Ilcastagno europeo (Castanea sativaMill., 1768), in Italia più comunemente chiamatocastagno, è unalbero appartenente allafamigliaFagaceae[2]. Negli ultimi decenni è stato sovente introdotto, per motivi fitopatologici, il castagno giapponese (Castanea crenata). Le popolazioni presenti in Europa sono perciò principalmente riconducibili a semenzali di castagno europeo o a castagni europei innestati sul giapponese o aibridi delle due specie.
Il castagno è una delle più importanti essenze forestali dell'Europa meridionale, in quanto ha riscosso, fin dall'antichità, l'interesse dell'uomo per i molteplici utilizzi. Oltre all'interesse intrinseco sotto l'aspetto ecologico, questa specie è stata largamente coltivata, fino ad estenderne l'areale, per la produzione dellegname e del frutto. Quest'ultimo, in passato, ha rappresentato un'importante risorsa alimentare per le popolazioni rurali degli ambienti forestali montani e, nelle zone più fresche prealpine, d'altacollina, in quanto erano utilizzate soprattutto per la produzione difarina di castagne.
L'importanza economica del castagno ha attualmente subito un drastico ridimensionamento: la coltura da frutto è oggi limitata allecultivar di particolare pregio e anche la produzione del legname da opera si è marcatamente ridotta. Del tutto marginale, infine, è l'utilizzo delle castagne per la produzione della farina, che ha un impiego secondario nell'industria dolciaria.
Si ritiene che buona parte delle superfici forestali a castagno siano derivate da una rinaturalizzazione di antiche coltivazioni abbandonate nel tempo[3], mentre la coltivazione si è ridotta alle stazioni più favorevoli, dove è possibile ottenere le migliori caratteristiche merceologiche del castagno, in particolare il legname[3].
Il castagno è una pianta arborea, con chioma espansa e rotondeggiante ed altezza variabile, dai 10 ai 30 metri. il castagno è una specieeliofila,caducifoglie elatifoglie. I castagni sono alberi molto longevi, possono diventare plurimillenari. La fioritura avviene a giugno e la fruttificazione a settembre-ottobre a seconda delle varietà.
In condizioni normali sviluppa un grossofusto colonnare, concorteccia liscia, lucida, di colore grigio-brunastro. La corteccia deirami è di colore bianco ed è cosparsa dilenticelle trasverse. Con il passare degli anni, generalmente dai quarant'anni in poi, la corteccia inizia a fessurarsi longitudinalmente a partire dal colletto.
Lefoglie sono alterne, provviste di un breve picciolo e, alla base di questo, di due stipole oblunghe. La lamina è grande, lunga anche fino a 20-22 cm e larga fino a 10 cm, di forma lanceolata, acuminata all'apice e seghettata nel margine, con denti acuti e regolarmente dislocati. Le foglie giovani sono tomentose, ma a sviluppo completo sono glabre, lucide e di consistenza coriacea.
Ifiori sono unisessuali, presenti sulla stessa pianta. I fiori maschili sono riuniti in piccoli glomeruli a loro volta formantiamenti eretti, lunghi 5–15 cm, emessi all'ascella delle foglie. Ogni fiore è di colore biancastro, provvisto di unperigonio suddiviso in 6 lobi e unandroceo di 6-15 stami. I fiori femminili sono isolati o riuniti in gruppi di 2-3. Ogni gruppo è avvolto da un involucro di brattee dettocupola.
Il frutto è unanoce, comunemente chiamatocastagna, conpericarpo di consistenza cuoiosa e di colore marrone, glabro e lucido all'esterno, tomentoso all'interno. La forma è più o meno globosa, con un lato appiattito, dettopancia, e uno convesso, dettodorso. Il polo apicale termina in un piccolo prolungamento frangiato, dettotorcia, mentre il polo prossimale, dettoilo, si presenta leggermente appiattito e di colore grigiastro. Questa zona di colore chiaro è comunemente dettacicatrice. Sul dorso sono presenti striature più o meno marcate, in particolare nelle varietà del gruppo dei marroni. Questi elementi morfologici sono importanti ai fini del riconoscimento varietale.
Gli acheni sono racchiusi, in numero di 1-3, all'interno di un involucro spinoso, comunemente chiamatoriccio, derivato dall'accrescimento della cupola. A maturità, il riccio si apre dividendosi in quattro valve. Ilseme è ricco diamido.
Il castagno è una speciemesofila e moderatamente esigente in umidità[4][5]. Sopporta abbastanza bene i freddi invernali, subendo danni solo a temperature inferiori a -25 °C[4], ma diventa esigente durante la stagione vegetativa. Per questo motivo il castagno ha una ripresa vegetativa tardiva, con schiusura dellegemme in tarda primavera e fioritura all'inizio dell'estate. Al fine di completare il ciclo di fruttificazione, la buona stagione deve durare quasi 4 mesi. In generale tali condizioni si verificano nel piano montano (600–1300 m) delle regioni mediterranee o in alta collina più a nord. In condizioni di umidità favorevoli può essere coltivato anche nelle stazioni fresche delLauretum, spingendosi perciò a quote più basse. Condizioni di moderata siccità estiva determinano un rallentamento dell'attività vegetativa nel mezzo della stagione e una fruttificazione irregolare[4]. Lenebbie persistenti e la piovosità eccessiva nei mesi di giugno e luglio ostacolano l'impollinazione incidendo negativamente sulla fruttificazione.
