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Garibaldi è convinto (non per motivi religiosi essendo un massone o quasi), di aver infranto comunque un tabù nel rubare la donna d'altri (forse una remora sociale dell'800 o la sua stessa fede politica... o comunque la fede della madre -cattolica- a cui è molto legato). E per analogia (contrappasso) come lei ha lasciato il marito (morente) così è costretto Garibaldi a lasciarla nelle paludi ravennati per espiare !!!. | |

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| | “Mais fogo, mais fogo!” 
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Ma a Laguna come vi era arrivato Garibaldi?. Nel prosieguo della guerra che interessava il Brasile Meridionale in una fase favorevole si decise, fra i ribelli del Rio Grande do Sul, di allargare la guerra alla vicina provincia (Santa Catarina 60.000 abitanti su una superficie all’incirca come quella della Sicilia) che già da marzo del 1839 (Lajes) s'era ribellata al governo centrale dell’Imperatore. Santa Catarina aveva un buon porto sul mare, Laguna appunto, che faceva comodo ai Riograndesi. Il comando della spedizione veniva affidato al Col. David Canabarro e quello di mare a Garibaldi. Dalla Laguna di Porto Alegre, la Lagoa dos Patos, comunque non era possibile uscire per la vigilanza dei natanti di Rio de Janeiro sulle bocche (Rio Grande)."Se non dalla porta, usciremo dalla finestra", pensò Garibaldi al quale il vocabolo "impossibile" parve sempre un non senso. | |
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Era la stagione delle piogge con i fiumi in piena e l’idea geniale fu di andare verso l’interno con due lancioni della marina Farroupilhana, il Pardo e il Seival, su per il fiume Capivari, portarli quindi via terra fino al fiume Tramandai che sfociava nell’Atlantico. Vengono trovati 200 buoi, cosa non difficile allora, e molto personale civile. Il 5 luglio le barche alleggerite vengono fatte adagiare su due enormi carri tratti poi fuori dalle acque. Attraverso campi arati navigano per 54 miglia "... dando un insolito spettacolo in quelle contrade." Il viaggio pur fra mille difficoltà ha fine il 14 quando le barche entrano in Atlantico grazie all'alta mare. Là nel mondo australe però è inverno e il mare è mosso. A causa del mare in tempesta e dell'eccessivo carico il Pardo, governato da Garibaldi, si rovesciò. Annegarono 16 dei 30 componenti dell'equipaggio, tra cui gli amici Mutru e Carniglia; il nizzardo fu l'unico italiano superstite. Garibaldi passò allora sulla Seival ma contro aveva ora 4 lancioni imperiali e un brigantino. Con uno stratagemma si fece inseguire in un canale dove nel fitto della boscaglia aveva nascosto i suoi uomini che catturarono due imbarcazioni. Vista la mala parata il resto posticcio della flottiglia imperiale se la diede a gambe levate sapendo che anche sul fronte di terra i ribelli avevano trovato la strada libera. Il 25 luglio 1839, le truppe imperiali si ritirarono e l'esercito riograndese entrò trionfale nella città e si instaurò la Republica Juiliana (da Luglio). Il governo di Rio de Janeiro prese allora misure energiche, inviando 12 navi e 3 lancioni al comando del maresciallo Francisco Josè Souza Suares de Andrea. La strategia imperiale era quella di porre il blocco a Laguna e di eliminare una volta per tutte quello che era sembrato un semplice disordine locale. Il generale Texeira che comandava l'avanguardia repubblicana aveva si ricacciato a terra il nemico fino a Porto Alegre ma si insignoreggiava nei paesetti: la fortuna che sorrideva ai repubblicani sarebbe stata cosa breve; Il 15 novembre si presentarono davanti a Laguna 16 navi !! con 33 cannoni e l'esercito brasiliano riconquistò senza sforzo la città. I repubblicani (circa 500) si diedero alla fuga sugli altipiani dove si svolsero altre battaglie con fortune alterne nella selva. Ma veniamo all’incontro e agli sviluppi della storia d'amore di Josè. La vita da nomade lo ha portato molte volte a contatto con signore come di giovinette tanto che smessi gli abiti del guerrigliero gli si attribuisce un’aria da viveur e tombeur de femmes. Da bordo del lancione Garibaldi gira il cannocchiale fra le case e la vede. Sceso a terra qualcuno gli offre un caffè e a servirlo è proprio lei quella che aveva visto, la donna della sua vita. Questa la versione ufficiale: qualcuno dice che la sua casa non era visibile dal porto. Ana Maria Ribeiro da Silva de Jesus detta Aninia (pronuncia) appartiene a una famiglia di modesta estrazione sociale, discendente da portoghesi immigrati dalle Azzorre nel primo '700, come gran parte dei classificati brasiliani nativi (non indios). Il padre, Bento Ribeiro da Silva, ha lavorato come allevatore di bestiame nell'interno, presso Lajes, poi si è trasferito sul mare con la moglie, Maria Antonia de Jesùs Antunes. I primi tre figli sono nati a Coxillas, Aninia e due fratelli nascono a Morrinhos. Morti il padre e tre maschi, la madre, con tre femmine, si trasferisce a Carniza. A 14 o 15 anni, il 30 agosto del 1835, Aninia sposa a Laguna Manuel Duarte (data certa). | | 


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“Uma dessas jovens, Manoela, era a senhora absoluta do meu coração: sem esperança de poder possuí-la, ainda assim não poderia deixar de a amar. Era desposada (promessa sposa) de um dos filhos de Bento Gonçalves (Joaquim)”.um aventureiro, um homem indigno de desposar uma sinhazinha de família tradicional como Manoela.
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Anita sarà poi protagonista di alcuni fatti specifici che contribuiranno a farne una eroina in un certo senso ancor più famosa del nizzardo. Nella battaglia di “Forquilhas”(Curitibanos) del 12 gennaio 1840 Anita viene fatta prigioniera da Melo Albuquerque. Alla notizia che fra i morti c'è Giuseppe Garibaldi ottiene da questo comandante il permesso caritatevole di cercare fra i caduti ancora in loco (Garibaldi era solo ferito). Anita non lo trova e approfittando della distrazione delle guardie, afferra un cavallo e fugge. Si ricongiunge con lui a Vacaria (Rio Grande). Il 16 settembre 1840 nasce il loro primo figlio al quale danno il nome di Menotti, in onore del patriota modenese Ciro Menotti. Manca però di tutto. Fa ancora freddo e Garibaldi uscito per procurarsi qualcosa da vestirlo lascia la moglie che viene assalita nella sua casa. Come era solita fare, dopo la morte dei pochi fedelissimi, improvvisa una fuga attraverso la finestra col bambino in braccio che soffre già per una caduta durante la gravidanza. Salta su un cavallo e si nasconde in una foresta dove alla fine Garibaldi la ritrova. Sono gli ultimi mesi che Garibaldi passa in Rio Grande do Sul in condizioni penosissime per una causa che ben presto è lui stesso a voler dimenticare. Una vicenda tutta in chiaroscuro. Chiede di essere lasciato libero e per ricompensa a S. Gabriel gli viene data una mandria di 900 capi con la quale si incammina verso Montevideo, porto per la macellazione e l’esportazione di carne salata. Seicento chilometri con mandriani infidi e la natura selvaggia che non si prestava come nel west ai lunghi spostamenti. Metà dei capi muoiono nell'attraversare il Rio Negro. Cinquanta giorni impiegarono sfamandosi con le bestie e altre ne morirono. Alla fine coi capi rimasti pagò i mandriani e a lui restarono le pelli. Era il Giugno del 1841 e a Montevideo era inverno. | |

