il politico anglo-irlandese divenne uno dei primi critici dellaRivoluzione francese, che considerava non un movimento diretto a creare una democrazia costituzionale e rappresentativa, bensì una rivolta violenta contro la tradizione e la legittima autorità, un esperimento sconnesso dalla complessa realtà della società civile che, prevedeva, sarebbe finito disastrosamente.[16]
Grandi ammiratori di Burke, comeThomas Jefferson eCharles James Fox, lo accusarono di essere diventato reazionario e nemico dellademocrazia.Thomas Paine scrisseI diritti dell'uomo nel1791 come risposta a Burke. Peraltro, altri sostenitori della democrazia, comeJohn Adams, e alcuni decenni dopo anche noti liberali, comeAlexis de Tocqueville, concordarono con Burke, così come il drammaturgo italianoVittorio Alfieri, contemporaneo di Burke, che pure era sempre stato un accanito critico dei regimi monarchici.
Inoltre, molte previsioni di Burke sullo sviluppo della rivoluzione furono confermate, con l'esecuzione di reLuigi XVI (21 gennaio1793), ilTerrore (1793-luglio1794) e l'affermarsi del regime autocratico diNapoleone Bonaparte (1799-1814).[2] Burke, pur essendo ungiusnaturalista, non riconosce il fondamento razionale deidiritti umani sancita dalla rivoluzione. Scrive Burke nella sua opera:
«Fare una rivoluzione significa sovvertire l'antico ordinamento del proprio paese; e non si può ricorrere a ragioni comuni per giustificare un così violento procedimento. […] Passando dai principî che hanno creato e cementato questa costituzione all'Assemblea Nazionale, che deve apparire e agire come potere sovrano, vediamo qui un organismo costituito con ogni possibile potere e senza alcuna possibilità di controllo esterno. Vediamo un organismo senza leggi fondamentali, senza massime stabilite, senza norme di procedura rispettate, che niente può vincolare a un sistema qualsiasi. [...] Se questa mostruosa costituzione continuerà a vivere, la Francia sarà interamente governata da bande di agitatori, da società cittadine composte da manipolatori di assegnati, da fiduciari per la vendita dei beni della Chiesa, procuratori, agenti, speculatori, avventurieri tutti che comporranno un'ignobile oligarchia, fondata sulla distruzione della Corona, della Chiesa, della nobiltà e del popolo. Qui finiscono tutti gli ingannevoli sogni e visioni di eguaglianza e di diritti dell'uomo. Nella "palude Serbonia" di questa vile oligarchia tutti saranno assorbiti, soffocati e perduti per sempre.»
(Edmund Burke,Riflessioni sulla Rivoluzione in Francia)
Burke attaccò poi laCostituzione francese del 1791, approvata dall'Assemblea nazionale sulla base dellaDichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del1789: a suo dire la nuova costituzione preparava il terreno a disastri politici, negando altresì ogni paragone tra essa e ilBill of Rights inglese del1689 (gloriosa rivoluzione),quello americano recente o perfino ladichiarazione d'indipendenza degli Stati Uniti d'America. Burke riconosceva la paternità sullarivoluzione inglese degliempiristi comeLocke e sul cambiamento della sensibilità aNewton eHobbes (a differenza di conservatori comeGiacomo Casanova che disconosceranno l'origine illuminista della rivoluzione francese), pur appartenendo alla corrente anti-utilitarista. Tuttavia traccia una netta divisione tra gli eventi inglesi e americani e quelli francesi, vedendo i secondi come un evento distruttivo e da deprecare. Tuttavia Burke non tiene in considerazione il legame che la cacciata e fuga del re cattolicoGiacomo II Stuart, abbandonato dal suo esercito[17] nel 1689 in favore dei protestantiGuglielmo III eMaria II ha comunque storicamente con larivoluzione inglese diCromwell (1649) in cuiCarlo I fu decapitato come accadrà aLuigi XVI, e che in Irlanda vi furono comunque scontri armati. Allo stesso tempo però entrambe le rivoluzioni furono attuate dal legittimo Parlamento britannico e non da una sommossa popolare. Egli cita i cromwelliani regicidi solo come paragone ai deputatiradicals filo-giacobini del suo tempo.[18]
La critica serrata che Burke muove nelleRiflessioni allaRivoluzione francese parte da un nodo ed un presupposto fondamentali. Secondo lo statista anglo-irlandese, la rivoluzione francese è irrimediabilmente destinata alla catastrofe, perché essa poggia le proprie fondamenta ideologiche su nozioni astratte, che hanno la pretesa di essere razionalmente fondate, ma che al contrario ignorano la complessità della natura e dellasocietà umane. Burke considerava lapolitica da un punto di vista pragmatico, e rigettava le idee ed ilrazionalismo astratto dei filosofi dell'Illuminismo, come ilmarchese di Condorcet, secondo i quali lapolitica poteva essere ridotta ad un mero sistema basato sullamatematica e su una rigidalogica deduttiva.