Nelle prime fasi tollera un moderato ombreggiamento, fatto, questo, che favorisce una buonarinnovazione nei boschi maturi, ma in fase di produzione manifesta una maggiore eliofilia.
Corteccia e lenticelle nei giovani getti.
A fronte delle moderate esigenzeclimatiche, il castagno presenta notevoli esigenzepedologiche, perciò la sua distribuzione è strettamente correlata alla geologia del territorio. Sotto l'aspetto chimico e nutritivo, la specie predilige i terreni ben dotati dipotassio efosforo e dihumus. Le condizioni ottimali si verificano conpH diterreni neutri o moderatamenteacidi; si adatta anche ad un'acidità più spinta, mentre rifugge in genere daisuoli basici, in quanto ilcalcare è moderatamente tollerato solo nei climi umidi[4]. Sotto l'aspettogranulometrico predilige i suoli sciolti o tendenzialmente sciolti, mentre non sono tollerati i suoliargillosi o, comunque, facilmente soggetti airistagni. In generale sono preferiti i suoli derivati da rocce vulcaniche (tufi,trachiti,andesiti, ecc.), ma vegeta bene anche nei suoli prettamente silicei derivati dagraniti,arenarie quarzose, ecc., purché sufficientemente dotati di humus. I suoli calcarei sono tollerati solo nelle stazioni più settentrionali, abbastanza piovose, mentre sono mal tollerate lemarne.
Il castagno vegeta in un areale circumediterraneo, a estensione frammentata, che si estende dallapenisola iberica alle regioni delCaucaso prossime alMar Nero[6]. In Europa, la maggiore estensione si ha nelle regioni occidentali: è diffuso nel centro e nord delPortogallo e nelle regioni settentrionali dellaSpagna, in gran parte del territorio della Francia, fino ad estendersi nel sud dell'Inghilterra, nel versantetirrenico dellapenisola italiana e nell'arco alpino fino ad arrivare allaSlovenia e allaCroazia. Qui l'areale si interrompe per riprendere dalle regioni meridionali dellaBosnia e delMontenegro ed estendersi in gran parte dei territori dell'Albania, dellaMacedonia e dellaGrecia. Infine riprende dalle regioni occidentali dellaTurchia, estendendosi a quelle settentrionali lungo ilMar Nero, giungendo fino alCaucaso.
InItalia[6][7] vegeta nellazona fitoclimatica delCastanetum, a cui dà il nome, estendendosi anche nelle zone più fresche delLauretum, per introduzione da parte dell'uomo. In genere si ritrova su quote variabili dai 200 metri s.l.m. fino agli 800 m nelle zone alpine, mentre nell'Appennino meridionale può spingersi fino ai 1000-1300 metri. La distribuzione è frammentata perché legata a particolari condizioni climatiche e geologiche. La maggiore diffusione si ha perciò in tutto il versante tirrenico della penisola, dallaCalabria allaToscana e allaLiguria, e nel settore occidentale dell'arco alpino piemontese. Nel versanteadriatico e nelTriveneto la sua presenza è sporadica e nellaPianura Padana è praticamente assente. Nelle isole è presente in areali frammentati nelle isole maggiori, circoscritti alle stazioni più fresche. La concentrazione di maggior rilievo si ha inCampania, (Irpinia) che contribuisce per circa il 50% all'intera produzione nazionale di castagne.
È dunque una tipica essenza degli ambienti boschivi collinari e di quelli montani di bassa quota. L'ecosistema forestale tipico del castagno è laforesta decidua temperata mesofila, dove forma associazioni in purezza o miste, affiancandosi alleQuercus (per lo piùfarnia eroverella), alfrassino, alcarpino nero, alnoce, alnocciolo, ecc. Per le sue caratteristiche è una specie strettamente associata alla roverella, tipica mesofita della foresta mediterranea decidua.
Un vecchio e maestoso esemplare in Inghilterra, con una circonferenza del fusto di quasi 10 metri.Castagno secolare in Scozia
Sul castagno c'è una sostanziale incertezza in merito al suo "indigenato", ovvero alla sua origine, ai processi che ne hanno determinato la sua distribuzione e alla natura delle formazioni forestali in cui è presente. In passato si riteneva che la specie fosse originaria del bacino sudorientale delMar Nero (regioni delPonto e delCaucaso occidentale) e che da qui fu propagato, nel corso dei secoli, daiGreci e daiRomani. Secondo più recenti teorie che si basano su studipalinologici, si ritiene che il castagno abbia trovato rifugio in alcune limitate zone durante l'ultima glaciazione (Würm), quando è avvenuta una generale contrazione delle superfici forestali in Europa. La più grande e riconosciuta zona rifugio si localizza nelCaucaso e nel nord dell'Anatolia. Altre zone rifugio si sono individuate in Italia nei versanti tirrenici dell'Appennino settentrionale ecentrale dalla Liguria al Lazio e nelle zone collinari nei pressi dellago di Garda (Monti Lessini,Colli Berici eColli Euganei), in Spagna lungo le coste dellaCantabria e inGalizia, in Francia nei pressi del dipartimento diIsère, ed infine in Grecia nei rilievi delPeloponneso, dellaTessaglia e dellaMacedonia Centrale. Dopo la glaciazione il castagno ha visto una forte espansione ad opera dell'uomo già a partire dal periodoNeolitico assieme alnoce da frutto e alle colture cerealicole[8][9].
