Archivio storico di Milano | |
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Ubicazione | |
Stato | ![]() |
Regione | Lombardia |
Città | Milano |
Indirizzo | Via Senato, 10 |
Sede | Palazzo del Senato |
Dati generali | |
Tipologia giuridica conservatore | pubblico |
Tipologia funzionale | Archivio di Stato |
Caratteristiche | |
SAN | scheda SAN |
Sito web ufficiale | |
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L'Archivio di Stato di Milano (abbreviato con l'acronimoASMi), con sede presso ilPalazzo del Senato, via Senato n. 10, è l'istituzione delloStato preposta, per legge, alla conservazione dei documenti provenienti dagli uffici degli enti statali, ma anche di quellipubblici e dei soggetti produttori privati. Formatosi lentamente attraverso l'agglomeramento dei vari poliarchivistici diffusi nella Milano austriaca tra la fine delXVIII e la prima metà delXIX secolo, l'Archivio di Stato trovò definitivamente sede nell'ex Palazzo del Senato sotto la direzione diCesare Cantù, nel 1886. Divenuto un centro di ricerca e di formazione d'eccellenza sotto le direzioni diLuigi Fumi e diGiovanni Vittani, l'Archivio di Stato di Milano dal 1945 continuò il suo ruolo di soggetto conservatore, adeguandosi alle esigenze dei tempi e sviluppando la Scuola di Archivistica, Paleografia e Diplomatica annessa all'Istituto.
L'Archivio di Stato di Milano, che attualmente copre 45 km di scaffali e uno spazio deposito di 6 460 m²[1], conserva archivi e fondi contenenti documenti delle istituzioni politiche e religiose anteriori all'Unificazione, come gli atti prodotti dalla cancelleriasforzesca o sotto il governo spagnolo prima, e austriaco poi. Seguendo lo schema preparato dallaDirezione Generale degli Archivi, oltre ai documenti prodotti prima del 1861 l'Archivio di Stato raccoglie e conserva gli atti prodotti dagli enti statali italiani facenti capo a Milano, quali laprefettura, iltribunale e laquestura meneghina, oltre agli atti notarili provenienti dall'archivio notarile distrettuale locale (dopo cent'anni dalla cessazione di attività del notaio in questione) e a quelli degli archivi dei distretti militari. Infine, vi è la ripartizionearchivi diversi, non rientranti nella suddivisione cronologica precedente e consistente principalmente in archivi privati o pubblici.
Tra i documenti più celebri che l'Archivio conserva si ricordano, a mo' di esempio, laCartola de accepto mundio, la più anticapergamena italiana conservata in unArchivio di Stato italiano (risale al 721); ilCodicetto di Lodi; lettere autografe diLeonardo da Vinci, diCarlo V, diLudovico il Moro e diAlessandro Volta; un prezioso esemplare delCodice napoleonico autografato dallo stessoimperatore; il verbale del processo controGaetano Bresci.
La data con cui si identifica la formazione del nucleo di quello che sarà l'Archivio di Stato di Milano (all'epoca denominatoArchivio governativo di Milano[2]) è il 1781[3], anno in cui fu trasferita al collegio deigesuiti, posto nellachiesa di San Fedele, la documentazione proveniente dal castello di Porta Giovia, l'attualeCastello Sforzesco[4]. La documentazione consisteva soprattutto negli Atti prodotti dalle magistrature del Ducato di Milano sotto gliSforza, visto che la documentazioneviscontea fu quasi del tutto distrutta in seguito alla morte dell'ultimo duca di tale dinastia,Filippo Maria (1447)[5], ma comprendeva anche gli archivi delle cancellerie spagnole e austriache dei secoliXVI-XVIII[2]. La scelta del trasferimento dalla vecchia alla nuova sede fu dettata dalla duplice volontà dell'archivistaIlario Corte (1723-1786) e del ministro plenipotenziario dell'imperatoreGiuseppe II,Wenzel Anton von Kaunitz-Rietberg, di mettere al sicuro la documentazione dal pericolante Castello Sforzesco[6], ma anche di "razionalizzare" il patrimonio documentario dello Stato secondo i principi dell'organizzazione razionale della temperieilluministica secondo il metodo diordinamento per materia che troverà poi una radicalizzazione nell'operato dell'allievo del Corti,Luca Peroni. In quest'ottica si può inquadrare la decisione, da parte del governo austriaco, di istituire una primaDirezione generale degli Archivi volta a coordinare l'operato degli archivi lombardi nel 1786[7].