Montesquieu nel 1728. Fu l'unico filosofo illuminista stimato da Burke.
Formatosi sugli scritti diCicerone,Aristotele,Platone,Sant'Agostino nonché del giurista illuministaMontesquieu, Burke credeva in un governo basato sul "sentimento degli uomini", piuttosto che sul freddo raziocinio. Per tale motivo ricorrono spesso, nelleRiflessioni, giudizi negativi e di aperta condanna contro tutti quegli esponenti dell'Illuminismo, soprattutto francese, comeVoltaire (di cui ignora, in quanto considerato un proto-ideologo rivoluzionario, la concezione antipopolare e monarchica),Rousseau,Helvétius,Turgot, che negavano o snaturavano i concetti delPeccato originale e dellaDivina Provvidenza, e dell'azione di quest'ultima all'interno della società umana (seppur molti dei suoi ammiratori anche parziali prescinderanno da ciò, ad esempioKarl Popper,Hannah Arendt,Ernst Nolte, laicizzandone il pensiero).[19]
«Per quattrocento anni [noi inglesi] siamo andati avanti, ma non posso credere che non siamo materialmente cambiati. Grazie alla nostra diffidenza verso le innovazioni, grazie alla neghittosità del nostro carattere nazionale, ancora possediamo la tempra dei nostri padri. Noi non abbiamo perduto - come io credo - la liberalità e la dignità di pensiero del quattordicesimo secolo, né però abbiamo fatto di noi stessi dei selvaggi. Noi non siamo i proseliti di Rousseau né i discepoli di Voltaire; Helvétius non ha attecchito tra noi. Gli atei non sono i nostri predicatori, né i folli i nostri legislatori.[20]»
(Riflessioni sulla Rivoluzione in Francia)
Comeanglicano ewhig, Burke non condivide la nozione di "diritto divino" tipica dei sovrani cattolici, ma, controRousseau, egli difende il ruolo centrale del diritto allaproprietà privata, dellatradizione e del "pregiudizio" (quest'ultimo inteso come l'adesione di un popolo a un complesso di valori privi di giustificazioni razionali coscienti), la garanzia dei quali volge gli uomini ai comuni interessi di prosperità nazionale ed ordine sociale. Egli si mostra favorevole a riforme moderate e graduali, purché esse rientrino in un ordine costituzionale.
