L'Anima del mondo (nota anche inlatino comeAnima Mundi)[1] è un terminefilosofico usato daiplatonici[2] per indicare la vitalità dellanatura nella sua totalità, assimilata a un unicoorganismo vivente. Rappresenta il principio unificante da cui prendono forma i singoli organismi, i quali, pur articolandosi e differenziandosi ognuno secondo le proprie specificità individuali, risultano tuttavia legati tra loro da una tale comuneAnima universale.
Questa concezione sembra essere nata sin dagli albori dell'umanità, e pur essendo di origine essenzialmenteorientale, fu un tratto caratteristico delpaganesimo o delle religionianimiste, secondo cui ogni realtà, anche apparentemente inanimata, contiene unapresenza spirituale, collegata all'anima del tutto. Nelpoliteismo ledivinità erano proprio espressioni personificate di queste forze o energie dellanatura, e concepite ad essaimmanenti. L'Anima Mundi la si ritrova poi essenzialmente nelle più svariate espressioni delmisticismo.
Si tratta di un concetto antitetico almeccanicismo: per quest'ultimo gli organismi sono il risultato della combinazione di più parti, originariamente separate tra loro, che unendosi accidentalmente costruiscono l'essere vivente. Questa teoria, nota comeatomismo, era apparsa per la prima volta inDemocrito, secondo cui tutta la realtà risulta composta diatomi, soggetti a leggi di causa-effetto; l'anima secondo Democrito non esiste, o meglio è qualcosa di puramente materiale, soggetta al divenire e alla morte. Questodeterminismo meccanicista venne ripreso in età moderna daNewton e dall'empirismo anglo-sassone.
Rispetto a tale concezione, il modo di procedere dell'Anima del mondo risulta invece rovesciato: secondo ineoplatonici lavita non opera assemblando singole parti fino ad arrivare agli organismi più evoluti e intelligenti, ma al contrario parte da un principio unitario e intelligente da cui prendono forma le piante, gli animali, e gli esseri umani.[3] È da questo principio universale che è possibile comprendere i singoli elementi dellanatura, non viceversa. Secondo ilneoplatonismo, cioè, mentre su un piano materiale lavita procede orizzontalmente dagli esseri inferiori fino a quelli più evoluti, sul piano della coscienza l'intelligenza precede lamateria, in un senso per così dire perpendicolare rispetto ad essa, dall'alto verso il basso.[4]
Platone nelTimeo, dialogocosmologico, fu tra i primi a parlare di un'anima universale, ereditando questo concetto da tradizioniorientali,orfiche epitagoriche.[5] Secondo Platone ilmondo è una sorta di grande animale, la cui vitalità generale è supportata da quest'anima, infusagli dalDemiurgo, che lo plasma a partire daiquattro elementi fondamentali:fuoco,terra,aria,acqua.
(Platone,Timeo, cap. VI, 30b – 30c)
Platone si oppose duramente alla visione atomista di Democrito, al punto da voler ridurre in cenere i suoi scritti. Fu tuttavia dissuaso daipitagoriciAmicla eClinia, secondo cui distruggerli non sarebbe servito a nulla, essendo le opere di Democrito già ampiamente in circolazione.[6] Tale episodio testimonia quanto fosse aspra nell'antica Grecia la polemica traidealisti ematerialisti.[6]
Il concetto di anima del mondo trovò in seguito un corrispettivo nelLogos dellostoicismo, concepito in formaimmanente come presenza del divino nelle vicende del mondo, ossia come συν-παθεία (syn-pathèia), sentimento dicompassione che unifica la sfera soprannaturale con quella umana; in virtù di essa qualsiasi evento, anche minimo, si ripercuote su ogni altro.[7] Venne poi fatto proprio da esponenti delle correntignostiche,esoteriche edermetiche del periodoellenistico.