Con il sopraggiungere delle truppe francesi guidate daNapoleone Bonaparte (1796) per la Lombardia si aprì una nuova fase storica, in cui l'exDucato di Milano, riorganizzato e ampliato prima comeRepubblica Cisalpina, poiRepubblica Italiana e infine comeRegno d'Italia, divenne il fulcro di un nuovo Stato indipendente con una propria corte e vari ministeri, per quanto fosse in realtà sottoposto alla volontà diParigi. In quasi vent'anni di dominazione francese, la quantità del patrimonio archivistico dell'Archivio Nazionale (nuova denominazione dell'Archivio governativo)[2], la cui direzione fu assunta tra il 1800 e il 1812 daLuigi Bossi Visconti[8], aumentò sensibilmente a causa anche del materiale prodotto dai vari ministeri del Regno. Sempre per volontà dei francesi, al posto dellaDirezione Generale degli Archivi sorse laPrefettura generale delle Biblioteche e degli Archivi (1800), che riadotterà la vecchia denominazione al ritorno degli austriaci nel 1814[7].
In un arco di tempo che va dalla fine del primo periodo austriaco alla seconda dominazione con ilRegno Lombardo-Veneto (1780-1851) sorsero vari poli archivistici deputati a conservare determinati fondi specifici che poi, progressivamente, confluiranno nell'attuale Archivio di Stato[9]:
Nel 1851 fu nominato direttore generale degli archivi di Lombardia[15]Luigi Osio (1803-1873) il quale, spinto da diversi motivi, cominciò a pensare a una sede unitaria che raccogliesse i vari fondi sparsi per Milano. Una prima motivazione risiedeva nel fatto che la capacità degli spazi a San Fedele stava lentamente diminuendo[16]; in secondo luogo, l'Osio desiderava trovare un'unica sede archivistica per facilitare gli studiosi e i ricercatori nella consultazione dei diversi documenti sparsi nei sopracitati poli archivisti[17]. In seguito all'unificazione e alla proclamazione delRegno d'Italia (1861), l'Osio cominciò a interessarsi perché l'intero complesso documentario fosse trasferito nell'ex Collegio Elvetico. Edificato daFederico Borromeo nel 1608 ma seminario istituito trent'anni prima dasan Carlo (1579) per la formazione particolare di sacerdoti che avrebbero svolto il loro ministero pastorale nelle valli svizzere impregnate delladottrina calvinista[18] l'edificio, sotto il regno italico napoleonico, tra il 1809 e il 1814, ospitò la sede del Senato regio[19].
Il desiderio del direttore, però, dovette scontrarsi con impedimenti burocratici e tecnici che si prolungarono per più di vent'anni, tanto che lo stesso successore dell'Osio, il celebre storicoCesare Cantù, rimarcava, all'inizio degli anni 1880, ancora una notevole lentezza nell'adempimento dei propositi del predecessore. Se nel 1873 la Direzione Generale degli Archivi s'insediò nelPalazzo del Senato[7], fu soltanto nel 1886 che tutti i fondi archivistici finora sparsi in varie zone di Milano, con l'eccezione dell'archivio notarile, vi trovarono definitivamente sede[20].
(Archivio di Stato Milanese, p. 68)
Con lacommissione presieduta da Luigi Cibrario del 1870, fu deciso che, a partire dal 1875, l'amministrazione dei quindici Archivi di Stato presenti sul territorio nazionale dovesse essere posta sotto la vigilanza delMinistero dell'interno[21]. L'Archivio di Stato di Milano, che stava lentamente entrando in funzione grazie agli sforzi di Osio prima e di Cantù poi, cominciò a raccogliere anche la documentazione proveniente dagli archivi degli uffici statali (atticatastali, dellaprefettura, delTribunale, ecc.) oltre a quella già menzionata prima[22]. Il Cantù, inoltre, fu un importante organizzatore delle attività dell'archivio e degli organi a esso afferenti, tanto che
(Raponi, p. 314)
Infatti spettò al Cantù l'effettiva organizzazione dell'archivio una volta entrato in funzione. A Cantù si deve inoltre la fondazione nel 1874 della rivistaArchivio Storico Lombardo la quale, nelle intenzioni del celebre letterato e storico, doveva essere «anche il giornale dell'Archivio di Stato»[23].
(Raponi, p. 316)
Con questa frase,Nicola Raponi vuole sottolineare il binomio ossimorico che esisteva nell'Archivio di Stato: da un lato, le grandi ricerche degli archivisti guidati dal Cantù; dall'altro, un'imperizia da parte degli archivisti stessi nella gestione dei fondi loro affidati[N 1]. Soprattutto,Luigi Fumi (direttore dal 1907), affiancato daGiovanni Vittani (che sarà suo successore dal 1920), darà il via a un processo di modernizzazione della scienza archivistica che si rifletterà sia nell'insegnamento della scuola (come verrà esplicato nella sezione riguardante), sia nella rottura col sistema peroniano che ancora sotto Osio e Cantù imperava, utilizzando come voce "scientifica" delle attività dell'istituto la rivistaAnnuario del Regio archivio di stato di Milano[24], pubblicata tra il 1911 e il 1919[25].