Burke insiste sul fatto che una dottrina politica fondata su nozioni astratte come lalibertà, l'uguaglianza e i diritti dell'uomo può essere facilmente utilizzata da coloro che detengono o concorrono al potere per giustificare azioni tiranniche ed oppressive. In tal modo egli sembra profeticamente preannunciare i disastri e le atrocità che avverranno inFrancia di lì a poco sotto ladittatura diRobespierre, durante ilRegime del Terrore, sostenendo che nemmeno Rousseau stesso avrebbe appoggiato la Rivoluzione.[19]
«Io credo che se Rousseau fosse ancora in vita, in uno dei suoi momenti di lucidità, rimarrebbe attonito alla vista dell'effettiva follia dei suoi discepoli, che nei loro paradossi appaiono come suoi servili imitatori...[21]»
(Riflessioni sulla Rivoluzione in Francia)
Secondo Burke la capacità di ragionamento e discernimento degli uomini è limitata ed essi preferiscono perciò affidarsi proprio ai loro pregiudizi. Egli difende i "pregiudizi" umani in virtù della loro utilità pratica: attraverso essi l'individuo può determinare rapidamente le decisioni da prendere nelle situazioni incerte; in poche parole, negli esseri umani i "pregiudizi" possono esserebuon senso e «fanno dell'abitudine una virtù».[16]
Cause della Rivoluzione e suoi esiti secondo Burke
«Guardo alla costituzione francese, non con approvazione ma con orrore, giacché contiene in sé tutti quei principî da avversare, gravidi di pericolose conseguenze che dovrebbero essere grandemente temute ed aborrite.[23]»
(Edmund Burke alla Camera dei comuni)
Pur riconoscendo che la grande sommossa seguita agli Stati generali era avvenuta a causa di errori politici precedenti (spese eccessive della corte, esclusione dei nobili e dell'alto clero dalla tassazione), Burke sosteneva che vi fosserointeressi occulti di carattere finanziario dietro la Rivoluzione. Egli lanciò inoltre un'accusa contro i filosofi dei circoli parigini e quegli ideologigiacobini dell'Assemblea Nazionale, come ilvicarioSieyès, che, da «architetti della rovina, stavano calpestando ogni regola e tradizione nell'astratto e pericolosissimo intento di faretabula rasa del passato». Rivolgendosi inoltre a tutti coloro che non rispettano la tradizione, radicatasi da secoli, li accusa di pura presunzione, condannando così la ragione individualistica e razionalistica per difendere quella collettiva e religiosa.[19]
«Tutti gli uomini che si rovinano, lo fanno dalla parte delle loro inclinazioni naturali.»
(Edmund Burke,Lettere su una pace regicida, 1796)
Burke individuò la prima parte di questa cospirazione neiphilosophes e negliidéologues come Sieyès che fin dagli inizi del secolo dominavano la cultura francese. Questi "chierici laici" (come li definì Burke nelleRiflessioni) erano stati inizialmente soggetti al controllo delleaccademie, fondate verso la fine delXVII secolo daLuigi XIV. Durante i regni successivi, tuttavia, la loro emancipazione si era sempre accresciuta, essendo venuti meno, da una parte, il patrocinio dellaCorona con la presa di distanza diLuigi XV dagli enciclopedisti (conseguente all'attentato diDamiens e poi alla morte dellaPompadour) e dellaChiesa, e dall'altra ilmecenatismo dell'aristocrazia, fino a trasformarsi in una vera e propria macchina ideologica.Philosophes eidéologues si erano perciò riorganizzati intorno ad imprese editoriali indipendenti, come quella che aveva varato il vasto progetto dell'Encyclopédie, guidate da sottili ideologi che miravano alla distruzione dellareligione cristiana.[16]
