Ildiritto internazionale penale è una branca deldiritto internazionale volta a proibire e sanzionare uncrimine ritenuto tale a livello internazionale.
Quale requisito di perseguibilità, a differenza deidelitti internazionali (che restano nell'esclusivo ambito della responsabilità collettiva dello Stato, di cui l'autore è rappresentante)[1], per questi gravissimi crimini (contro la pace, contro l'umanità, di guerra, genocidi) la comunità internazionale chiama direttamente gli autori a risponderne.
Le modalità di questa risposta variano nei secoli, a seconda del sistema processuale decentrato[2] o accentrato di accertamento dei fatti: esso, ultimamente, è andato incentrandosi suitribunaliad hoc o le Corti internazionali.
Il fatto che il titolare della rappresentanza o direzione di uno Stato (o di altro ente dotato disoggettività internazionale) compia un crimine internazionale - diventandone responsabile personalmente e non potendosi farsi scudo della sovranità dello Stato inadempiente - lo assoggetta ad unagiurisdizione "universale".Quest'ultima ha anch'essa registrato un'evoluzione: ai suoi esordi, si trattava di un processo che l'organo dello Stato sconfitto in guerra subiva ad opera dello Statocaptor: così avvenne aNorimberga ed aTokyo. Successivamente - ed in relazione a crimini internazionali che venivano in rilievo alConsiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nell'ambito della sua competenzaex capo VII della Carta - si è proceduto alla costituzione delTribunale penale internazionale per l'ex-Jugoslavia e delTribunale penale internazionale per il Ruanda.
Infine, nel 1998 è stato aperto alla firma loStatuto di Roma, a seguito del quale nel 2002 ha iniziato a funzionare laCorte penale internazionale.
La possibilità di perseguire i pirati in alto mare, sancita dalle convenzioni internazionali contro lapirateria del secolo XIX, è considerata oramai diritto consuetudinario, così come il “diritto di inseguimento” in alto mare.
Il diritto pattizio più recente ha ulteriormente esteso la categoria dei comportamenti delittuosi dei privati rilevanti sotto il profilo della cooperazione penale internazionale, accrescendo gli strumenti a disposizione degli Stati per reprimere questi gravi fenomeni di illecito: si possono citare il trattato contro la schiavitù, quello contro il crimine di apartheid, la serie di convenzioni contro la pirateria aerea e contro il terrorismo internazionale, la convenzione contro la tortura, ecc.
Tali previsioni restano di rango pattizio e vincolano solo gli Stati parte ma, paradossalmente, sono assai più solide nel loro ingresso nell'ordinamento nazionale degli Stati: le relative fattispecie penali, infatti, sono definite con precisione in testi scritti e, in qualche modo, rispettano - mercé l'autorizzazione alla loro ratifica recata per legge approvata dal Parlamento - lariserva di legge che nelleCostituzioni moderne copre la previsione di nuovi reati.
Al contrario, la più generale previsione di crimini internazionali - ad opera di consuetudini internazionali - si è prestata ad obiezioni in merito alla minore determinatezza della fattispecie incriminatrice ed alla legalità formale della relativa procedura[3].La definizione dei crimini internazionali ad opera dellacodificazione deglielements of crime - contenuta all'articolo 8 delloStatuto di Roma - ha ovviato a questo secondo problema, visto che il relativo trattato internazionale è stato ratificato dai Parlamenti degliStati membri e contiene una determinazione delle singole fattispecie assai precisa: essa è stata ulteriormente definita dalla giurisprudenza dellaCorte penale internazionale, che da quel trattato è stata istituita.
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