L'attività dell'Archivio continuò imperturbata fino allaseconda guerra mondiale, quando gli eventi bellici precipitarono l'Italia nell'abisso della desolazione e poi dell'occupazione nazista. Fin dal settembre del 1939Guido Manganelli, neodirettore dell'ASMi in seguito alla morte di Giovanni Vittani, si premurò di far "evacuare" i fondi dal Palazzo del Senato e di farli depositare nella vicina e più sicuraBrianza, esattamente a Villa Greppi situata aMonticello Brianza[26] e, dopo l'entrata ufficiale in guerra dell'Italia nel giugno 1940, aRovagnate e aMerate presso alcuni edifici appartenenti allaChiesa[27]. Nonostante l'attività indefessa da parte di Manganelli e del personale dell'ASMi nel salvaguardare i vari fondi, una considerevole parte del patrimonio archivistico fu distrutto durante ibombardamenti del 12/13 e del 15/16 agosto del 1943[28]. In queste due date, infatti, Milano fu violentemente bombardata e, tra gli edifici colpiti dagli Alleati, vi furono il Palazzo del Senato e la sezione delchiostro di Sant'Eustorgio: andarono irrimediabilmente persi il fondo amministrativo dell'Archivio di Stato (il cosiddettoArchivietto), la Biblioteca, la sezione dell'archivio giudiziario[29] e la maggior parte di quello delSenato del Ducato di Milano[N 2]. Nel 1944, il Palazzo del Senato accolse l'archivio notarile[30].
(Piano, p. 325)
Il Palazzo fu oggetto, all'indomani della guerra, di una ricostruzione architettonica che durò per buona parte degli anni 1950 e che fu affidata in parte al genio civile e in parte alla Soprintendenza[31]. Il risultato, oltre a ristrutturare le parti più gravemente danneggiate, fu anche quello di una razionalizzazione degli spazi interni, creando un ammezzato tra il pian terreno e il primo piano. Al pian terreno furono ricavati degli spazi per una biblioteca e per la scuola d'archivistica, mentre al primo piano trovarono luogo gli uffici amministrativi (misurante 1 886 m²) e l'attuale sala di consultazione (o studio)[32], misurante 281 m²[1]. Oltre al mandato di Guido Manganelli, da segnalare fu il lungo mandato diAlfio Rosario Natale per la ripresa delle attività in pieno regime dell'ASMi e il suo rilancio a livello scientifico in Italia e nel mondo, promuovendo una serie di iniziative volte alla diffusione, presso leélite storiche e archivistiche, dei fondi ivi custoditi[33].
Infine è fondamentale ricordare la fondazione, nel 1974, di quello che all'epoca si chiamavaMinistero per i beni culturali e l'ambiente (l'attuale MiC) che sostituì quasi totalmente il Ministero dell'interno nella gestione degli Archivi di Stato[N 3].
Di particolare rilevanza è la biblioteca, fondata in età napoleonica con la costituzione dell'Archivio Diplomatico[34], più precisamente nel 1809, come si evince da una lettera delPrefetto degli Archivi e delle Biblioteche delRegno d'Italia,Luigi Bossi Visconti, all'archivista generale Daverio[35]. Arricchitasi progressivamente nel corso del XIX secolo, specialmente sotto il mandato dell'Osio che, collaborando con i funzionari Dozzio, Cossa e Ferrario, incrementò tale risorsa con «l'istituzione di una biblioteca di libri speciali alle materie archivistiche»[36], nella relazione sugli archivi e servizi annessi del 1883 emerge che l'ASMi possedeva «pregevole biblioteca, la quale si compone di 1.634 opere che fanno 3.369 volumi»[37]. Dall'edizione dell'Archivio Storico Lombardo del 1876, si viene a sapere che alla Biblioteca furono donate varie opere di carattere storico,genealogico,diplomatistico earaldico, ovvero:la descrizione delle opere per l'asciugamento dellago Fucino; i due libri di Damiano MuoniTunisi, spedizione di Carlo V imperatore eFamiglia degli Isei oraOldofredi; il libro del cosmografoVincenzo Maria CoronelliArmi, Blasoni e Insegne gentilizie dellefamiglie patrizie di Venezia; il VI volume dei documenti raccolti dallaSocietà di Deputazione sopra gli studi di Storia Patria toscane, umbre e marchigiane; e altri ancora[38].
La biblioteca vide incrementare ulteriormente il proprio patrimonio librario grazie all'indefessa attività del direttore Luigi Fumi e del suo collaboratore più stretto (e poi a sua volta suo successore) Giovanni Vittani, i quali crearono una sezione dedicata esclusivamente all'araldica nel 1919 ed effettuarono la redazione del catalogo topografico per dotare la Biblioteca di un valido strumento di ricerca interno in aiuto agli studiosi[39]. Grazie alregistro di carico e all'inventario topografico (altre fonti "tecniche" relative agli acquisti e alle donazioni nel periodo precedente al 1943) si viene a sapere della ricchezza patrimoniale raggiunta dalla biblioteca: una ricca sezione dedicata aldiritto, volumi dedicati allastoria degli antichi Stati preunitari (Degli Statuti ciuili della Serenissima Republica di Genoua e iDiarii diMarino Sanudo il Giovane), alla storia dell'arte, all'araldica (Le leggi del blasone o L'arte vera dell'arme diuisa in due parti, di Louis De Lespine de Mailly), alla storia (la Correspondance de Napoléon I) e, ovviamente, alle scienze archivistiche, diplomatiche e paleografiche. In più, erano presenti anche incunaboli ed edizioni delXVI e delXVII secolo stampate aVenezia dagli eredi diAldo Manuzio[40].