Tuttavia, secondo Burke, dietro a molti "chierici" radicali, si celavano figure più sinistre e pragmatiche, denominate, nella terminologia burkeana, come "speculatori" ("speculator") o "agitatori" ("stock-jobber").[19]
La seconda parte in causa nellacongiura era infatti rappresentata proprio dai creditori della Corona francese, che Burke definiva unalobby finanziaria. Suo scopo primario era quello di imporre gli assegnati come unica valuta legale in tutti i settori dell'economia francese. Nel medio-lungo termine tale consorteria intendeva imporre una dittatura sulloStato e sulla stessa proprietà terriera. Inoltre l'imposizione degli assegnati come unicacarta moneta avrebbe generato di lì a poco un aumento vertiginoso del tasso d'inflazione ed una grave recessione.[19]
LaRivoluzione quindi era stata provocata, secondo questa visione, dai creditori delloStato, pronti ad impossessarsi dei terreni ecclesiastici per poter poi controllare tutta lasocietà, e da una classe intellettualelaicista (atea odeista), dominata da un sentimento anticristiano, che aveva come unico scopo l'espropriazione e il sovvertimento delclero e dellaChiesa.[19]
Burke credeva che l'intesa tra questi gruppi sovversivi non fosse affatto accidentale, infatti, nei vent'anni precedenti la Rivoluzione, dai germi seminati dalla cultura deiLumi, erano nate grandi e pericolose cospirazioni, come quella degliIlluminati diBaviera, un gruppo che si era scisso dallamassoneria. In tuttaEuropa, intanto, gliStati stavano sprofondando in un indebitamento sempre più pesante, che li avrebbe ben presto condotti allabancarotta, fino a divenire così facili prede dei loro stessi creditori.[19]
Nella ricostruzione di Burke, questi creditoribancari eborghesi della Corona francese sarebbero stati lalobby finanziaria dietro la Rivoluzione, che era identificata in maniera simile a quella che, secondo iTories, aveva fatto istituire aiWhig laBanca d'Inghilterra durante il regno diGuglielmo III, fondando ildebito pubblico al posto del debito della Corona britannica.[24] In un passo delleRiflessioni, Burke nomina gli "agenti di cambiogiudei", ma a parte ciò non parla mai di un "complotto ebraico", come accadrà nel secolo seguente con iclichéantisemiti incentrati sulla "finanza ebraica" e sull'usura da essa esercitata.[25]
Il secondo evento cruciale dellaRivoluzione, così come Burke vedeva le cose nel1789-90, era rappresentato dai fatti diVersailles del5-6 ottobre 1789, quando la folla invase gli appartamenti diLuigi XVI e della sua famiglia, minacciando fisicamente il sovrano e costringendo la corte ad abbandonare lareggia. Egli descrive tutte le violenze morali perpetrate controMaria Antonietta, prevedendone in un certo senso la fine brutale e umiliante (che avverrà tre anni dopo sullaghigliottina) finendo col fare di lei il simbolo della fine di un'età della cavalleria, da lui amaramente rimpianta, contrapponendo anche la civiltà dell'onore a quella del denaro. Sebbene in questo punto sembri in qualche modo cedere al purosentimentalismo, Burke ebbe però il grande merito di riportare alla memoria un importante concetto disociologia storica.[16] Ifilosofi della storia britannici e francesi, le cui opere erano ben note al Burke, concordavano tutti sul considerare lo sviluppo dellacavalleria inepoca medievale, e soprattutto l'atteggiamento nei riguardi delladonna idealizzata (si vedano i concettiamor cortese edolce stil novo), quali fattori capitali per la formazione di quel codice di comportamento del "gentiluomo", sia aristocratico che delleélite rurali ed urbane (si pensi allagentry), che aveva modificato completamente il costume degli europei moderni rispetto a quello degli antichi.[16]