Divenne infine un tema centrale nel sistema filosofico diPlotino,[8] da questi identificata con la terzaipostasi nel processo di emanazione dall'Uno. L'Anima era da lui concepita con una doppia natura: per un verso essa è rivolta verso l'intelligibile, per un altro guarda verso il basso, cioè verso ilmondo, disperdendosi nellamolteplicità delle anime individuali (contaminate dalla materia), andando a costituire il loro fondamento vitale.[9]
(Plotino,Enneadi, IV, 4, 32)
Platone nelTimeo descriveva ilLogos attribuendogli una forma aX con cui risultava disposto ogni elemento dell'anima del mondo.[10] Prima che dalcristianesimo, del resto, lacroce era simbolo utilizzato anche nelpaganesimo, come emblema delmacrocosmo riflesso nelmicrocosmo.[11] PerGiustino l'immagine di Platone precorreva quella dellacroce di Cristo,[12] e così altricristiani della Chiesa primitiva raffigureranno l'Anima Mundi in posacrocifissa, assegnando allacroce una funzione accentratrice e riassuntiva del cosmo.[13]
Secondo Plotino, il semplice è ciò che sta alla base dellavita. Un essere vivente non può essere assimilato a un assemblaggio di più parti, perché se venisse spezzato morirebbe: se anche lo si ricomponesse, questo non gli ridarebbe la vita. Ciò avviene perché l'anima di unorganismo è più di tutte le sue parti messe insieme: ogni organismo è un'unità, una totalità indivisibile, qualcosa di straordinariamente semplice pur essendo a prima vista composto. Questo "semplice" che sta alla base del composto non può essere un'entità materiale, perché qualunque oggettoesteso spazialmente può essere pensato diviso a metà, quand'anche non lo si riesca realmente a spezzare. Anche gliatomi non possono costituire il principio primo perché sono a loro volta potenzialmente divisibili. La vita dunque, secondo Plotino, nasce non da combinazioni atomiche ad essa esterne, ma da un principio interiore, semplice, e immateriale: appunto l'anima. La molteplicità di anime presenti nel mondo è a sua volta comprensibile solo ammettendo che tutte abbiano una comune origine. Secondologica, infatti, non possono esistere più "Uno", perché in tal caso non sarebbero più Uno ma molti. L'Unità che sta a fondamento delle anime deve essere dunque la stessa per tutte.[14] Questa unità è l'Anima del mondo, la quale a sua volta si fa veicolo delleidee platoniche negli organismi, andando a costituire la loro ragione formante ologos, in maniera simile aicaratteri genetici di un individuo (o al concettoaristotelico dientelechia).[15]
(Plotino,Enneadi, IV, 4, 45)
Tutto il sistema plotiniano trovava infine piena organicità nel postulare l'Uno assoluto, al di là delle stesse Idee. A tale principio trascendente e ineffabile, non spiegabile a parole, ci si può ricongiungere solo nell'estasimistica.
Nonostante la sua visione monistica, nell'Anima del mondo postulata da Plotino (e fatta propria dai successivi filosofineoplatonici) sussistevano le divinità delpoliteismopagano, proprie dellamitologia greca, le quali non erano viste in contrasto con l'Uno, essendo in fondo espressione di una medesima natura. L'Uno restava in sétrascendente, mentre le singole divinità erano concepite come forzeimmanenti al creato e partecipi della stessa Anima del mondo.
La dottrina plotiniana, una volta depurata da questo aspettopagano, poté facilmente essere assorbita dalCristianesimo, il quale analogamente, partendo da una visione spirituale della realtà, vedeva l'origine dellavita in un principio unitario e intelligente. A differenza di Plotino, però, secondo cui l'Anima genera esseri simili a sé in maniera inconsapevole,[16] fino a disperdere la propria energia vitale fino agli organismi via via inferiori e meno evoluti, il Cristianesimo la vede in un'otticafinalistica ecreazionista. Anche la concezione cristiana tuttavia rimane radicalmente antitetica almeccanicismo: nellaBibbia l'essere umano, il più evoluto dei viventi, è creato a immagine e somiglianza diDio stesso. All'origine dunque non c'è lamateria ma lospirito; la vita può andare dagli organismi inferiori fino a quelli più intelligenti essendo già in essa contenuta taleintelligenza. Il principio che più si avvicinava a quello dell'Anima Mundi era loSpirito Santo (concepito però non in forma vacua, ma come vera e propria Persona, la terza dellaTrinità), in quanto soffio vitale che spira dove vuole in piena autonomia. L'aspetto vitalistico del mondo sembra peraltro emergere daiVangeli, là doveGesù si rivolge agli elementi della natura, ad esempio gli alberi o ilvento, come entità coscienti che a lui obbediscono.[17]
Dopo una sua assimilazione al principio materno delladivina Sophia da parte deglignostici,[18] la centralità dell'Anima Mundi permeò in particolare l'agostinismo, soprattutto in seguito al commentario delTimeo di Platone operato daCalcidio, che le attribuiva una «natura razionale incorporea».[19] Se ne trovano cenni inBoezio,Dionigi l'Areopagita eGiovanni Scoto Eriugena. Nel XII secoloPietro Abelardo la identificò esplicitamente con loSpirito Santo. Divenne quindi un tema ampiamente sviluppato dai maestri dellascuola di Chartres, comeTeodorico eGuglielmo di Conches, i quali ammisero l'immanenza dello spirito nella Natura, concependo quest'ultima come una totalità organica e indipendente, oggetto di studi separati rispetto allateologia. Dio, secondo Guglielmo, si era limitato a dare l'avvio allacreazione, dopodiché tutta l'evoluzione dei processi naturali andava spiegata sulla base di principi interamente fisici, che egli individuava nell'azione combinata deiquattro elementi (fuoco,terra,aria,acqua), senza bisogno che Dio intervenisse più.