La massima diffusione in tutta l'Europa ebbe inizio con iGreci, fu ampliata daiRomani e proseguì ininterrottamente nel corso delMedioevo per opera degli ordini monastici[6][7]. Lo scopo di questa estensione era la sua duplice funzione, come risorsa amidacea (castagne) e tecnologica (legname da opera).
Castagni inGalizia (Spagna), la regione spagnola con la maggiore vocazione per la castanicoltura.Castagno secolare in Corsica
La crisi del castagno ebbe inizio a partire dalRinascimento, presumibilmente in concomitanza con ilprogresso tecnico inagricoltura e con il crescente sviluppo dellacerealicoltura[6]. Da allora e fino all'Ottocento, il castagno subì un lento e progressivo abbandono, nonostante si verificassero espansioni di portata locale che, nel corso dei secoli, fecero variare la distribuzione della castanicoltura, almeno in Italia.
Alla fine dell'Ottocento iniziò il declino vero e proprio della castanicoltura, protraendosi per decenni a causa del concorso di molteplici cause: l'evoluzione delle abitudini alimentari delle popolazioni europee, l'introduzione di materiali alternativi quali ilmetallo e laplastica nell'allestimento di manufatti e opere infrastrutturali, civili e agricole, la crisi dell'industria deltannino dopo glianni trenta, il crescente interesse verso altre specie forestali da legno alternative al castagno (robinia eciliegio), la pressione antropica sugli ambienti forestali.
Nel complesso, la castanicoltura si è fortemente ridimensionata, ed è circoscritta alle aree di maggiore vocazione, sia per le castagne sia per il legno, mentre i castagneti progressivamente abbandonati nel corso dei secoli sono scomparsi o si sono evoluti verso un'associazione boschiva rinaturalizzata.
Il frutto è utilizzato da tempi antichissimi, come si è detto, per la produzione difarina di castagne. Questo impiego ha oggi un'importanza marginale e circoscritta alla produzione di dolci tipici, come ilcastagnaccio e il Panmorone (dolce tipico diCampomorone). Ancora diffusa è invece la destinazione dei frutti di buon pregio al consumo diretto, concentrato nei mesi autunnali, e alla produzione industriale di confetture emarron glacé. Interesse del tutto marginale ha il possibile impiego dei frutti come alimento per gli animali domestici.
La corteccia e il legno del castagno sono particolarmente ricchi ditannini (circa il 7%) e possono essere impiegate per la sua estrazione, destinata alleconcerie. Questa destinazione d'uso, in Italia, ha riscosso un particolare interesse nei primi decenni delXX secolo, epoca in cui l'industria del tannino nazionale faceva largo impiego del castagno, ma dopo il1940 ha perso importanza sia per la contrazione di questo settore sia per il ricorso, come materia prima, al legno di scarto[6].
Il legno di castagno[5] è caratterizzato dalla formazione precoce deldurame, perciò presenta unalburno sottile. Il durame è bruno, mentre l'alburno è grigio chiaro. Strutturalmente è un legno eteroxilo con porosità anulare e tende a sfaldarsi in corrispondenza degli anelli[10].
Fra i suoi pregi si citano la durevolezza e la resistenza all'umidità, perciò si presta per l'impiego comelegno strutturale; la facilità di lavorazione lo rendono adatto ad essere impiegato per la realizzazione di vari manufatti. È inoltre un legno semiduro, adatto secondariamente anche per lavori diebanisteria.
La precocità di formazione del durame rende inoltre possibile l'attuazione di turni diceduazione relativamente brevi, naturalmente in funzione del tipo di assortimento mercantile richiesto. Ladensità è dell'ordine di 1 t/m³ nel legno fresco e di 0,58 t/m³ per quello stagionato.
Il legno lavorato presenta tonalità variabili dal giallo al rossastro, venature sottili e una spiccata nodosità.
Per le sue caratteristiche tecnologiche, il castagno è stato tradizionalmente usato per molteplici impieghi e la realizzazione di travi, pali, infissi, doghe per botti, mobili e cesti oltre alla già citata estrazione del tannino. NelleValli del Natisone, questa pianta è utilizzata per l'armatura dellegerle nell'ambito dellacesteria[11]. Attualmente la sua destinazione principale è l'industria del mobile.
L'apicoltura è un'attività accessoria che può appoggiarsi alla castanicoltura. Pur avendo impollinazione prevalentemente anemogama, i fiori maschili del castagno sono bottinati dalleapi, che ne raccolgono ilpolline ed ilnettare:[12] perciò questa pianta è considerata mellifera. Ilmiele di castagno[13] ha una colorazione variabile dall'ambra al bruno scuro, retrogusto amaro, resiste alla cristallizzazione per lungo tempo, è particolarmente ricco difruttosio epolline. La sua produzione si localizza naturalmente nelle zone a maggiore vocazione per la castanicoltura e, principalmente, nella fascia submontana fra i 500 e i 1000 metri dialtitudine, lungo l'arco alpino, in Emilia-Romagna, e sul versante tirrenico della fascia appenninica e nelle zone montane della Sicilia settentrionale.