«Sono ormai passati sedici o diciassette anni da quando scorsi per la prima volta la Regina di Francia, allora laDelfina, a Versailles, e certo mai visione più leggiadra venne a visitare questa terra, ch'essa sembrava appena sfiorare. La vidi al suo primo sorgere all'orizzonte, decorare ed allietare quella sfera elevata in cui aveva appena incominciato a muoversi, fulgida al pari dellastella del mattino, piena di vita e di splendore e di gioia. Oh! quale rivoluzione! e quale cuore dovrei aver io per contemplare senza commozione quell'elevatezza e quella caduta! […] Non avrei mai sognato di vivere abbastanza [a lungo] da vedere un disastro del genere abbattersi su di lei in una nazione d'uomini così galanti, in una nazione d'uomini d'onore e di cavalieri. Nella mia immaginazione vedevo diecimila spade levarsi subitamente dalle loro guaine a vendicare foss'anche uno sguardo che la minacciasse d'insulto. Ma l'età della cavalleria è finita. Quella dei sofisti, degli economisti e dei contabili è giunta; e la gloria dell'Europa giace estinta per sempre. Mai, mai più, vedremo quella generosa lealtà al rango e al sesso, quell'orgogliosa sottomissione, quella dignitosa obbedienza, quella subordinazione del cuore, che manteneva vivo, anche nella stessa servitù, lo spirito di un'elevata libertà! La generosa magnanimità di vita, la disinteressata difesa della patria, alimentatrice di grandi sentimenti e di eroiche imprese, tutto è finito. È finita quella sensibilità dei principi, quella castigatezza dell'onore per la quale una leggera violazione valeva come un colpo, ispirava il coraggio e mitigava la ferocia, nobilitava tutto ciò che toccava togliendo perfino al vizio una metà della sua degradazione e purificando ogni grossolanità.[26]»
La folla assalta Maria Antonietta alle Tuileries (1792), episodio avvenuto quasi tre anni dopo il primo assalto dopo la marcia di Versailles del 1789 (Museo della Rivoluzione francese)
NelleLettere su una pace regicida (1795-96), prevedendo che la Francia tenterà l'invasione delRegno Unito, ricorda che le sue previsioni si sono avverate e, ammonendo anche l'ambasciatoreaustriaco, che nessuna trattativa di pace si può avviare col governo piùmoderato delDirettorio, nato dalla reazione termidoriana ma guidato o sostenuto da molti degli stessi rivoluzionariregicidi (riferimento ai variBarras,Sieyes,Tallien,Fouché,Fréron...) le cui mani erano ancora «esalanti del sangue della figlia diMaria Teresa, che mandarono mezza morta su un carro da letame verso una crudele esecuzione».[27]
Caricatura di Burke in ginocchio davanti a Maria Antonietta, frontespizio di un'edizione statunitense delleRiflessioni
In questa visione di donna angelicata di Burke, Maria Antonietta viene descritta come un modello impalpabile di virtù superiore, mentre le donne popolane che guidarono lamarcia su Versailles assumono invece connotati bestiali e materiali, probabilmente per contrasto dei ferocilibelli satirici contro la regina che circolavano nel periodo pre-rivoluzionario, anticipatori delle accuse, anche a sfondo sessuale, che le vennero mosse alprocesso del 1793 accanto alla principale imputazione dialto tradimento.[28]
Buona fortuna! (God Speed!) diEdmund Blair Leighton, 1900: scena diamor cortese eromantico, e cavalleria medievale in una rappresentazione del tardovittoriano, raffigurante una dama che concede il suo "favore" a un cavaliere in assetto di battaglia; dipinto di scuolapreraffaellita che risente dello stile esteticoromantico-decadente sul bello e il sublime enunciato già da Burke nel 1756.