Gravemente distrutta daibombardamenti del 9/10 agosto 1943, l'allora direttore Manganelli decise che già dal 1944 la Biblioteca dell'Istituto doveva essere ricostruita[41], anche se fu riaperta agli studiosi soltanto nel 1948[42]. Nel corso degli anni 1950 e 1960, oltre all'acquisto di volumi più recenti dedicati alle scienze archivistiche e affini, si cercò anche di «procede[re] - compatibilmente con le risorse economiche - anche all'acquisto di volumi recentemente perduti»[43], comeLe famiglie nobili italiane diPompeo Litta[43] o l'importante trattato di diplomaticaNouveau traité de diplomatique, ou l'on examine les fondements de cet art diCharles Francois Toustain eRené Prosper Tassin[44]. Comunque, nel corso degli ultimi settant'anni, la biblioteca ritornò agli antichi splendori grazie sia agli acquisti operati dall'Archivio, sia alle generose donazioni di privati che hanno portato tale istituzione a contare 40 000 monografie, 300 testate diperiodici e 15 000 opuscoli[45], divise tra la sala biblioteca posta al pian terreno e la sala studio, ove sono conservati principalmente strumenti pratici quali dizionari dilatino medievale (in primis il celebreGlossarium Ad Scriptores Mediae et Infimae Latinitatis del filologo e linguista seicentescoCharles du Cange) e il dizionario milanese-italiano diFrancesco Cherubini. Più in generale, il patrimonio bibliotecario consiste in:
Sempre dopo il 1945, furono realizzate in tempi diversi ulteriori spazi che servissero da accoglimento degli studiosi in visita non solo per consultare i documenti, ma anche per poter anche partecipare a vari incontri tenuti da docenti o da funzionari dell'ASMi riguardo al patrimonio dell'ente e, tramite esso, lastoria di Milano. A tal proposito è stata realizzata l'attuale Sala Conferenze, posta al pian terreno del primo quadriportico, che funge sia da spazio sia per la Scuola di Archivistica, sia appunto come aula per conferenze della natura ante citata. Tale sala misura 502 m²[1].
Da segnalare, con l'avvio della scienza informatica a partire daglianni 1980 e1990, che comportò la relativa specializzazione di quest'ultima sotto forma diarchivistica informatica e la concreta possibilità di riprodurre e, di conseguenza, meglio conservare i documenti più antichi attraverso ladigitalizzazione, l'adeguamento di alcune sale al primo piano come laboratorio digitale e per la realizzazione dimicrofilm, sale che occupano uno spazio di 70 m²[1]. Per quanto riguarda ASMI, l'opera di digitalizzazione fu avviata tra il 1998 e il 2003 con il progettoImago per quanto riguarda lacartografiacatastale. Dal 2006 l'ASMi, in collaborazione con l'Archivio di Stato di Venezia e ilConsiglio Nazionale delle Ricerche, avviò la messa in internet del materiale prodotto con il progettoImago tramite il progettoDivenire giungendo alla realizzazione dell'Atlante dei Catasti Storici e delle carte topografiche della Lombardia. Le mappe digitalizzate, che sono circa 28 000, sono consultabili liberamente tramite il sito dell'Archivio[46].
Il concetto di valorizzazione del patrimonio culturale, benché codificato definitivamente dal Codice Urbani del 2004, fu oggetto d'attenzione progressiva da parte dello Stato italiano dal 1939 in avanti, quando cominciò a svilupparsi una "coscienza" sul valore del patrimonio artistico attraverso la "commissione Franceschini" (legge n. 310/1964), la costituzione di un ministeroad hoc per i beni culturali tra il 1974 e il 1975 e lalegge Galasso (431/1985). Con il Codice Urbani, che si regge sui due pilastri dellatutela e dellavalorizzazione, la "divulgazione" presso il pubblico del patrimonio culturale divenne parte integrante anche degli Archivi di Stato[47].
Per quanto riguarda l'ASMi, bisogna sottolineare che già fin dal 1911 ci furono tentativi di avvicinare la popolazione all'attività dell'Istituto, tramite le già ricordateProlusioni dell'Anno Accademico tenute daGiovanni Vittani. Fu però soltanto dal 1957 in avanti che, sotto la direzione diAlfio Rosario Natale (1956-1974), si cominciò a organizzare delle mostre aperte al pubblico le quali diventeranno sempre più ricorrenti dagli anni 1980 per diventare, infine, annuali dal 2005[48]. A fianco delle mostre, bisogna ricordare anche la presentazione del"Documento del mese", iniziativa partita dal settembre 2014 e volta a presentare al pubblico una qualsiasi tipologia di unità documentaria[49]; e il servizio offerto sia dai funzionari archivisti sia, dal 19 gennaio 2017, dai volontari delTouring Club Italiano per accompagnare i visitatori alla conoscenza sia dell'edificio sia del patrimonio archivistico[50].