L'uso del castagno a scopo medicamentoso è un aspetto marginale, tuttavia questa specie è consideratapianta officinale nella farmacopea popolare[14]: per il contenuto in tannini, la corteccia ha proprietà astringenti, impiegabile in fitocosmesi per il trattamento dellapelle. Alle foglie, oltre alle proprietà astringenti, sono attribuite proprietà blandamente antisettiche e sedative dellatosse.
Sempre nella farmacopea popolare di alcune regioni, la polpa delle castagne, cotta e setacciata, trova impiego in fitocosmesi per la preparazione di maschere facciali detergenti ed emollienti[14].
Il Castagno dolce è anche uno dei 38fiori di Bach, secondo cui l'essenza ricavata dai suoi fiori, associata alle qualità di robustezza e longevità della pianta, viene consigliata per superare le difficoltà d'animo e guadagnare fiducia[15].
Innesto a spacco diametrale. A: marze; B: capitozzatura del soggetto e spacco diametrale; C: inserimento delle marze nello spacco; D: legatura; E: applicazione del mastice.
Il castagneto, sia da frutto sia da legno, si governa comeceduo o comefustaia, tuttavia quest'ultimo è meno frequente.
La propagazione del castagno è contestualizzata alla situazione operativa. Si possono verificare i seguenti casi:
Impianto di un nuovo castagneto
Recupero di un vecchio castagneto
Nel primo caso si ricorre alla propagazione per seme, seguita dall'innesto, che in genere si applica solo per icastagneti da frutto. Nel secondo caso si ricorre alla propagazione vegetativa con la ceduazione, sfruttando l'attitudinepollonifera del castagno, oppure alla propagazione mista, basata sullamatricinatura.
Innesto a corona. A: marze; B: capitozzatura del soggetto e incisione corticale; C: inserimento delle marze nelle incisioni; D: legatura; E: applicazione del mastice.
La propagazione per seme si effettua impiegando il materiale da popolazioni di selvatici. Le castagne vengono eventualmentestratificate, al fine di prevenire la pregerminazione, e seminate inprimavera. La semina si effettua in vivaio, insemenzaio, invaso o infitocella, oppure direttamente in campo. La semina diretta offre la minore percentuale di fallanze, mentre il trapianto è aleatorio soprattutto con semina in semenzaio. Del tutto sconsigliato è il trapianto dei cosiddettiselvaggioni, ossia dei semenzali nati dalla rinnovazione naturale estirpati dalla loro sede in quanto si ottiene una percentuale molto alta di fallanze[16]. La semina diretta si effettua disponendo le castagne in numero di 2-3 in ogni buca.
La densità di semina o di impianto, secondo la tecnica, è dell'ordine di 4-5q di seme adettaro e di 2000 piantine ad ettaro[16].
Innesto a zufolo o ad anello. A: marza a una gemma con anello di corteccia; B: incisioni anulari sul soggetto; C: scortecciatura del soggetto; D: applicazione della marza; E: legatura.
L'innesto è una pratica indispensabile per il castagno da frutto, necessaria per ottenere le varietà desiderate. L'innesto si pratica sui semenzali oppure sui polloni emessi con la ceduazione. Gli innesti amarza si praticano con marze di 1-2 anni di età e si differenziano in varie tipologie in base al rapporto di età fra portinnesto e marza: sui polloni di 3-5 anni di età si effettua in genere l'innestoa spacco diametrale, inserendo due marze agli estremi del taglio, oppure quelloa corona, inserendo 2 o 3 marze in fenditure praticate sulla corteccia del portinnesto capitozzato. Su polloni o su semenzali di 1-2 anni si pratica invece l'innestoa spacco pieno; in questo caso, infatti, marza e portinnesto hanno pressoché lo stesso diametro. I migliori risultati si ottengono con l'innesto a spacco pieno[16]. L'innesto agemma si pratica invece con la tipologiaa zufolo oad anello su semenzali o polloni di 1-2 età. Fornisce buoni risultati ma presenta più vincoli in merito al periodo utile.
Gli innesti si praticano alla fine del periodo di riposo, prima della ripresa vegetativa. Per gli innesti a corona e quelli a gemma è necessario che le piante sianoin succhio. Con questo termine si indica quella fase, immediatamente precedente la ripresa vegetativa, durante la quale ilcambio è già entrato in attività, favorendo il distacco della corteccia dal legno.
Ilceduo è attualmente la forma più comune di governo dei castagneti. Dato lo scopo principale che aveva il ceduo di castagno, destinato alla produzione di assortimenti da trasformare in pali per l'elettrificazione e per usi agricoli, è indicato spesso con il termine dipalina di castagno[3][5]. Nei nuovi impianti si avvia tagliando le piantine dopo 2 o 3 anni mentre nei vecchi castagneti abbandonati si tagliano a raso le ceppaie. In entrambi i casi vengono emessi i polloni, sui quali si praticherà l'innesto 1 o più anni dopo.
Il ceduo semplice si governa tagliando a raso al termine del turno tutte le ceppaie. Questa pratica è consentita negli impianti artificiali, mentre nei boschi i regolamenti ammettono la matricinatura. Nel ceduo matricinato si lasciano, ad ogni taglio, un certo numero di piante, dettematricine, il cui compito è quello di consentire la rinnovazione. Poiché il castagno ha una buona capacità di rinnovazione l'intensità della matricinatura è inferiore a quella ordinaria, riducendosi a 40-60 matricine per ettaro. Ilceduo disetaneo è praticato tradizionalmente solo in alcune località dellaSardegna, dellaToscana e delVeneto[16].