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Non starò qui a raccontare altre vicende dell'Uruguay (in parte già citate nell'altro capitolo) ma solo alcune legate alla sua famiglia nel lasso di tempo che la capitale risultava in guerra con l'Argentina di Rosas. A Montevideo, Anita e Josè, regolarizzano la loro posizione, si sposano nella chiesa di San Francesco d’Assisi il 26 marzo 1842 (forse alla notizia della morte di Duarte). Avevano intanto affittato una modesta casetta: una cucina dal soffitto basso e annerito dal fumo, due camerette, un terrazzino da cui si vedeva il porto, e un cortile con un pozzo. Era tutto ciò che Anita desiderava (e che potevano permettersi), indifferente agli agi e alle ricchezze, rotta a tutte le difficoltà della vita, ma felice di un’esistenza che le permette di ritrovare ogni giorno l’uomo a cui ha dedicato la vita.Garibaldi sbarca il lunario con tanti mestieri, per cui non è portato, poi finisce come precettore di matematica, storia e geografia nel collegio diretto da. Nasce Rosita nel 1943 poi Teresita (1845) e infine Ricciotti 1847 ma la miseria è nera: non ci sono sedie sufficienti e mancano perfino le candele.. Nel 1843 il sig. Francesco Agell, uno tra i più rispettabili negozianti di Montevideo, indirizzatosi al Ministero della guerra, facevagli sapere che nella casa di Garibaldi, del capo della Legione Italiana (formazione militare provvisoria che concorreva alla difesa della città), del capo della flotta nazionale, dell’uomo infine che ogni giorno dava la sua vita per Montevideo, non s’accendeva di notte il lume perché nella razione del soldato – unica cosa sulla quale Garibaldi contasse per vivere – non erano comprese le candele !!!. Il ministro mandò per mezzo del suo aiutante di campo G. M. Torres, 100 patacconi (500 lire) a Garibaldi, il quale ritenendo per sè la metà di questa somma, restituì l'altra, affinché fosse recata alla casa d'una vedova, che secondo lui, ne aveva maggiore bisogno. | | y Dona Feliciana Garcia Villagran : lo que por verdad firmo yo el Cura Rector - Lorenzo A. Fernandez. |
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250 lire ecco l'unica somma che Garibaldi ebbe dalla Repubblica !!. Egli non fu mai diversamente calzato dei soldati, sovente i di lui amici dovettero ricorrere a dei sotterfugi per fargli cambiare gli abiti già logori. Egli aveva amici tutti gli abitanti di Montevideo, giammai vi fu uomo più di lui universalmente amato, ed era questo ben naturale, Garibaldi sempre il primo al combattimento, lo era egualmente a raddolcire i mali della guerra. Quando recavasi negli uffici del governo era per domandare la grazia d'un cospiratore, o per chiedere soccorsi in favore di qualche infelice; ed è all'intervento di Garibaldi che il sig. Michele Haedo condannato dalle leggi della Repubblica, dovette la vita. L’Uruguay, quando arrivò Garibaldi era già da anni terra di migrazione: Baschi, Spagnoli, Portoghesi, Francesi e Italiani. Montevideo che, dopo anni di guerre si preparava ad affrontare un assedio, contava 31.000 abitanti nell’ordine: Bianchi di vecchia immigrazione o Uruguayani, 6324, francesi, 4205 italiani, 3406 spagnoli, 2553 argentini, 659 portoghesi, 609 inglesi e 492 brasiliani e molti africani | | 
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Sia gli Italiani (Genova) che gli argentini erano esuli. Montevideo viveva della lavorazione delle carni, salate perché non esisteva ancora il frigorifero, delle pelli e della lana. Si importava tutto e il naviglio batteva in prevalenza bandiera francese. La politica fra i Liberali (colorados) di Rivera e i Blancos (conservatori dell’interno) di Oribe aveva spaccato il paese. Oribe vantava anche una amicizia personale col dittatore argentino Rosas. Il 6 dicembre 1842 ad Arroyo Grande i due contendenti si affrontarono ad armi pari. Oribe risultò