Infine, si ricorda che, sul finire del mandato di Barbara Bertini (2011), si decise di celebrare il centenario della pubblicazione del primoAnnuario dell'ASMi riproponendone la pubblicazione annuale con interventi sullo stato delle attività dell'Archivio e sulle ricerche compiute dagli studiosi/funzionari dell'Istituto nei settori storici, della diplomatica, della paleografia e dell'archivistica[51].
Al fianco dell'attività istituzionale, a partire dal mandato diAlfio Rosario Natale, si costituirono dei gruppi paralleli volti a sostenere le iniziative culturali e scientifiche dell'Archivio, come ilCentro culturale dell'Archivio di Stato nel 1957[7] (attivo per alcuni anni) e, dal maggio del 2000, dall'associazione culturaleArcheion, nata «con lo scopo primario di promuovere e sostenere l'attività culturale dell'Archivio di Stato di Milano»[52]. Archeion, tra i vari progetti approvati dalla Direzione, si è segnalato per la diffusione e la riscoperta dellalingua latina «dall'età classica fino allatino pontificio più recente»[53] attraverso una serie di incontri del progettoInsolita itinera, partito nel 2012 e ancora attivo. In tale ottica divulgatrice,Archeion opera anche per aiutare i candidati all'ammissione nella Scuola di Archivistica, Paleografia e Diplomatica ad avvicinarsi allatino medievale, lingua che dovranno tradurre in sede d'esame[54].
L'Archivio di Stato di Milano, attualmente copre circa45 km di scaffali. Vi sono contenute 180 000 unità archivistiche, 150 000pergamene, oltre 76 000mappe e una vastissima documentazione che va dalMedioevo fino ai giorni nostri. Il più antico documento inpergamena conservato (non solo a Milano, ma anche nel resto degli altri Archivi di Stato), infatti, risale al 12 maggio 721 e si intitola "Cartola de accepto mundio"[30]. Oltre allaCartola de accepto mundio, l'Archivio di Stato di Milano conserva altre preziose unità documentarie riunite nelFondo cimeli tra cui:
I fondi sedimentati nell'Archivio di Stato di Milano sono numerosissimi e variano per tipologia: dagliAtti di Governo alFondo di Religione, dagli archivi degli enti statali che vi vengono versati per legge ad archivi di famiglie (per esempio i Sormani Andreani Verri Giussani) o di singole persone (Antonio Taverna). Il numero esatto di fondi è riportato sul sito del Sistema Informativo degli Archivi di Stato (ilSIAS)[55], mentre qui vengono trattati quelli più significativi in base al raggruppamento proposto dallaGuida generale degli Archivi di Stato italiani[56]:
La prima partizione raggruppa fondi e archivi delle antiche magistrature centrali e periferiche presenti a Milano durante il periodo pre-unitario:
La parte più consistente del patrimonio archivistico è costituita dagliAtti di Governo (28 000 cartelle)[57], ovvero tutti quei documenti provenienti dalle magistrature milanesi operanti dalgoverno spagnolo (1535-1714) fino a quelle austriache delRegno Lombardo-Veneto[58]. Tale fondo fu creato e organizzato daLuca Peroni (1745-1832), direttore degli archivi nel triennio 1796-1799 e poi dal 1818 al 1832. Il Peroni, mosso dalla razionalizzazioneilluminista avviata con l'Enciclopedia e dalla classificazione delmondo animale evegetale per opera diCarlo Linneo[59], procedette allo smembramento degli archivi originari per poi selezionare o scartare le suddette carte e infine riaggregarle in base alla materia[60]. Anche se questo comportava inevitabilmente la rottura delvincolo archivistico, il sistema peroniano fu introdotto come un atto di natura amministrativa: l'adozione di un unico criterio di organizzazione per materia avrebbe permesso il ritrovamento degli atti in modo veloce ed efficiente[61]. Continuato daLuigi Osio e in parte daCesare Cantù, questo tipo di riorganizzazione del materiale archivistico fu avversato dal direttoreLuigi Fumi agli inizi del XX secolo e poi completamente abbandonato[62].
Frutto della ricostruzione archivistica operata daLuigi Fumi e daGiovanni Vittani è stata la reinventariazione degli antichi carteggi relativi alladinastia viscontea prima esforzesca poi, e del Ducato di Milano sotto gli spagnoli e gli austriaci[62]. A loro volta, tali archivi si suddividono in serie che delineano meglio il materiale ivi contenuto. Nel caso dell'archivio visconteo-sforzesco, si hanno ilCarteggio Visconteo-Sforzesco e iRegistri d'età sforzesca[63]; nel caso degli archivi ispanici e austriaci si hanno invece iDispacci sovrani, ilCarteggio e iRegistri delle Cancellerie dello Stato[64].