Lafustaia differisce dal ceduo per avere una minore densità di piante e un solo fusto per ogni ceppaia. Si ottiene per evoluzione dai cedui, prolungandone il turno e selezionando i fusti che presentano i requisiti. Rappresenta la forma tradizionale di governo dei castagneti da frutto, soprattutto nelle regioni settentrionali, mentre in molte zone dell'Italia meridionale ci si orientava verso il ceduo da frutto.
Una fustaia plurisecolare.
Le densità del castagneto, a regime, dipendono dal tipo di governo e dalle condizioni di fertilità del suolo. Nei cedui si adottano intensità molto variabili, da minimi di 2-300 ceppaie a massimi di oltre 1000 ceppaie, con riferimento all'ettaro di superficie. Nelle fustaie si hanno invece densità dell'ordine di 100-200 piante ad ettaro.
La durata del turno dipende dall'indirizzo produttivo. Per i castagneti da frutto si adottano turni piuttosto lunghi, poiché la produzione di regime ha inizio a 30-50 anni dall'innesto. Per i castagneti da legno si adottano invece turni variabili secondo il tipo di assortimento mercantile richiesto. In passato si adottavano anche turni piuttosto brevi, dell'ordine di 6 anni. Questi erano finalizzati a fornire assortimenti per usi che oggi sono di marginale importanza, come ad esempio il legno per intrecci.
Gli orientamenti attuali si attestano su turni di 16-18 anni, in grado di fornire un'alta resa in assortimenti grossi e intermedi, che sono quelli richiesti dal mercato. In condizioni ottimali di fertilità, come si verifica ad esempio nei suoli di origine vulcanica e ben dotati di sostanza organica, il ceduo di castagno manifesta le migliori prestazioni produttive, con ritmi di incremento della massa legnosa paragonabili a quelli delle essenze esotiche da legno.
L'abbandono definitivo dei pali di castagno, ancora impiegati per le linee elettriche o telefoniche, indirizza la domanda di assortimenti mercantili verso il legname da sega, destinato all'industria del mobile. Questa evoluzione del mercato richiede assortimenti di diametro e lunghezza adeguati e nel tempo porta all'abbandono della castanicoltura da legno nelle stazioni meno fertili e ad un prolungamento del turno di ceduazione, con una durata ottimale di circa 25 anni[16].
Riccio di varietà del gruppo dei "Marroni".Castagne cadute da unaCastanea sativa.
Per le sue prerogative, in quanto coltivato dall'antichità e secondo consuetudini locali, il castagno vanta un vasto patrimonio genetico costituito da varietà di interesse regionale, ottenute nel corso dei tempi propagando singoli cloni[17]; spesso tipi ascrivibili alla stessa origine genetica hanno denominazioni differenti secondo la località. Le varietà più pregiate sono quelle atte allacanditura, usate per la produzione delmarron glacé, e sono genericamente chiamateMarrone associandone il nome alla località di provenienza.
Contrariamente a quanto si pensa non tutte le varietà a frutto grosso rientrano nel gruppo dei marroni. Il marrone ha infatti le seguenti caratteristiche[17]:
frutto di grossa pezzatura, in numero di uno per riccio;
Altre varietà, non comprese nel gruppo dei marroni, sono di pezzatura grossa e adatte alla canditura: sono tali laMontemarano oCastagna di Avellino, alcune varietà piemontesi (Castagna della Madonna,Marrubia), ilmarroncino diMelfi e un gruppo di varietà denominate genericamenteGarrone.
Levarietà destinate all'essiccazione o all'estrazione di farina sono di importanza marginale e da tutelare per la conservazione delgermoplasma in quanto posseggono spesso particolari proprietà qualitative o fisiologiche. Fra le più famose è citata la toscanaCarpinese oMontanina, varietà a frutto piccolo adatta alla produzione di farina.
I tipi adatti alla castanicoltura da legno sono stati invece selezionati da vecchie varietà da farina che presentavano particolari requisiti ai fini della selvicoltura: rapido accrescimento, regolarità dei fusti, limitata emissione di rami e grandi dimensioni. Questi requisiti sono infatti finalizzati ad ottenere, in tempi relativamente brevi, assortimenti mercantili di discrete dimensioni e di buona qualità tecnologica.
Va infine citata l'introduzione degli ibridiCastanea sativa x crenata, per la castanicoltura da frutto inPiemonte e per la castanicoltura da legno inFrancia[17].
Marrone nel riccio 2019 (Castagneto Ca Brusada - Valle del Garza)
IlCastagno dei Cento Cavalli, ritenuto uno dei più antichi d'Europa.Castagno MiragliaBoschi e Rocche del Roero - "la Castagna Granda"
La presenza del castagno fin dall'antichità ha fatto sì che alcuni esemplari, ancora oggi esistenti, abbiano un particolare valore storico, culturale, paesaggistico e, come tali, sono definiti alberi monumentali.
