Iniziò a lavorare insieme al fratello maggioreAntonio Vivarini attorno agli anni cinquanta del Quattrocento. È dibattuto se abbia seguito il fratello e il cognatoGiovanni d'Alemagna a Padova durante i lavori nellaCappella Ovetari, dove avrebbe conosciutoAndrea Mantegna, dalla cui arte fu profondamente influenzato.
Al 1450 risale il maestoso polittico, in dodici scomparti, commissionato dapapa Niccolò V per l’altare della chiesa dellaCertosa di Bologna, datato e firmato da entrambi i fratelli nell'iscrizione sulla cornice sotto il gradino del trono della Vergine. I critici ritengono di mano di Antonio le figure ancora legate alla tradizione del gotico internazionale, mentre a Bartolomeo l'introduzione delle novità formali e spaziali delRinascimento[1].
La prima opera nota che Bartolomeo firma da solo è ilSan Giovanni da Capestrano, che reca:OPUS BARTHOLOMEI. VIVARINI. DE MVRANO. 1459., dipinta perGagliano Aterno, oggi alLouvre. Essa ritrae un santo francescano[2]; alla committenza dell'ordine dei Francescani Osservanti infatti sarà dovuta la maggioranza delle opere della bottega muranese dei Vivarini. Le commissioni francescane non arrivarono solo dalla laguna, come i due trittici perSanta Maria Gloriosa dei Frari, ma da tutto l'Adriatico, come ad esempio ilPolittico di san Bernardino per il convento di Sant'Eufemia sull'isola diArbe, o ilPolittico diMorano Calabro. La sua presenza è attestata anche aCapua con il dipinto dell'Ecce Homo, parte di polittico poi smembrato, conservato presso ilMuseo campano.[3]
LaSacra conversazione, dipinta per il convento degli Osservanti di Bari nel 1465, custodita nellaGalleria di Capodimonte, è ritenuta la prima pala d'altare a campo unificato delRinascimento veneziano[4], senza più la suddivisione in scomparti tipica dei polittici. In un paesaggio aperto è rappresentata la sacra conversazione dellaPala della certosa di Padova, oggi aLussingrande, mentre in unhortus conclusus sono racchiusi i personaggi dellaSacra Conversazione dellaBasilica di San Nicola aBari. Nel 1474 firma da solo ilTrittico di San Marco dellaCappella Corner inSanta Maria Gloriosa dei Frari, il gusto mantegnesco è evidente nella resa dei dettagli del trono rinascimentale e dei festoni di frutta[5].
Nel corso di oltre quarant'anni di carriera pittorica, attiva soprattutto aVenezia e nei suoidomini, rimase sempre legato allo stile diAndrea Mantegna e deglisquarcioneschi, caratterizzato da figure nette e scolpite, dettagli anatomici minuziosamente descritti a contorni netti, anatomie statuarie e colori intensi e traslucidi, ovvero l'opposto della contemporanea ricerca atmosferica e tonale diGiovanni Bellini[6]. Uno degli esempi più alti del suo stile estremo si può vedere nelPolittico di Torre Boldone, detto anchetrittico di S. Martino datato 1491 e conservato a Bergamo inAccademia Carrara.
^ Giuseppe Porzio,DALLA TERRA DI BARI A NAPOLI. IL TRITTICO DI ALVISE VIVARINI A CAPODIMONTE, inIL CASO VIVARINI A BARLETTA, Barletta, Editrice Rotas, 2016.
^Bartolomeo nel segno di Mantegna. La mostra di Palazzo Sarcinelli dedicata ai Vivarini. La rivoluzione di una bottega, Mestre, Corriere del Veneto, 24 aprile 2016.
Giorgio Sinigaglia,De' Vivarini: pittori da Murano, Bergamo, Istituto italiano d'arti grafiche, 1905.
Rodolfo Pallucchini,I Vivarini: Antonio, Bartolomeo, Alvise (Saggi e studi di storia dell'arte; 4), Venezia, Neri Pozza Editore, 1961.
Francesca D'Arcais,Antonio Vivarini (I maestri del colore n.151), Milano, Fabbri, 1966.
Federico Zeri,Antonio e Bartolomeo Vivarini: il polittico del 1451 già in San Francesco a Padova, in Antichita viva n.4, 1975.
Miklós Boskovits, Giorgio Fossaluzza,La collezione Cagnola. I dipinti,Busto Arsizio, Nomos Edizioni, 1998.
Giorgio De Leonardis,Un tesoro d'arte veneto in terra diCalabria. Il trittico di Bartolomeo Vivarini aZumpano, Bari, Laterza Giuseppe Edizioni, 2010.
Giandomenico Romanelli, Clara Gelao e Franca Lugato, Giovanni Valagussa,I Vivarini : Lo splendore della pittura tra Gotico e Rinascimento, a cura di Giandomenico Romanelli, Venezia, Marsilio, 2016,ISBN978-88-317-2326-8.