Alcuni avversari politici arrivarono a sospettare che Burke fosse affetto dadisordine mentale, o che, visto il suo forte turbamento per i provvedimenti antiecclesiastici presi dall'Assemblea francese, fosse in realtà segretamentecattolico.[29]
Burke lega altresì questi eventi alla propria concezione estetica, ripresa poi dalromanticismo (si veda ilMedioevo inglese, seppur idealizzato, diWalter Scott o deipreraffaelliti), che lo porta a deplorare anche le moderate concessioni dell'Assemblea Nazionale, assai simili peraltro alle limitazioni imposte ai monarchi britannici dal Parlamento inglese. Per questoestetismo e sentimento cavalleresco maantifemminista, per altro condiviso da molte donne della piccola nobiltà e della borghesia francese (ad esempio la pittrice di corteÉlisabeth Vigée Le Brun che dirà: «Allora regnavano le donne. La rivoluzione le ha detronizzate») viene criticato dallafemminista ingleseMary Wollstonecraft (1759-1797). L'immagine burkiana di Maria Antonietta minacciata dal potere (quasi una modernaAntigone) e non difesa dai cavalieri, conseguenza delle idee espresse già nel1756 nel saggioA Philosophical Enquiry into the Origin of Our Ideas of the Sublime and Beautiful, viene stigmatizzata dalla pensatrice britannica inA Vindication of the Rights of Men: Burke associava infatti l'idea delBello anche con quella della debolezza e dellafemminilità, mentre aveva identificato l'idea delSublime con quella dellaforza (in senso di virtù) e quindi dellavirilità. La Wollstonecraft gli ritorce quelle definizioni, sostenendo che tali "descrizioni teatrali" rendono i lettori delle "femminucce infiacchite" e lo accusa di difendere una società non egualitaria fondata anche sull'emarginazione delle donne.[30] Difendendo le virtù repubblicane, la Wollstonecraft invoca l'etica dellaclasse media in opposizione ai viziosi codici di comportamento dell'aristocrazia.[31] Illuministicamente, ella crede nel progresso e deride il Burke per il suo attaccamento ai vecchi costumi e alle antiche tradizioni: se infatti si fosse sempre rimasti fedeli alle più antiche tradizioni, per conseguenza si dovrebbe tuttora essere favorevoli perfino all'antichissimo sistema dellaschiavitù (sebbene Burke non sia contrario al progresso politico e di costume, bensì sia contrario alla sua estremizzazione e velocità travolgente, il che farebbe di lui unconservatore spaventato dagli eventi, ma non un veroreazionariotradizionalista comeJoseph de Maistre). La Wollstonecraft contrappone poi all'esaltazione deivalori feudali fatta dal Burke l'immagineborghese dell'idillica vita di campagna (peraltro non troppo distante dalla borghesia di campagna inglese), nella quale ogni famiglia sviluppa la propria esistenza in unafattoria soddisfacendo i propri bisogni con un lavoro semplice e onesto. Questa visione della società le appare l'espressione di sentimenti sinceri, in contrasto coi sentimenti fittizi sui quali si fonderebbe la visione reazionaria del Burke.[19]
Previsioni su Napoleone e giudizi di contemporanei
Infine Burke mise in evidenza come l'instabilità ed il disordine generale, che avrebbero accompagnato e seguito laRivoluzione, avrebbero reso l'esercito, ossia laGuardia nazionale francese, incline adammutinarsi o a sostenere un ruolo chiave all'interno delle dispute fra fazioni ideologiche e politiche. Egli affermò che un generale carismatico, capace di farsi amare ed obbedire dai suoi soldati, una volta spentisi i fuochi maggiori del disastro rivoluzionario, avrebbe potuto rapidamente divenire «padrone dell'Assemblea e dell'intera nazione». Pareva egli così predire l'avvento della dittatura militare e dell'imperonapoleonico. In seguito lo storico franceseJean Jacques Chevallier affermò: «Burke,Cassandra amara e frenetica, denunciava le future calamità che la Rivoluzione avrebbe prodotto. I fatti volgevano nella direzione da lui preannunciata e gli davano ragione, sempre più ragione».[32]
Questi fatti e opinioni di Burke, e il disaccordo sulla loro interpretazione, portarono alla rottura dell'amicizia tra il pensatore e Fox e, da un punto di vista più generale, alla divisione delPartito Whig. Nel1791 Burke pubblicò l'Appello dai nuovi ai vecchi Whig (Appeal from the New to the Old Whigs), in cui rinnovò le sue critiche ai programmi radicali ispirati dalla Rivoluzione francese e attaccò iWhig che li appoggiavano. Gran parte del partito seguì Burke e si unì al governo tory diWilliam Pitt il Giovane (che pure aveva delle riserve sulleRiflessioni pur ammirandone lo stile), che dichiarò guerra allaFrancia rivoluzionaria nel1793. A Burke risposero ancheThomas Paine conThe Rights of Men, la citataMary Wollstonecraft conA Vindication of the Rights of Men[33] (1790) eWilliam Godwin conInchiesta sulla giustizia politica, quest'ultimo condannò le violenze giacobine più estreme ma giustificò pienamente la rivoluzione.