La Salle (Valle d'Aosta). Noto comeLo Tsahagnèr de Derby, è considerato il più famoso (anche perché l'unico castagno monumentale) della Valle d'Aosta e uno dei più vecchi alberi d'Italia. È l'unico castagno da frutto, in Italia, di dimensioni eccezionali[18]. L'albero, a fusto grosso, singolo e stratificato, è ubicato vicino al villaggio della regione alpina, ha una circonferenza di 7,63 metri e un'altezza di 27 metri. L'età è di circa 400 anni. Si può raggiungere tranquillamente a piedi, a cinque minuti dal paese alpino, in località Saint-Ours, a monte del villaggio di Derby. Riconosciuto come albero monumentale dalla Regione nel 1993, è protetto dalla legge regionale[19].
Melle (Piemonte). Noto comeTabudiera grossa o Tabudiera de Titta, ha una circonferenza di 9,6 m e un'altezza di 30–32 m. L'età presunta è di circa 300 anni[20][21].
Bioglio (Piemonte). Ha una circonferenza di 10,5 m e un'altezza di 15–18 m. L'età stimata è di 350 anni[21][22].
Monteu Roero (Piemonte). Ha una circonferenza di 10,5 m a petto d'uomo, di 14 m alla base, un'altezza di 12 m. L'età stimata è di 350 anni come per gli esemplari di Bioglio e Melle[23].
Sant'Alfio (Sicilia). Noto comeCastagno dei Cento Cavalli, è considerato il più famoso d'Italia e uno dei più vecchi alberi d'Europa. Ad esso sono associate leggende e note storiche e ad esso si sono ispirati artisti e letterati. L'albero è ubicato alle falde dell'Etna, ha una circonferenza di 22 metri e un'altezza di 22 metri. L'età è incerta e secondo varie fonti è stimata dai 2000 ai 4000 anni[20][24][25].
Mascali (Sicilia). Noto comeCastagno della Nave, ha un'età incerta ma presumibilmente millenaria. Ubicato sulle falde dell'Etna, nella stessa stazione del Castagno dei Cento Cavalli a circa 300 metri da questo, ha una circonferenza di 20 m e un'altezza di 19 m[25][26][27].
Tonara (Sardegna). Ubicato a circa 800 m, è uno degli esemplari più notevoli della regione, con una circonferenza di 8,5 m e un'altezza di 15 m[28].
Camaldoli (Toscana). Noto comeCastagno Miraglia, ha un'età presunta di 400 anni. Si tratta di uno degli esemplari più notevoli in Toscana, con una circonferenza alla base di 8,8 m e un'altezza di 19 m. Il nome è dedicato a Elena Miraglia, moglie del Direttore Generale del Ministero dell'Agricoltura alla fine dell'Ottocento[29].
Valle Castellana (Abruzzo). IlPiantone di Nardò ha una circonferenza basale di oltre diciassette metri ed un'età presunta di oltre cinquecento anni. Si trova all'interno di un bosco sito nella frazione Morrice di Valle Castellana (TE).[senza fonte]
Come dettaglio ricorrente nel paesaggio rurale e strettamente correlato alla civiltà contadina, il castagno è frequentemente citato nella letteratura, in genere come elemento di sfondo del contesto specifico o, talvolta, come oggetto specifico dell'opera. Quelli che seguono sono solo alcuni esempi tratti dallaletteratura italiana.
«Ivi forse una balestra rimosso dall'altre abitazioni della terra, tra ulivi e nocciuoli e castagni, de' quali la contrada è abondevole, comperò una possessione»
Nel1771,Giuseppe Parini (1729-1799), su incarico dellaCasa d'Asburgo, descrisse i festeggiamenti in onore delle nozze fraFerdinando d'Asburgo-Este eMaria Beatrice d'Este inDescrizione delle feste celebrate in Milano per le nozze delle LL. AA. RR l'Arciduca Ferdinando d'Austria e l'Arciduchessa Maria Beatrice d'Este fatta per ordine della Real Corte l'anno delle medesime nozze[32]. In un passo di quest'opera descrive uno dei carri allegorici del corteo, che rappresentava un castagno, sotto la cui chioma pascolava un gregge dipecore.
«Il primo di questi, che nella sua perfetta semplicità venne giudicato bellissimo, era un carro rappresentante un piccolo spazio di terreno, sopra di cui elevavasi un alto castagno. All'ombra di questo forse dodici pecore stavano pascendo l'erbe; e un biondo e rubicondo pastore, appoggiandosi al tronco…»
(Giuseppe Parini,Descrizione delle feste…)
Ippolito Nievo (1831–1861), nel secondo capitolo del romanzoLe confessioni d'un italiano, ricorre alla metafora del pollone emesso dalla vecchia ceppaia di castagno, per descrivere il rapporto che legava la giovane Clara, fin dalla sua infanzia, alla nonna inferma[33].
«Sembrava fin d'allora il rampollo giovinetto di castagno che sorge dal vecchio ceppo rigoglioso di vita.»
(Ippolito Nievo,Le confessioni d'un italiano)
Nell'odePiemonte[34],Giosuè Carducci (1835–1907) cita il castagno nel riferimento storico all'esilio portoghese diCarlo Alberto di Savoia, a seguito della sconfitta diNovara e l'abdicazione in favore diVittorio Emanuele II. Carlo Alberto si ritirò adOporto, in una villa presso la foce delDuero, in vicinanza della quale sorgeva un bosco di castagni[35].