Con questa denominazione si intendono gli archivi nati e prodotti a seguito dei mutamenti politico-istituzionali avvenuti dopo la ristrutturazione geopolitica dell'Italia centro-settentrionale da parte dei rivoluzionari francesi prima, e diNapoleone Bonaparte poi. Si è accennato, nella parte storica, al cambiamento delle denominazioni degli archivi istituiti dagli austriaci (daArchivio generale adArchivio nazionale), alla creazione degli archivi degli organi centrali dello Stato, quale l'archivio militare situato nell'ex Collegio Elvetico (1802)[65] e l'archivio del Ministero degli Esteri, comprendente materiale che va dal 1793 al 1814 e diviso nell'Archivio Marescalchi e in quelloTesti[66]. Nei cambiamenti costituzionali (daRepubblica Italiana nel 1802 aRegno d'Italia nel 1805), gli archivi d'età repubblicana confluirono in quelli d'età regia. Buona parte degli archivi d'età napoleonica (ilFondo della VicepresidenzaMelzi e ilFondo Segreteria di Stato) furono poi consegnati agli austriaci e soltanto nel 1919-1920, su interesse del governo italiano, furono resi nuovamente all'Archivio di Stato di Milano[67].
Con il ritorno degli austriaci dopo l'epopea napoleonica e l'instaurazione delRegno Lombardo-Veneto con sovrano l'imperatore d'AustriaFrancesco I, si aprono i cosiddettiarchivi della restaurazione, tra i quali spiccano le documentazioni relative al governo del territorio, in mano ai due governatori residenti a Milano e aVenezia (Presidenza di Governo, Cancellerie austriache)[68]; all'attività del viceréRanieri in rappresentanza del re e imperatore Francesco (Cancelleria del Viceré) e, dopo imoti del 1848, a quelle del governo civile e militare del generaleRadetzky, raccolte nelFondo Governatore generale civile e militare del Regno Lombardo-Veneto[69]. Di interesse rilevante sono le carte raggruppate nel fondoProcessi politici, volti a colpire icarbonari, i membri dellaGiovine Italia d'ispirazionemazziniana e i patrioti in generale[68].
L'archivio diplomatico ebbe una storia a sé, sia nella formazione che nella gestione. Nato nel 1807 per volontà di Luigi Bossi e con l'aiuto di Michele Daverio[7], l'archivio diplomatico era costituito dalle unità documentarie più antiche delFondo di Religione (tra cui laCartola de accepto mundio) ed era «basato sulla materia scrittoria usata per i documenti, separando perciò le pergamene dalla parte cartacea degli archivi confluiti nel Fondo di Religione»[70]. Soltanto con la direzione di Luigi Osio, l'archivio diplomatico perse la propria autonomia passando sotto la direzione dell'archivio di San Fedele[71]. Al momento tale archivio non esiste più in quanto tale, però vi afferiscono ancora i fondi:Museo Diplomatico,Diplomi eDispacci sovrani,Bolle brevi ePergamene per fondi.
Creata da Luigi Osio durante il suo ventennale mandato, lasezione storica è una miscellanea di documenti estrapolati da altri archivi e fondi (archivio visconteo-sforzesco,diplomatico e quello delle Cancellerie spagnole e austriache) volta a soddisfare uno spirito di collezionismo vigente all'epoca. Di questa sezione storica fanno parte i fondiAutografi,Sigilli, Comuni, Famiglie, Cimeli eStatuti[72]. L'operazione dell'Osio fu bloccata e in parte riparata dai suoi successori ma, nonostante ciò, la sezione storica è ancora esistente[73].
IlFondo di religione, magistratura austriaca istituita da Giuseppe II in seguito allesoppressioni dei conventi e monasteri da lui operata, incaricata di gestire anche gli archivi di tali enti soppressi, continuò il suo operato anche in età napoleonica con diversi nomi. Organizzato anche questo archivio per materia,Luigi Fumi e i suoi immediati successori tentarono di riportare in vigore l'antica struttura, ma la guerra e la mole che andava a costituire tale fondo non permisero l'adempimento di tale volontà. Attualmente, ilFondo di religione è diviso in due fondi: l'Amministrazione del Fondo di religione (2650 cartelle) e l'Archivio generale del Fondo di religione (6 512 cartelle), con unità documentarie che spaziano dalIX alXVIII secolo[74].
La seconda partizione raggruppa fondi e archivi delle magistrature periferiche dello Stato post unitario (tra cui l'Archivio giudiziario, la Prefettura, le Carceri, i Tribunali, ecc.). Tra di essi iFondi dei distretti militari conservano per gli anni leva 1843-1925 rubriche, ruoli e fogli matricolari dei distretti di Milano, Lodi e Monza versati negli Archivi di Stato dopo un periodo di 70 anni dopo la classe di leva a cui si riferiscono.