vincitore e tutte le terre occidentali fino a Corrientes passarono sotto il controllo di Rosas avversato dai francesi. Oribe viveva ormai da anni sotto l’ala protettrice di Rosas. Prendere Montevideo con la forza era come voler dichiarare guerra a mezza Europa. Gli stessi inglesi che vantavano uno di “loro” irlandese al comando della flotta navale argentina li dissuasero. Si arruolarono i Francesi (3.000) ma anche gli argentini che rischiavano di loro e gli Italiani, che costituirono una legione al comando di Garibaldi inalberante uno stendardo nero con al centro un Vesuvio. Fantasia illimitata, senza freni come la disciplina. Premio d’arruolamento 25.000 capi di bestiame e un “pezzo” di terra di 40x40 km., condizioni che stavano entrambe nel mondo dei sogni, un superenalotto d'epoca. Aveva così inizio il lungo assedio (7 anni). L’assedio di Montevideo anche se mitigato da traffici clandestini di contrabbando e pirateschi ha il suo strascico di epidemie e di morti. Gli assediati avevano patito la fame, la sete, la carestia, erano stati colpiti da malattie infettive e soprattutto i più deboli, gli anziani e i bambini erano morti. Tra questi, anche la a piccola Rosita morta a poco più di due anni d’età di scarlattina. Anita era impazzita di dolore, aveva delirato per giorni e giorni, fino al punto in cui Josè aveva dovuto portarla con sé, in guerra, per starle vicino in qualche modo. Partecipa alla famosa battaglia di San Antonio del Salto dove Garibaldi, con soli 190 uomini, sconfigge 1.500 avversari del generale Oribe. Ma è l’ultima volta. Garibaldi spinto dalle notizie incoraggianti che arrivano dalla penisola (e dall’Europa in fiamme) decide di tornare in Patria. Anita si imbarca qualche mese prima di lui, il 27 dicembre 1847, insieme ai figli Menotti, Teresita e Ricciotti, accompagnata da un giovane ufficiale della Legione, Medici, e sbarca a Genova. | | 
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frutto di un incontro d'amore a metà strada ??!! | | 
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Poi raggiunge Nizza, e va a vivere con la madre di Garibaldi, con cui non avrà un buon rapporto. Donna Rosa è una fervente cattolica praticante, la guarda con sospetto, perché sa del precedente matrimonio della “brasiliana”, e non è del tutto convinta che lei sia vedova. Anita per diversi mesi convive malissimo con quella suocera diffidente e ostile e se non fosse per i bambini se ne tornerebbe in Brasile. Ma aspetta con ansia il suo Josè, che è partito in aprile del '48 con la nave “Speranza” insieme a 61 legionari italiani. Garibaldi approda a Nizza il 21 giugno 1848. Il ritorno e la guerra | |
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da difendere dagli invasori. L’efficace conio di Alexandre Dumas lega per la prima volta la figura del nizzardo a quella del pubblicista e scrittore francese che sarà il più prestigioso tra i biografi di Garibaldi e coronerà una lunga amicizia. Montevideo ou une Nouvelle Troie est une œuvre de circonstance, un pamphlet d'une brûlante actualité qui succède à de longs débats à la Chambre des députés sur la «question de la Plata», inscrite et réinscrite à l'ordre du jour, débats toujours suivis dans la presse par d'ardentes polémiques sur la position que la France devait adopter à propos de Montevideo, terre «quasiment française» assiégée depuis 1843 par des troupes placées sous les ordres du dictateur argentin Juan Manuel de Posas. Inspiré par le général Pacheco y Obes, venu à Paris défendre la cause de son pays, Dumas, prompt aux coups d'éclat, fasciné par l'action, s'engage résolument à ses côtés, soutenant de sa plume les nobles combats des Montevidéens. Alexandre Dumas - | |
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