«E lo aspettava la brumal Novara e a' tristi errori mèta ultima Porto. Oh sola e cheta in mezzo de' castagni villa del Douro,
che in faccia il grande Atlantico sonante a i lati ha il fiume fresco di camelie, e albergò ne la indifferente calma tanto dolore!»
(Giosuè Carducci,Rime e Ritmi:Piemonte)
Il castagno diventa addirittura un protagonista nelle opere diGiovanni Pascoli (1855–1912), che dedicò all'albero interi componimenti.Il castagno, nella sezioneAlberi e fiori della raccoltaMyricae[36] enfatizza il ruolo della pianta nella civiltà contadina di un tempo: esso accompagna, con la sua costante presenza, la scansione delle stagioni, e nelle freddi sere dell'autunno e dell'inverno diventa un protagonista nella vita della famiglia contadina, con lo scoppiettìo della sua corteccia che brucia nel focolare e le castagne che cuociono nella pentola.
«Per te i tuguri sentono il tumulto or del paiolo che inquïeto oscilla; per te la fiamma sotto quel singulto crepita e brilla:
tu, pio castagno, solo tu, l'assai doni al villano che non ha che il sole; tu solo il chicco, il buon di più, tu dài alla sua prole;»
(Giovanni Pascoli,Il castagno)
Non meno suggestiva èIl vecchio castagno, neiPrimi poemetti[37], dove il Pascoli raffigura un vecchio albero come essere animato che parla alla pastorella Viola esortandola a prendere l'accetta.
«…Viola!… Violetta!… Non la vedi costì? C'è da stamani. Ce l'ha lasciata il caro zio. L'accétta!
La piglia su, domani, oggi, a due mani, e picchia giù. Dove ella picchia, guai a quei frassini! tristi quelli ontani!
e quei castagni! Non credevi mai, Violetta? Lo credo! Ero il più grande! Sono il più vecchio. Ella è per me: vedrai.»
Oltre alle due citate liriche, non mancano comunque altri riferimenti più o meno espliciti nella poesia del Pascoli (per esempio nel componimento in latino Castanea) e in alcuni suoi saggi, al castagno come pianta e alla cultura contadina del castagno.
Il castagno e i suoi frutti appaiono anche nel ritratto cheGrazia Deledda (1871–1936) fa della famiglia di zia Grathia, nel romanzoCenere. La Deledda presentala castagna sia come bene economico sia come componente integrante della quotidianità nella famiglia rurale della montagnabarbaricina[38].
«Le castagne del piccolo Zuanne scoppiavano fra la cenere che si spargeva sul focolare. ... Eravamo sposi da pochi mesi; eravamo benestanti, sorella cara: avevamo frumento, patate, castagne, uva secca, terre, case, cavallo e cane. … Si alzò, accese una primitiva candela di ferro nero, e preparò la cena: patate e sempre patate: da due giorni Olì non mangiava altro che patate e qualche castagna.»
(Grazia Deledda,Cenere)
Il poeta ottocentesco sardoPeppino Mereu (1872-1901) cita il pane di castagne come alimento rifugio dei poveri in tempi di carestia nella sua più celebre poesia,Nanneddu meu. La poesia, che ha subíto diversi arrangiamenti musicali nei canti popolari dellaSardegna e, in una più nota versione, interpretata dal gruppo deiTazenda, è un canto di protesta che, in forma di lettera ad un amico, descrive lo stato di miseria e oppressione in cui versavano gli strati sociali più bassi nella metà dell'Ottocento[39][40].
(sardo) «Famidos nois semos pappande pane e castanza, terra cun lande terra ch'a fangu, torrat su poveru senz'alimentu, senza ricoveru.»
(italiano) «Affamati noi stiamo mangiando pane di castagne e terra con ghiande terra come il fango, ridiventa il povero senza cibo, senza ricovero.»
(Peppino Mereu,Nanneddu meu)
IlCastagno dei Cento Cavalli è citato in alcunepoesie insiciliano o initaliano[41]. Il poeta ottocentesco siciliano Giuseppe Borrello (1820–1894) citò in una sua poesia laleggenda da cui deriverebbe il nome dell'albero. La leggenda narra di una regina Giovanna, la cui identità non è storicamente accertata, che in occasione di un suo viaggio in Sicilia si riparò con il suo seguito sotto il castagno durante untemporale.
(siciliano) «Un pedi di castagna tantu grossu ca ccu li rami so' forma un paracqua sutta di cui si riparò di l'acqua, di fùrmini, e saitti la riggina Giuvanna ccu centu cavaleri, quannu ppi visitari Mungibeddu vinni surprisa di lu timpurali. D'allura si chiamò st'àrvulu situatu 'ntra 'na valli lu gran castagnu d'i centu cavalli.»
(italiano) «Un piede di castagna tanto grosso che con i rami forma un ombrello sotto il quale si riparò dalla pioggia, dai fulmini e dalle saette la regina Giovanna con cento cavalieri quando per visitare Mongibello venne sorpresa dal temporale. Da allora si chiamò quest'albero situato entro una valle il gran castagno dei cento cavalli.»
(Giuseppe Borrello)
Un'altra citazione dello stesso albero si ritrova in un sonetto del poeta sicilianoGiuseppe Villaroel (1889–1965), in italiano, nel quale è descritta la maestosità dell'albero con suggestivemetafore.
«Dal tronco, enorme torre millenaria, i verdi rami in folli ondeggiamenti, sotto l'amplesso querulo dei venti, svettano ne l'ampiezza alta de l'aria.»