(Guglielmo di Conches,Glosse al Timeo di Platone[20])
Ammettendo quindi l'immanenza dell'Anima Universale nella Natura, i filosofi di Chartres si avviavano verso una visionepanteistica del creato, pervasa dal principio femminile di unaGrande Madre in cui si rinvenivano i tratti dellaVergine Maria.[21] Contemporaneamente ancheTommaso d'Aquino parlava di un'Anima Mundi, causa della Natura, che derivava"post aeternitatem" dalle Intelligenze (sussistenti"cum aeternitate"), le quali a loro volta discendevano dall'Uno o Bene, causa prima"ante aeternitatem".[22] Nell'opera di Tommaso, che sull'argomento dedicò un trattato all'alchimia,[23] l'attenzione rivolta agli aspetti vitali del mondo fisico resta comunque collocata entro una visione trascendente di Dio.
NelRinascimento, durante il quale si assistette a una nuova stagione delneoplatonismo, la nozione diAnima Mundi godette di particolare fortuna, legandosi agli elementimagici,alchemici edermetici propri dellafilosofia rinascimentale, collegati all'attività di personaggi comeMarsilio Ficino[24] ePico della Mirandola. Si andava alla ricerca dellapietra filosofale, per produrre la quale era necessaria la disponibilità del grande Agente universale, o appunto Anima del mondo, altrimenti detta «Azoto», acronimocabalistico che indicava laLuce astrale divina di cui ogni elemento della realtà si riteneva fosse permeato.[25]
L'intero universo era allora concepito come un organismo vivente, popolato da presenze o da forze vitali. La visioneneoplatonica, unita a quellacristiana, consentiva di vedere organicamente congiunti tutti i diversi campi del reale in virtù dell'amore cheDio irradia nelcosmo vivificandolo. L'amore di Dio era posto così a fondamento non solo della vita ma anche dell'ordine geometrico del mondo. La concordanza traspirito emateria, eventi celesti ed eventi terreni, in quanto espressioni di un medesimo principio vitale, portò a una maggiore fiducia nell'astrologia e nella possibilità di predire il futuro tramite glioroscopi. Questi erano concepiti al servizio di un uomo che guarda al futuro e intende ora intervenire attivamente nel corso degli eventi per mutarli.[26]
(Marsilio Ficino,De vita, Biblioteca dell'Immagine, Pordenone 1991, III:De vita coelitus comparanda, 1, p. 207)
In questo clima culturale riemersero in alcuni casi, sotto certi aspetti, nuove tendenzepaganeggianti. La concezioneanimista eimmanente dello spirito poté tuttavia facilmente convivere con l'aspettotrascendente del Dio cristiano, sostituendo alle divinità pagane (inaccetabili per una religionemonoteista) delle creature intermedie, come gliangeli o isantiprotettori, preposti ognuno alla "giurisdizione" di un particolare aspetto o elemento della realtà, che risulta così da essi tutta animata.
NelCinquecento, il concetto vitalistico dell'Anima del mondo affiorò soprattutto inGiordano Bruno, il quale concepìDio talmente immanente allanatura fino a identificarloin toto con quest'ultima (panteismo); e inTommaso Campanella, secondo cui tutti gli elementi della realtà sono senzienti, ovvero hanno unacoscienza (sensismo). Nei secoli successivi, pur restando latente, esso venne tuttavia ostacolato dal diffondersi delmeccanicismo e della scienzanewtoniana. A questa si oppose nelSettecento soprattuttoGoethe.