Ciò che non rientra nelle partizioni cronologiche prima citate, viene raggruppato nella partizionearchivi diversi. Tra i più importanti ricordiamo:
(Guida 1853, p. 203)
La scuola di Archivistica, Paleografia e Diplomatica (APD) è una delle diciassette scuole presenti in Italia volte alla formazione dei futuri specialisti nelle suddette materie[90]. Per quanto riguarda il caso milanese, essa fu fondata col nomeScuola di istituzioni diplomatico-paleografiche nel 1842 per volere del direttore Giuseppe Viglezzi e fu affidata alle cure diGiuseppe Cossa eLuigi Ferrario[91], il primo dipendente dell'Archivio Diplomatico[92]. Le lezioni, che si tenevano nel 1847 presso la sede dell'Archivio Diplomatico in Piazza de' Mercanti al civico 3091[93], nel 1853 furono trasferite in un'aula dellaImperial-Regia direzione generale degli archivi governativi, che aveva sede in Contrada della Sala al civico 956[94]. La scuola continuò la sua attività (anche se dovette essere finanziata dalRegio Erario «per l'acquisto di opportune opere scientifiche»[95]) presso questa sede fino al 1859, quando fu accorpata all'Accademia scientifico-letteraria con la legge 23 novembre 1859[96]: unico docente risultava, in quest'istituzione, Giuseppe Cossa, attivo peraltro fino al 1863[97].Damiano Muoni, archivista presso la Direzione generale degli archivi, sottolinea che l'attività scolastica terminò proprio dal luglio del 1863 (ovvero quando il Cossa lasciò l'incarico) fino al novembre del 1871, quando fu ripristinata dal direttoreLuigi Osio[98]. Per brevissimo tempo la scuola fu affidata all'ex assistente di Cossa, Luigi Ferrario, ma costui morì «pochi giorni dopo il suo discorso di prolusione»[99], motivo per cui Osio affidò la cattedra aPietro Ghinzoni (assistito daGiuseppe Porro, poi suo successore) a partire dal 1872[100]. Comunque, nella legislazione del nuovo Stato unitario, la scuola fu istituita ufficialmente nel 1874 col decreto regio 26 marzo 1861[N 5] e le lezioni si svolgevano in quattro ore alla settimana («nei giorni di lunedì e giovedì non festivi»[100]) ed erano accompagnate da esercitazionipaleografiche,diplomatiche earchivistiche[101].
Negli anni seguenti il 1874 laScuola di paleografia e diplomatica, che dal 1879 cambiò il nome diventandoScuola di paleografia e archivistica[102] e che nel 1883 fu definitivamente trasferita da San Fedele al Palazzo del Senato[103], fu diretta successivamente daPietro Ghinzoni (1872-1874) e daGiuseppe Porro (1874-1895) secondo una metodologia empirica («eminentemente pratica», secondo le parole di Cesare Cantù[N 6]) ma slegata dalle novità scientifiche di queste due scienze che si stavano diffondendo all'epoca inEuropa. Per questo motivo il successore di Cantù, il conteIppolito Malaguzzi Valeri (1899-1905) insistette per un rinnovamento delcurriculum studiorum[104], ma la prematura morte non gli diede il tempo per effettuare questi cambiamenti.
NelXX secolo, un ruolo importante per la scuola lo ebbero i due successori del Malaguzzi Valeri, ovveroLuigi Fumi prima eGiovanni Vittani poi i quali, attraverso la fondazione dell'Annuario e la modernizzazione/internazionalizzazione delcurriculum studiorum, permisero alla «scuola milanese dal 1908 al 1935 [di essere] considerata di livello universitario, un caso eccezionale tra le scuole d'archivio italiane»[105]. Giovanni Vittani, assistito in questo dall'archivistaGiuseppe Bonelli e daCesare Manaresi, introdusse i principi della scienza archivistica formulati a fineOttocento dagli olandesi Muller, Fait e Fruin, il cui manuale fu stampato per la prima volta in Italia aTorino nel 1908[106]. Famose erano leProlusioni che il Vittani faceva all'inizio dell'anno accademico non solo alla scuola, ma anche all'élite culturale milanese e che venivano inserite poi nell'Annuario promosso da Fumi[107]. Sotto il mandato di Vittani, la scuola (che all'epoca aveva la denominazione diScuola di Paleografia, Diplomatica e Dottrina Archivistica) fu diretta da Cesare Manaresi.
Quando Manaresi nel 1938 si ritirò dal servizio di funzionario presso l'ASMi per accettare l'insegnamento di paleografia e diplomatica presso l'Università degli Studi di Milano[108], il futuro direttoreAlfio Rosario Natale fu prima assistente nella Scuola per poi diventare, dal 1947, prima titolare della cattedra di paleografia e infine, dal 1949, anche di quelle di archivistica e di diplomatica[109]. Anni dopo, quando Natale, ormai direttore, pubblicò l'edizione archivistica, paleografica e diplomatica delMuseo Diplomatico sul modello tedesco della SocietàMonumenta Germaniae Historica (1970), il direttore intendeva che tale «metodo doveva essere trasmesso agli allievi»[110], indicando quindi una modernizzazione degli studi della Scuola per avvicinarli alla sensibilità europea.