A Burke è attribuito un celebre aforisma, in varie formulazioni, in realtà mai scritto o pronunciato: «Perché il male trionfi è sufficiente che i buoni rinuncino all'azione.»[34] La frase non è presente in nessuna delle sue opere. La falsa attribuzione potrebbe essere nata da un celebre libro di citazioni, il Bartlett's Familiar Quotations, uscito nel 1905.[34]
La sua origine potrebbe risalire a una citazione simile diJohn Stuart Mill: «Gli uomini malvagi non hanno bisogno che di una cosa per raggiungere i loro scopi, cioè che gli uomini buoni guardino e non facciano nulla», che a sua volta si sarebbe ispirato a una frase dello stesso Burke, contenuta inPensieri sulle cause dell'attuale malcontento (1770): «Quando i malvagi si uniscono, i buoni devono associarsi. Altrimenti cadranno uno ad uno, un sacrificio spietato in una lotta disprezzabile».
Riflessioni sulla Rivoluzione in Francia (1790), a cura di V. Beonio Brocchieri, L. Cappelli Editore, Bologna 1930; a cura di M. Respinti, Ideazione Editrice, Roma 1998; a cura di M. Gervasoni, Giubilei Regnani, Cesena 2020.
Scritti politici di Edmund Burke, a cura di A. Martelloni, Unione Tipografico-Editrice Torinese, Torino 1963.
Difesa della società naturale (1756), a cura di I. Cappiello, Liberilibri, Macerata 1993; rist. 2009.
Pensieri sulla scarsità (1795), a cura di A. Sezzi, manifestolibri, Roma 1997; a cura di A. Casillo, Istituto Liberale, Torino 2020.
Scritti sull'Impero: America, India, Irlanda, a cura di G. Abbattista e D. Francesconi, UTET, Torino 2008.
Discorso sulla mozione di conciliazione con le colonie americane (1775), traduzione di N. Carpentieri, IBL Libri, Torino 2015.
Tre memoriali sulla questione francese (1797), a cura di G.M. Arrigo, Aracne, Roma 2021.
Storia e tradizione. Due lettere e un discorso, a cura di G.M. Arrigo, Mimesis, Milano-Udine 2022.
^La frase venne scritta quando Burke seppe che la plebe di Parigi aveva fatto irruzione negli appartamenti della regina Maria Antonietta (La politica e gli Stati, a cura di Raffaella Gherardi, pag 239,ISBN 978-88-430-5992-8.)
^La posizione di Burke era favorevole alle proteste sollevate dai coloni contro l'abuso del potere regio in quanto a suo parere - come poi si verificò - quest'ultimo avrebbe potuto portare ad un vero e proprio scontro bellico tra i coloni e la madrepatria, cosa che laGran Bretagna doveva assolutamente evitare. Proprio per questo egli, pur comprendendone le richieste, si oppose nettamente all'indipendenza delle colonie americane.
^E. Burke,Lettere su una pace regicida, IV lettera
^L. Hunt,The Many Bodies of Marie Antoinette. Political Pornography and the Problem of the Feminine in the French Revolution, in L. Hunt (a cura di),Eroticism and the Body Politic, Baltimore-London, The Johns Hopkins University Press, 1991, pp. 108-130
^Jean-Jacques Chevallier,Le grandi opere del pensiero politico. Da Machiavelli ai nostri giorni, Trad. it. di D. Barbagli. Bologna, Il Mulino, 1998.
^Titolo completo:A Vindication of the Rights of Men, in a Letter to the Right Honourable Edmund Burke; Occasioned by His Reflections on the Revolution in France.