Il concetto diAnima del mondo riemerse quindi nuovamente durante ilRomanticismo, inGermania. In particolareSchelling riprese la concezioneneoplatonica che vede il principio intelligente presente già nella natura in forme embrionali o potenziali. Lanatura, per Schelling, è un'«intelligenza sopita», uno «spirito in potenza». La natura non potrebbe evolversi fino all'uomo se non avesse già dentro di sé lo spirito divino. Gli organismi inferiori sono solo limitazioni o aspetti minori dell'unico organismo universale che nell'essere umano trova piena realizzazione. L'anima del mondo (Weltseele) diventa infatti pienamenteautocosciente soltanto nell'uomo, che rappresenta così il vertice, il punto di passaggio dalla natura versoDio, che in essa si riflette. Nella natura è presente dunque unevoluzionismo, un'intenzionalitàfinalistica, che si specifica in organismi via via più complessi a partire però da un principio semplice e assolutamenteunitario.[28]
AncheSchopenhauer, pur senza rendersene conto,[29] utilizzò lo stesso concettoneoplatonico diAnima Mundi. Per lui infatti le singole anime degli individui sono espressione di un'unicaVolontà di vita, che opera tuttavia in maniera inconsapevole, e solo nell'uomo può diventare cosciente di sé. Mentre in apparenza l'io individuale è separato dagli altri ed è spinto perciò verso un agire egoistico, al di sotto delvelo di maya le anime sono in realtà tutte unite a formare una sola grande Anima.[30]
Ancora inBergson (filosofo del primoNovecento) il vitalismo venne contrapposto almeccanicismo. Bergson torna infatti ad affermare che la vitabiologica, come del resto lacoscienza, non è un semplice aggregato di elementi composti, riproducibile magari artificialmente. Lavita invece è una continua e incessante creazione che nasce da un principio assolutamente semplice, non rieseguibile deliberatamente, né componibile a partire da nient'altro.[31]
Sempre nelNovecento, il concetto di "Anima del mondo" è rintracciabile neldannunzianesimo, dove prevale l'anelito all'unionepanica con l'universo tramite la ricercaestetica e sensuale delbello.[32]William Butler Yeats ne parla nelle sueAutobiografie come "visione", ossia una «memoria indipendente dalle memorie incarnate negli individui». Riemerse ancora inCarl Gustav Jung, nella nozione diinconscio collettivo.[33] In seguito, lo si ritrova sotto certi aspetti nel fenomeno dellanew Age.[34]
Nellatradizione ebraica, soprattutto nellaQabbalah, dove sono molte le concezioni affini a quelle filosofiche, ancheChaim Luzzatto si riferisce all'Anima Mundi nel suo testoDerech haShem illustrando la teoria del complesso di perfezionamento a cui le anime giungono dopo la morte, ormai slegate dal corpo: in questa condizione l'anima aderisce con maggior perfezione aDio, giungendo senza i limiti della corporeità e della materialità alla spiritualità più pura, semplice e vera.
Chaim Luzzatto allude con ciò alGan Eden, detto ancheMondo futuro, corrispettivomessianico dell'Anima Mundi, o più in generale all'Aldilá. Precisando comunque che l'uomo deve perfezionarsi già in questo mondo, seppur in vista di quello spirituale da venire, egli accenna alla concezione profetica della resurrezione dei morti nell'era messianica quando anima e corpo vivranno tale perfezionamento in modo chiaro e spontaneo; ciò varrà soprattutto per gliZaddiqim.
Parallelamente alle forme con cui si è presentato inOccidente, il concetto di anima del mondo si è sviluppato in maniera simile anche inOriente, presso lereligioni asiatiche come l'induismo, ilbuddhismo e iltaoismo, dove analogamente prevale l'idea che l'universo sia animato da una forza compatta e unitaria: per l'induismo e le scuole ortodosse dellafilosofia indiana esso è l'Ātman, principio delSé individuale e interiore, unito indissolubilmente aBrahman,[35] principio del mondo esteriore.[36] InCina è ilTao, attività unificatrice del dualismo cosmicoyin e yang nel quale essa stessa si polarizza, articolandosi secondo una visione armonica e organica dell'universo.[37]
Secondo il buddismo, in particolare, l'ego che separa le anime individuali (Atman) è in realtà illusorio, perché al fondo esse sono una realtà sola; da qui la raccomandazione di esercitare lacompassione, tramite cui è possibile riconoscere se stessi negli altri. Non si parla propriamente di un ricongiungimento con l'Anima cosmica (ishvara),[38] bensì di un annullamento nelnirvana accostabile all'estasi.[39]
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