Dagli anni ottanta a oggi, allo studio delle tre materie tradizionali si affiancarono anche quella dellelegislazione dei beni culturali (che trovò la sua definitiva canonizzazione con il ministroUrbani e la relativalegge del 2004, poi confluita nelCodice dei beni culturali e del paesaggio) e, con lo sviluppo delletecnologie informatiche, quella dell'archivistica informatica[111], scienza nata a metà del decennio e che cominciò a diffondersi in Italia tramite il Convegno «Informatica e Archivi», tenutosi a Torino nel 1985; e la rivistaArchivi & computer[112].
Direttore | Mandato | Note | |
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Dal | Al | ||
Ilario Corte | 1781 | 1786 | Tradizionalmente considerato il primo "direttore dell'Archivio di Stato di Milano", applicatore del metodo per materia. |
Bartolomeo Sambrunico | 1786 | 1796 | Già direttore dell'Archivio Camerale diMantova. |
Luca Peroni | 1796 | 1799 | Estremizzò il metodo di Corte dando origine aquello che porterà il suo nome. |
Bartolomeo Sambrunico | 1799 | 1800 | |
Luigi Bossi Visconti[113] | 1800 | 1814 | Prefetto generale degli Archivi delRegno, fondatore del Museo Diplomatico insieme a Michele Daverio. |
Bartolomeo Sambrunico | 1814 | 1818 | |
Luca Peroni | 1818 | 1832 | |
Giuseppe Viglezzi | 1832 | 1851 | Fondatore dellaScuola di istituzioni diplomatico paleografiche. |
Luigi Osio | 1851 | 1873 | Trasportò i vari archivi sparsi per Milano nel Palazzo del Senato, ponendo l'Archivio nella sua attuale sede. |
Cesare Cantù | 1873 | 1895[N 7] | Letterato insigne, fondatore della rivista «Archivio Storico Lombardo», fu il primo a fregiarsi del titolo diDirettoredell'Archivio di Stato di Milano (dal 1875)[114]. |
Ippolito Malaguzzi Valeri | 1899[115] | 1905 | Già fondatore dell'Archivio di Stato di Reggio Emilia, fu chiamato a Milano per sistemare i fondi lasciati in disordine dal Cantù. |
Guido Colombo | 02/02/1905 | 16/06/1907[N 8] | (reggente) |
Luigi Fumi | 17/06/1907 | 01/06/1920[116] | Raccolse la volontà di Malaguzzi Valeri di introdurre il metodo storico degli archivisti olandesi a Milano. Portò a livello nazionale l'ASMi grazie alla collaborazione di Giovanni Vittani e pubblicando neglianni 1910 l'Annuario. |
Giovanni Vittani | 1920 | 1938 | Già coordinatore della Scuola APD milanese, fu valido continuatore dell'opera del Fumi. Traduttore, con Giuseppe Bonelli, delManuale degli archivisti olandesi (1908). |
Guido Manganelli | 1938 | 1956 | Direttore dell'Archivio durante laseconda guerra mondiale. Denunciò le perdite subite durante il conflitto e fu il promotore dell'opera di ricostruzione dell'Archivio. |
Alfio Rosario Natale | 14/04/1956[117] | 01/06/1974 | Insignepaleografo ediplomatista, Natale risollevò le sorti dell'ASMi dopo la parentesi bellica patrocinando gli studi e la valorizzazione dell'Istituto a livello nazionale e internazionale. |
Leonardo Mazzoldi | 1975 | 1976 | |
Carlo Paganini | 1976 | 1987 | |
Gabriella Cagliari Poli | 1987 | 1997[118] | |
Maria Barbara Bertini | 01/12/1997 | 19/04/2012 | 20/04/2012 - 24/08/2012 (ad interim) |
Paola Caroli | 20/04/2012 | 08/03/2015 | |
Daniela Ferrari | 09/03/2015 | 14/11/2015 | |
Maurizio Savoja | 16/11/2015 | 15/02/2016 | (ad interim) |
Benedetto Luigi Compagnoni | 16/02/2016 | 14/10/2018 | Primo mandato. |
Annalisa Rossi | 15/10/2018 | 14/04/2019 | (ad interim) Ha rivestito contemporaneamente il ruolo di direttrice dellaSoprintendenza archivistica e bibliografica della Lombardia dal 1/6/2018[119]. |
Benedetto Luigi Compagnoni | 15/04/2019 | 1/5/2023 | Secondo mandato. |
Annalisa Rossi | 1/5/2023 | 21/5/2024 | |
Stefano Leardi | 21/5/2024 | attuale |
(Litta Modigliani-Bassi-Re, p. 197)
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