(Giuseppe Villaroel)
Ancora come elemento figurativo rappresentativo del paesaggio boschivo, il castagno è riproposto daItalo Calvino (1923–1985) in un racconto diUltimo viene il corvo.Un castagno dal tronco cavo si presenta agli occhi del partigiano Binda, mentre attraversa i boschi per portare gli ordini alle postazioni[42].
«Un castagno dal tronco cavo, un lichene celeste su una pietra, lo spiazzo nudo d'una carbonaia, quinte di uno scenario spaesato e uniforme, s'animavano in lui radicate ai ricordi più remoti…»
(Italo Calvino,Ultimo viene il corvo:Paura sul sentiero)
Hermann Hesse (1877–1962) dedicò al castagno l'apertura del suoNarciso e Boccadoro[43] descrivendo il maestoso albero ubicato presso l'ingresso del seminario diMaulbronn, nellaGermania meridionale, dove studiò da giovane. Nella descrizione, Hesse cita alcuni aspetti che evidenziano la natura esotica del castagno (solitario figlio del Sud) e la sua posizione al limite settentrionale dell'areale: l'entrata tardiva in vegetazione e la difficoltà di maturazione a causa della brevità della stagione vegetativa sono infatti condizioni sfavorevoli alla diffusione di questa specie nell'Europa centrale, determinandone la sporadicità. Ancora una volta viene l'arte, mette, sottolinea l'immagine suggestiva dei frutti rilasciati in autunno e arrostiti sul fuoco del camino.
«Davanti all'arco d'ingresso, retto da colonnette gemelle, del convento di Mariabronn, sul margine della strada c'era un castagno, un solitario figlio del Sud, che un pellegrino aveva riportato da Roma in tempi lontani, un nobile castagno dal tronco vigoroso; la cerchia de' suoi rami si chinava dolcemente sopra la strada, respirava libera ed ampia nel vento; in primavera, quando intorno tutto era già verde ed anche i noci del monastero mettevano già le loro foglioline rossicce, esso faceva attendere ancora a lungo le sue fronde, poi quando le notti eran più brevi, irradiava di tra il fogliame la sua fioritura esotica, d'un verde bianchiccio e languido, dal profumo aspro e intenso, pieno di richiami, quasi opprimente; e in ottobre, quando l'altra frutta era già raccolta ed il vino nei tini, lasciava cadere al vento d'autunno i frutti spinosi dalla corona ingiallita: non tutti gli anni maturavano; per essi s'azzuffavano i ragazzi del convento, e il sottopriore Gregorio, oriundo del mezzodí, li arrostiva in camera sua sul fuoco del camino.»
(Hermann Hesse,Narciso e Boccadoro)
Il castagno figura, sia pure come elemento secondario di sfondo, anche nello scenario che accompagna le riflessioni esistenziali di Antoine Roquentin neLa nausea diJean-Paul Sartre (1905-1980)[44]:
«Invano cercavo di contare i castagni, di situarli in rapporto alla Velleda, di confrontare la loro altezza con quella dei platani: ciascuno di essi sfuggiva dalle relazioni nelle quali io cercavo di rinchiuderli, s'isolava, traboccava.»
(Jean-Paul Sartre,La nausea)
In1984 diGeorge Orwell sono presenti alcuni riferimenti al castagno: il bar frequentato dal protagonista Winston Smith si chiama Bar del Castagno e lungo l'intero romanzo viene citata la "Canzone del Castagno":
«Sotto il castagno, chissà perché.
Io ti ho venduto, e tu hai venduto me: sotto i suoi rami alti e forti, essi sono defunti e noi siam morti.»
Il carattere di rappresentatività del castagno come elemento paesaggistico o della civiltà rurale lo ha portato anche ad essere raffigurato come soggetto nella pittura.
Jean Houel (1735–1813). Castagno dei Cento Cavalli.
^ Marco Conedera, Willy Tinner, Patrik Krebs, Daniele de Rigo e Giovanni Caudullo,Castanea sativa in Europe: distribution, habitat, usage and threats (PDF), in Jesus San-Miguel-Ayanz; Daniele de Rigo; Giovanni Caudullo; Tracy Houston Durrant; Achille Mauri (a cura di),European Atlas of Forest Tree Species, Luxembourg, Publication Office of European Union, pp. e0125e0+.
^ Comune di Udine,Museo Friulano delle arti tradizioni popolari, Materiali di una ricerca per la mostra Intrecciatura tradizionale friulana (Chiesa di S. Francesco, Udine, gennaio-febbraio 1986), Udine, stampa Arti grafiche friulane, 1986, p. 16.
^Castagni monumentali del Piemonte, su"La linfa nelle vene. Alberografie a Nord-Ovest lungo gli itinerari dei Grandi Alberi" di Tiziano Fratus, Nerosubianco.URL consultato il 12 novembre 2012.
^ Siro Vannelli,Grandi alberi della Sardegna - Monumenti verdi, Guido Costa (foto), Assessorato della Difesa dell'Ambiente, Regione Autonoma della Sardegna, 1994, pp. 262-263.
^ Ippolito Nievo,Capitolo Secondo, suLe Confessioni di Un Italiano,De Bibliotheca - Classici della Letteratura italiana.URL consultato il 7 settembre 2008.